the Departed

Cinema come delirio organizzato
di Giulio Frafuso

 
  Id., Usa, 2006.
di Martin Scorsese, con Leonardo DiCaprio, Matt Damon, Jack Nicholson, Mark Wahlberg, Vera Farmiga, Martin Sheen


Adesso che finalmente uno dei più importanti cineasti contemporanei è tornato ai livelli che gli competono, si può finalmente scorgere con maggiore precisione quanto i suoi ultimi due lavori fossero decisamente al di sotto dei suoi standard abituali. Di fronte ad un’opera come the Departed che sembra forgiata nel fuoco, chi avrà il coraggio di rivolgersi nuovamente alla confusione forzata di Gangs of New York o alla melensaggine di the Aviator?
Comunque, poco importa. Il fattore che entusiasma veramente è che Martin Scorsese ci ha regalato ancora una gemma tanto più preziosa perché grezza. Quello che sorprende davvero e quasi intimorisce in questo film è la forza sprigionata da due elementi che tra loro collidono, si scontrano, insomma generano energia.
In the Departed forma e contenuto non sono per nulla omogenei, tutt’altro. Eppure incastrati insieme quasi contro la loro stessa endemica generano uno spettacolo in grado di infuocare il pubblico.
Partiamo dalla forma: tornando verso storie e toni a lui più congeniali, Scorsese ritrova la sua straordinaria capacità di sintesi ed insieme di stilizzazione visiva. La regia non eccede mai in inutili lungaggini autoriali, ma predilige l’eleganza tagliente di inquadrature fisse, precise quanto eleganti. Tale opzione è perfettamente calibrata già di per se stessa, ma acquista ulteriore significato quando viene cesellata dallo straordinario montaggio di Thelma Schoonmaker, adrenalinico e sapiente nell’assecondare il ritmo interno della narrazione. Alla fine, potremmo addirittura parlare di sobrietà per quanto riguarda l’idea di cinema che Scorsese ha sviluppato per questo film: rispetto ad un possibile ed immotivato istrionismo infatti il cineasta ha preferito non caricare eccessivamente l’estetica dell’operazione con un surplus di grammatica cinematografica - in questo viene anche splendidamente assecondato dalla fotografia di Michael Ballhaus.
Dove the Departed è un film che esplode e straripa di senso è nel contenuto: la storia, mirabilmente calibrata sull’originale Infernal Affairs grazie alla sceneggiatura ad orologeria di William Monahan, è un susseguirsi di tensione narrativa, in cui personaggi “impazziti” si muovono attraverso situazioni ed avvenimenti apparentemente incontrollabili. Ogni elemento su cui si catalizza l’azione si trasforma in un vortice centripeto; ogni decisione genera una reazione opposta e contraria. Impossibile riprendere fiato, distrarsi. the Departed sembra muoversi come una cellula impazzita e vitale a cui è stato applicato un principio di controllo, che agisce come propulsore atto ad incanalarne la potenza sprigionata. La regia di Scorsese, appunto.
In questo senso si dirigono anche le splendide interpretazioni di tutti attori: se i sorprendenti Di Caprio e Wahlberg, insieme ad un immenso Nicholson, recitano sui binari consolidati di un istrionismo rabbioso al limite dell’isterico, lavoro di sottrazione invece è il filo conduttore della prova di un funzionale Matt Damon e di un’intensa Vera Farmiga.
Avere a disposizione materiale cinematografico potenzialmente esplosivo, difficilissimo da equilibrare in funzione propulsiva; evitare che tale enormità sia portatrice di caos. Riuscire a controllare il tutto tramite una forma che esprima energia, ma che non arrivi all’iperbole. Questo il compito pienamente riuscito per uno Scorsese ritrovato.
Sia ben chiaro però: guai a paragonare the Departed ai grandi capolavori del passato, come ad esempio Quei Bravi Ragazzi, tanto per muoverci sulle stesse tematiche. Qui ci troviamo di fronte ad un ammirevole esercizio di stile, capace di farci innamorare ancora una volta di un maestro. Ma rispetto all’iperrealismo sanguigno dei tempi andati, siamo lontani anni luce…