Cinema, film, recensioni, critica. Offscreen.it


Ratatouille
id.,Usa, 2007
di Brad Bird e Jan Pinkava, animazione

Sentirete gli odori dallo schermo
recensione di Stefania Leo



Dopo il passaggio a vuoto di Cars, Ratatouille, l’ultimo lungometraggio della Pixar, doveva affrontare un notevole monte di aspettative da parte di un pubblico sempre più affamato di film d’animazione, come testimonia il lungometraggio della famiglia più amata d’America, I Simpson. Bene: Ratatouille le affronta e le soddisfa, decisamente.
Affidato a Brad Bird, la brillante mente che ha animato il successo de Gli Incredibili, Ratatouille seduce, ammalia, convince con garbo e risate discrete.

Si è avvolti visivamente e sin da subito da un’incredibile quantità di odori e sapori. Siamo nel mondo della gastronomia, un mondo dove il celebre cuoco francese Gusteau insegna che tutti possono cucinare. Remy sogna ad occhi aperti che gli occhi persi nel faccione smarmellato del defunto Gusteau guardino anche a lui, un piccolo topo dotato di un senso del gusto fuori dal comune, rispetto agli standard della colonia per cui Remy svolge un essenziale ma insoddisfacente servizio: lo scova-veleno.
Scoperti dalla vecchia proprietaria della casa infestata, la colonia scappa via, ma la strada di Remy è diversa. Perde il gruppo e si ritrova improvvisamente a Parigi, vicino, vicinissimo alle cucine di Gusteau.
In quel momento un allampanato sguattero di nome Linguini si presenta al cospetto del piccolo e arcigno Skinner, capo cuoco del Réstaurant Gusteau che ne accetta la presenza solo perché figlio di una delle aiutanti più affezionate a Gusteau. La prima gaffe è quasi scontata: lo sguattero urta una pentola contenente della zuppa e cerca di riparare al danno mescolando delle spezie a caso.
Remy, strappandosi i bluastri peli per la rabbia, corre in soccorso dell’arte culinaria inventando di sana pianta una nuova zuppa. Catturato da Linguini (a cui viene attribuito il merito per la nuova ricetta), Remy decide di aiutarlo a diventare un grande cuoco, trasformandolo in una buffa marionetta.
Colette, unica donna in una cucina decisamente misogina, impegnata a difendere il proprio diritto ad essere lì e a essere una cuoca, insegna i basilari trucchi del mestiere a Remy-Linguini e presto il nuovo, affiatatissimo team riporta agli antichi fasti la gloria del Gusteau.
Il profumo di questo rinnovato splendore (e delle deliziose ricette di cui gli animatori non ci risparmiano nessun saporito dettaglio) arriva al celebre critico culinario Anton Ego che decide di sfidare la cucina del Gusteau, che già un tempo aveva stroncato, causando il declassamento del celebre ristorante nelle guide gastronomiche. Ma ad essere stroncato, questa volta, sarà il suo glaciale aplomb emotivo.

Ratatouille è un film d’animazione con i controfiocchi visto nel complesso ma, non appena le raffinate texture dei fondali parigini si dissolvono e le promesse visive di ghiotte ricette scompaiono dallo schermo, ci rendiamo conto di non aver davvero riso, di aver forse ceduto alla commozione per pochissimi attimi, di non avere alcun ricordo tangibile di un vero percorso eroico.
Sì, perché Remy il topo rinuncia a nascondere la sua vera natura al suo clan, ma rimane fedele alla passione che lo anima sin dall’inizio. Linguini era uno sguattero e si eleva a cameriere, ma niente di più. Colette continua ad essere ostracizzata, oltretutto da un topo che conferma lo stereotipo del maschilismo nelle cucine.
L’unico personaggio che cambia, nell’aspetto, nel comportamento, nell’espressione e nelle scelte di vita è proprio Anton Ego, cui sono dedicate poche ma decisive scene. L’assaggio della Ratatouille, il piatto povero, la madeleine di questa “Ricerca del sapore perduto”, è a mio avviso una delle scene più intense e commoventi degli ultimi cinque anni di cinema d’animazione, qualcosa che riporta alla mente l’intensità emotiva de la Sirenetta. Del resto il tandem Disney-Pixar in questo caso colpisce il bersaglio regalando un’emotività cinematografica come sempre troppo politically correct, ma senza resistere troppo a colpire gli spettatori (grandi e piccoli) col solito cazzottone da lacrimoni piazzato poco sotto la cintura.
Colpisce il fatto che Remy basi tutta la sua vita su un solo senso, quello del gusto. C’è un altro protagonista, un vero cattivo però, che fa la stessa cosa, ma col senso dell’olfatto, ossia il Grenouille di Profumo da Patrick Süskind (nella trasposizione cinematografica di Tom Tykwer). Entrambi si servono di altri corpi per esistere e palesare il proprio talento al mondo, perché entrambi troppo ripugnanti e troppo distanti da ciò che la folla è disposta ad accettare e a comprendere. Entrambi dotati di una perseveranza e di una cognizione nel proprio lavoro davvero fuori dal comune. Per fortuna, sono destinati a sorti diverse.

La maestria tecnica dei creatori di Ratatouille conquista una nuova vetta nel cinema di animazione. I cibi sembrano veri, Parigi sembra quella di film, viaggi e cartoline, vera prima donna del film. I personaggi sono disegnati in maniera semplice ma efficace, scevri dei virtuosismi che hanno penalizzato Cars. In più la penna di Bird consegna una sceneggiatura non del tutto imprevedibile. La colonna sonora condisce il tutto con una convincente armonia di ritmi decisamente swingati.

Anche questa volta la Pixar fa precedere il film da un corto, il vero marchio di fabbrica della casa, regalandoci in anticipo tutte le risate che non spenderemo dopo.
A proposito di risate: quella sera ho visto un uomo buttare un sacchetto di praline Godiva nel secchio della spazzatura. Per un momento non sapevo se ridere o piangere e poi mi sono ritrovata a sperare che un Remy passasse da quelle parti per raccogliere quelle prelibatezze che con la spazzatura c’entravano davvero poco.