Boogie nights

American Dream a luci rosse
di Luca Perotti


il cinema e il Porno
  id, Usa, 1997
di Paul Thomas Anderson, con Mark Whalberg, Julianne Moore, Heather Graham, Burt Reynolds

Dirk Diggler è il nome d’arte che lo sguattero Eddie Adams, diciassettenne superdotato, sceglie per la sua nuova identità di star pornografica. Il dono naturale lo catapulta come un divo nell’oasi dorata del mondo californiano a luci rosse, in fuga da una madre possessiva e da un padre assente.
Il simbolico battesimo della sua rinascita avviene nella piscina di Jack Horner, il regista di film pornografici che lo accoglie come un figlio acquisito nella sua comune. La famiglia vicaria ha in Jack una figura paterna premurosa, pronta a tutto per salvaguardare l’unità e l’armonia della famiglia, e in Amber – la navigata pornostar –una donna con cui soddisfare pienamente il bisogno di un legame materno, addirittura reciproco in virtù della sentenza legale che ha negato alla stessa Amber la custodia del figlio naturale.
L’aspetto familiare si estende anche a figure di contorno, a sorelle e fratelli che completano un contesto affettivo di rara coesione e che permettono a tutti i componenti la sostituzione integrale della dimensione disfunzionale di partenza con un’altra più adeguata.
Il punto in comune degli individui appartenenti a questa equipe è la loro lotta per mantenere lo status di alter-ego: Dirk non tornerà più ad essere Eddie, nemmeno quando affronterà la crisi psicofisica che costringerà Jack a licenziarlo per poi riaccoglierlo a braccia aperte come un figliol prodigo.
Eddie, quindi, riesce a sperimentare un nuovo rapporto armonico col mondo finquando la sua identità altra, quella cinematografica, viene conservata, sino a quando cioè, egli è Dirk Diggler: il superdotato, la pornostar.
Nel momento in cui questa identità viene meno, ecco che Eddie finisce in un mondo caotico, violento e frammentato. Al punto che, dopo varie vicissitudini, Eddie tornerà al cinema a luci rosse, alla ‘Horner factory’ in un simbolico viaggio di ritorno verso il grembo materno, alla disperata ricerca della sicurezza e della stabilità perdute.
Il sistema esterno al microcosmo pornografico, infatti, continua a mantenere le sue severe regole di esclusione per i reietti, e la loro condizione ideale all’interno della bottega Horner è assolutamente improponibile nel mondo rispettabile che respira in agguato all’esterno della loro America di contrabbando, la loro America a luci rosse in cui poter vivere nell’aggregazione sostituendo i rapporti interpersonali – soprattutto quelli genitori/figli - insoddisfacenti, con dei legami provvidenziali e sani.
Prima di essere scoperto da Jack, Dirk arrotondava la paga prostituendosi con i clienti del locale, ed è a quello stile di vita che inevitabilmente torna quando viene cacciato temporaneamente da Jack, prima del pentimento e del ritorno nel grembo.
L’attrito con un mondo esterno impermeabile si estende anche agli altri membri della famiglia: è proprio la professione ripugnante ed immorale a negare ad Amber la custodia del figlio. E un destino analogo compete agli altri due attori della casa-famiglia Horner: Rollergirl - che scappa dalla classe in cui sta conseguendo il diploma- e Buck, a cui la banca rifiuta il prestito necessario per aprire un’attività commerciale. Ogni tentativo tardivo di reintegrazione nella società da parte degli emarginati ha un esito fallimentare.
La loro ricostruzione di un’identità parallela nel mondo clandestino e non omologato della produzione a luci rosse, malgrado la perfetta armonia interna, diventa perciò, allo stesso tempo, una fonte inesauribile di pregiudizio all’esterno: l’unica salvezza possibile continua ad essere la stabilità offerta dal surrogato di un microcosmo famigliare acquisito e dal prezioso possesso di un alter ego.
Per loro la pornografia è l’unica chiave ‘sporca’ per ottenere la versione del sogno americano sia in termini di armonia degli affetti famigliari, sia in quelli di popolarità, di ricchezza e di espressione del proprio talento.
Questo fulcro tematico di Boogie Nights si allaccia allo spartiacque narrativo del film: il trapasso dagli anni Settanta agli anni Ottanta: è uno spartiacque che diventa emblematico dell’evoluzione barbarica che la società americana vive sulla falsariga del cambiamento epocale avvenuto nel mondo della pornografia, ovvero la sostituzione dei film in pellicola con il più corrivo ma conveniente uso del supporto video.
Il mondo del cinema a luci rosse diventa dunque la metafora ideale che rispecchia la trasformazione di una società permeata dall’intolleranza, dalla violenza e da una considerazione del sesso associata al sopruso e alla frustrazione al posto di una visione solare e generosa dello stesso. Nel nuovo decennio reaganiano, l’appartenenza a un universo armonico e autoregolamentato, fautore di una riabilitazione disinibita e ‘pura’ dei figli perduti, diventa definitivamente motivo di isolamento e di vergogna. La ghettizzazione sociale fa eco a quella artistica di Jack Horner, convinto assertore del cinema in pellicola che sarà soppiantato dal formato video.
Anderson sottolinea tale mutamento in maniera brutale: durante il party di capodanno del 1980 il passaggio di consegne tra decadi viene sancito dal gesto simbolico e premonitore dell’omicidio della moglie adultera e del suicidio del marito tradito. Il monito è lampante: La violenza sta per avere il sopravvento ed incrina anche la coesione di un universo fin lì inviolabile.
La nostalgia di Anderson per l’epoca porno come modello di aggregazione e familiarità si sostanzia anche nello sguardo affettuoso con cui riesce a riproporre il soffio vitale di una decade, a riaccendere l’immaginario attraverso un caleidoscopio di icone, a mitizzare un decennio speciale per l’hardcore, segnato da una amoralità kitsch; a ricordare l’atmosfera comunitaria da rito collettivo che si sarebbe successivamente svilita nel consumo solitario e frustrante del prodotto home video.
E’ evidente la spaccatura tra i night club pulsanti di vita e l’edonismo lugubre e nevrotico che azzanna i protagonisti negli anni Ottanta. Ne è vitttima simbolica lo stesso Dirk che, non più in grado di fornire prestazioni sessuali accettabili, viene surclassato da una nuova stella che possa garantire il funzionamento di un modello che da familiare si è ormai trasformato in economico.
Ma lo scetticismo più malinconico appartiene a Jack Horner, l’apostolo divulgatore della dimensione autoriale del cinema porno, restìo alla nuova era che porterà con sé i germi di una diaspora affettiva ineluttabile.
Anche le sue intenzioni paterne che avevano tolto Dirk dalla strada e dall’anonimato sono sopraffatte dal clima di puritanesimo e inflessibilità moralistica degli anni ottanta: il divismo del cinema hardcore nel decennio in questione è ormai sinonimo di condanna e di immersione nel degrado e nella criminalità.
È significativo, sotto questo aspetto, che sarà Buck l’unico a soddisfare il suo sogno di aprire un negozio di dischi, ma per riuscirci dovrà trovarsi casualmente invischiato in un evento criminale che lo farà entrare in possesso del denaro negatogli dal perbenismo capitalista.
Paradossalmente, alla luce di tali eventi, il mondo accogliente del porno, durante il periodo dorato dell’ascesa a divo di Dirk e fino al 1980, si presenta come un’età dell’innocenza, della positività e dell’igiene affettiva, pur nella protezione offerta dai confini di un nucleo familiare acquisito. Una famiglia che vive grazie alla messa in scena esplicita del rito sessuale ma che si propone come emblema della castità e di una purezza sui generis: il sesso infatti occupa, all’interno del focolare domestico di Horner una posizione secondaria rispetto all’importanza dei rapporti interpersonali e alla definizione dei ruoli.
E Boogie Nights va visto anche come un omaggio al sesso, spesso stucchevolmente bollato dalla cultura puritana e dal suo alter-ego progressista, il politicamente corretto. Anderson offre una celebrazione nostalgica del sesso, che qui si svincola dai territori del rimosso e del proibito prima di esserne intrappolato in un decennio, gli anni Ottanta, in cui l’avvento dell’Aids sarà lo spettro decisivo per una sua ostile e penosa rivalutazione.
È sufficiente assistere agli scenari dipinti dalle opere di Todd Solondz, e di Neil Labute per capire come al sesso vissuto con un senso di giocosa e sana liberazione si sostituisca la pesantezza di un impulso frustrante e occulto che rispecchia un malessere diffuso.
La gestione salutare del desiderio sessuale esibito senza sensi di colpa si deprime nella retrocessione del sesso a componente isolata e sconnessa all’interno di una struttura comunicazionale lacunosa e disomogenea.
La globale disfunzionalità dell’umanità disadattata di Happiness, per esempio, produce personaggi come il pedofilo Dottor Bill Maplewood che Solondz si astiene dal condannare senza appello: si tratterebbe di una punizione ipocrita per un comportamento ovviamente colpevole ma chiaramente mutuato da una degenerazione complessiva.
In Boogie Nights, al contrario, la figura del Colonnello, il produttore incarcerato per aver abusato di una minorenne, si carica di un misero squallore. È la commiserazione che consacra l’accusa e l’esclusione dal gruppo riservata a chi ha alterato con la sua depravazione l’equilibrio di un quadro sufficientemente armonioso.
Purtroppo, l’epilogo di Boogie Nights assume la connotazione amara di una sconfitta inevitabile. Il ritorno del figliol prodigo Dirk dopo la sua forzata peregrinazione in un mondo che continua a rifiutarlo è solamente la simulazione di un lieto fine. La compattezza dell’entourage si è incrinata irrimediabilmente, l’innocenza è stata perduta: Eddie rimira il suo alter ego allo specchio (un’azione ricorrente in tutto il film) e mostra il suo prezioso strumento di lavoro quale sola testimonianza dell’unicità del suo essere e della concretezza della sua esistenza. La parabola della star a luci rosse conferma la sconfitta dei figli, confinati in una riserva dove solo temporaneamente possono soddisfare il loro bisogno di integrazione e di indipendenza.
Anche la figura paterna alternativa subisce l’amarezza di un’ambizione soffocata, di una filosofia di vita e di un sogno irraggiungibili. Il porno per lui non era semplicemente fonte di ricchezza ma anche strumento di libertà per il quale continuare a coltivare il miraggio di un film pornografico ‘d’autore’ come prodotto di un cinema indipendente fieramente refrattario alle oppressive regole del mercato.
Forse per lo stesso Anderson gli anni Ottanta decretano la fine di un certo modo di fare cinema: la trasgressione e la libertà cedono il passo alle esigenze del mercato. L’ostilità e il potere del mondo esterno alla collettività ideale della ‘famiglia Horner’ si confermano vincenti nella loro autoritaria prescrizione delle regole. E a ben guardare il paradosso maggiore sta nel fatto che i ‘figli’ di Boogie Nights sono principalmente dei bambini danneggiati che, malgrado la fuga, vivono e lavorano per produrre, nel riserbo dell’ipocrisia puritana, un intrattenimento adulto che soddisfi i bisogni degli stessi ‘padri’ responsabili della loro sofferenza.