intervista a Val Kilmer

L’insegna di Hollywood da vicino
a cura della Redazione

 
 
18 febbraio 2004. In occasione dell’uscita italiana di Wonderland, il film di James Cox sull'efferato omicidio dei primi ‘80 che coinvolse il “re del porno” John Holmes, il protagonista Val Kilmer ha risposto alle domande dei giornalisti al cinema Eden di Roma.

Come ha affrontato il ruolo di un personaggio del calibro di John Holmes?
Inizialmente non avevo alcuna voglia di fare questo film. Per sei mesi ho detto di no al regista James Cox: volevo fare una commedia, qualcosa di leggero... Ma la produzione ha insistito: Cox inizialmente mi ha chiesto di interpretare Eddie Nash, il personaggio di Eric Bogosian, una parte breve per la quale potevo trovare tempo fra i progetti in cui mi stavo impegnando. Ma era una scusa: il regista è tornato alla carica col ruolo di Holmes, e alla fine ho accettato.

Cosa l’ha convinto ad accettare?
John Holmes era totalmente diverso da come ce lo si immagina. Studiando il personaggio con Lisa Kudrow (nel film l’ex moglie Sharon) e Kate Bosworth (la giovane compagna Dawn) e conoscendo i protagonisti reali della storia, abbiamo scoperto un uomo romantico e piacevole, che amava divertirsi. Che poi, però, si è trovato incastrato ed oppresso da un ambiente, quello della pornografia, a cui non apparteneva. Questo mi ha affascinato profondamente.

Il “lato oscuro” di Holmes.
In tutti i tossicodipendenti, come era ormai Holmes all’epoca dei fatti narrati, c’è una profonda disperazione, un dolore a cui si tenta di sfuggire attraverso le droghe. Per Holmes era, paradossalmente, il fatto che per vivere era obbligato a simulare il piacere costantemente. Quande avviene il massacro di Wonderland Avenue, sono due anni che Holmes non gira film, e la sua dipendenza l’ha portato oltre la disperazione: è arrivato alla follia. Questo squilibrio, unito al disperato proposito di salvarsi togliendo se stesso e Dawn dal girone infernale in cui erano finiti, gli fa maturare il piano folle di mandare degi spacciatori tossici contro uno dei gangster più potenti di Los Angeles per rubare ad entrambi. E la cosa incredibile è che il piano riesce, al prezzo di una terrificante carneficina la cui responsabilità Holmes porterà con se per sempre, pur volendo rimuoverla.

Che rapporti ha avuto con le vere Dawn e Sharon?
Di grande stima e collaborazione. Hanno rievocato con incredibile precisione i particolari della storia; Dawn, di cui sono rimasto molto amico, ha una portentosa memoria fotografica. Entrambe hanno dato amore e Hollywood le ha ricambiate col sangue: hanno passato un periodo nerissimo con Holmes, ma ne sono ucite rimanendo molto generose, positive ed affezionate l’una all’altra. Durante le riprese cercavamo sempre la loro approvazione riguardo particolari della storia.

Qual’è, secondo lei, l’originilatà dell’approccio del film a questo periodo della vita di Holmes?
Paul Thomas Anderson, un regista di grande talento, ha realizzato con Boogie Nights una bella favola ispirata alla carriera di John Holmes. L’approccio di Cox è completamente differente. Era rimasto affascinato da un videotape girato dalla polizia sul luogo del delitto: delle sconvolgenti riprese amatoriali lunghissime e lente, che indugiavano sui muri della casa di Wonderland Avenue completamente imbrattati di sangue. Sono le prime immagini video mai utilizzate durante un processo. Nella scena in cui Holmes e gli scagnozi di Eddie Nash massacrano gli abitanti di Wonderland Avenue, Cox era dietro di me, e urlava insieme agli attori. Nel film è rimasta visibile la sua ombra in quella scena, e persino le sue grida in colonna sonora, che Cox non ha voluto togliere. Non oso pensare quali corde l’esperienza abbia toccato in lui! Comunque, è proprio questa attenzione estrema e immedesimazione dei realizzatori nella vicenda che fa di Wonderland un film particolare. Cox e il suo co-sceneggiatore hanno analizzato dettagliatamente i fatti, studiando la vicenda a fondo. Hanno conquistato la fiducia di Sharon Holmes al punto di arrivare a chiederle se sapesse cosa era avvenuto nella notte dell’omicidio. E lei gli ha risposto che si, lo sapeva, che John era venuto da lei la mattina dopo, tutto coperto di sangue non suo. E la polizia non le aveva mai rivolto questa domanda! Una vera e propria rivelazione che ha gettato nuova luce su un omicidio di cui alcune modalità sono tuttora irrisolte.

In Wonderland appare in tutta la sua violenza il volto soridido di Hollywood.
Hollywood non esiste come luogo reale. E’ una facciata, un’affascinante fantasia glamour nell’immaginario collettivo, che non rappresenta per niente ciò che gli USA sono realmente. E’ una finzione, esattamente come l’omonima scritta sulla collina: quando è bel tempo (cioè una volta ogni quattro anni) la si può vedere svettare magnificamente dalla spiaggia. Ma da vicino ci si accorge di quanto sia maltenuta. Wonderland è la storia di un folle inganno, di una incredibile rapina e di una violentissima vendetta, ma soprattutto una storia d’amore e di come questa si scontri con gli eccessi della vita reale.

Sente una responsabilità particolare nel portare sullo schermo un personaggio realmente vissuto?
Il mio primo lavoro professionale è stato un testo teatrale basato su “How it all began”, la biografia di Michael Brumann, uno dei più ricercati criminali della Germania dell’ovest, che all’epoca era ancora vivo. Certo è una grande responsabilità: è necessario trattare sempre la vita delle persone col massimo rispetto e veridicità.

Elvis, Jim Morrison, John Holmes: lei sembra amare ruoli particolarmente eccessivi.
Il pubblico ricorda soprtattutto le mie interpretazioni di personaggi estremi, ma ho fatto parti di ogni tipo. Mi ritengo molto fortunato nel poter lavorare sia in grandi produzioni hollywoodiane, sia in piccoli ma sentiti lavori indipendenti come Wonderland, che trovo sicuramente più vicini a ciò che mi piacerebbe fare.

Cosa ci può dire a proposito di Alexander, il film di Oliver Stone che sta girando in questo momento?
Ammiro Stone per il suo coraggio: scrive le storie che non riesce a capire, e realizza il film cercando nei personaggi le risposte. Stone si riconosce molto nel rapporto tra Alessandro (Colin Farrell) e il padre Filippo (il personaggio che interpreto), e chiede al film e a noi attori di spiegargli i contrasti profondi e la natura di questa relazione.

Che rapporto ha col cinema porno?
Nessuno. Non l’ho mai fatto né penso di farlo!