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l’Assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford
The Assassination of Jesse James by the Coward Robert Ford, USA, 2007
di Andrew Dominik, con Brad Pitt, Casey Affleck, Sam Shepard, Mary-Louise Parker, Paul Schneider, Jeremy Renner, Zooey Deschanel, Sam Rockwell

Non sparate sul nuovo western
recensione di Stefania Leo



L’America, paese dalla storia relativamente recente, ha prodotto negli ultimi due secoli una parata di eroi, supereroi e icone pop che fa impallidire le storie serie e seriose dei grandi stati nazionali europei. Jesse James è uno di questi eroi. Famoso fuorilegge dai modi gentili, socievole ed efferato, morendo è diventato uno dei simboli della rivolta sociale. Le gesta della James Gang intorno al 1870 consistevano nell’assaltare dei treni di notte. Dopo l’ultima notte di polvere da sparo e sangue, nel 1871 Frank James (Sam Shepard) decide di abbandonare la vita criminale. La James Gang, compagnia di piccoli criminali mercenari e meschini, viene sciolta. Robert (Casey Affleck), il più piccolo dei cinque, cresciuto sognando il mito di Jesse James (Brad Pitt), sognando di diventare come il suo idolo, viene scelto da quest’ultimo per spostare il quartier generale della famiglia. Robert divide la vita con questo nuovo gruppo, impara i modi di Jesse e ne segue gli umori ballerini. Tuttavia frustrato nell’orgoglio e nell’ambizione dallo stesso Jesse, muterà la forza della sua ammirazione nella disperazione e follia che gli armerà la mano verso le spalle del suo idolo.

Tratto dall’omonimo racconto di Ron Hansen, l’Assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford è il secondo film di Andrew Dominik dopo Chopper, storia del famoso bandito australiano Chopper Read. Dominik continua dunque a camminare nel solco della sua passione per le vite dei criminali, portando sullo schermo un bravissimo Brad Pitt che dimostra una notevole capacità di mimesi con i personaggi che di volta in volta si trova ad impersonare. Può essere un brillante Rusty nei tre episodi iniziati con Ocean’s Eleven, può essere un difficile duro in l’Assassinio di Jesse James. Il giovane Case Affleck, anche lui vecchia conoscenza per gli amanti della trilogia Ocean’s, indossa i panni di Robert Ford facendo propria la sottile follia che anima la rabbia di questo giovane wannabe del west. Sam Shepard (premio Pulitzer per il lavoro in tre atti "Buried Child", attore ne i Giorni del cielo, il Rapporto Pelican, Hamlet, le Pagine della nostra vita) crea immediatamente un feeling con lo spettatore, incarnando con il personaggio di Frank James una metafora vivente del vecchio west che fa un passo indietro per lasciar venire il nuovo. L’onore, la freddezza, le mosse opportune: questo è Frank James che va via e lascia il posto all’instabilità, la paranoia e la rabbia del fratello Jesse. Ottima anche l’interpretazione di Paul Schneider che vedremo presto sugli schermi con Lars e una ragazza tutta sua. Nick Cave e Warren Ellis hanno curato le musiche del film con sobrietà, lasciando alla musica il compito di evidenziare le atmosfere rarefatte. Bella la resa dell’elemento popolare cantato da Nick Cave con la ballata dedicata a Jesse James e Robert Ford.
Roger Deakins, più volte candidato all’Oscar e presenza fissa nei film dei fratelli Coen, dirige magistralmente la fotografia de l’Assassinio di Jesse James, caricando di suspence l’atmosfera del film, grazie ad una luce fredda ma molto evocativa.

Jesse James è un eroe controverso: bandito e criminale per alcuni, un autentico Robin Hood per altri. Rapinava le banche e si opponeva ai proprietari delle ferrovie che sfruttavano i poveri agricoltori. Era un uomo che portava avanti una causa tragica, un duro e violento soldato Confederato che combatteva contro l’Unione che gli aveva rovinato la vita. Ma la cosa più importante è che per una popolazione formata da gente comune sempre più borghese ed inquadrata, quest’uomo rappresentava l’ultima frontiera, il simbolo della libertà e dello spirito americano. L’Assassinio di Jesse James scava nella vita privata di questo fuorilegge temuto e venerato per offrire nuove angolazioni che facciano comprendere il perché di una morte tanto infamante e controversa. Robert Ford gli spara alle spalle, da codardo, da uomo senza onore. È un personaggio che sceglie sempre la strada più facile: si avvicina ai James non perché realmente in possesso del coraggio per fare il bandito, ma perché fervente ammiratore delle gesta del fratello più narciso, ossia Jesse. Rimane nella famiglia James attingendo alla sua adorazione. Comincia a vivere i primi conflitti interiori quando viene a sapere dei vari intrighi e complotti nati in seno alla sua famiglia ai danni di Jesse. La ricompensa e la dannata voglia di gloria, l’obiettivo mai dimenticato di essere lui il vero eroe per il popolo, armano la mano di Robert con la pistola che lo stesso James gli regala. “Jesse James era più grande di quanto si possa immaginare. Uno può cercare di avvicinarsi a lui, di voler essere insieme a lui, di voler essere come lui… ma finisce sempre che qualcosa manca”. In queste parole dello stesso Robert Ford l’osservazione finale sulla mancanza ci dà la vera misura del gap fra il mito di Jesse James e l’infamia in cui precipita Robert Ford. Una distanza infinita determinata da una sottile quanto incontrollabile inquietudine.
Quest’ultima è la cifra stilistica anche dei personaggi minori. Uno per tutti, mirabile l’evoluzione del personaggio di Dick Liddil (Paul Schneider), umano nel dolore e nel piacere.

Il western è il primo vero genere cinematografico di massa. Per molto tempo esso è stato vissuto come il cinema. André Bazin nel suo studio Cos’è il cinema? cita tre stadi nell’evoluzione del western: classico (John Ford, Ombre Rosse), sur-western (abbellimento formale del classico), romanzesco (Nicholas Ray, la Vera storia di Jesse il bandito). In quest’ultima mutazione si vede confluire nella narrazione anche l’elemento riflessivo e psicologico. Il lavoro di Dominik esalta questa scelta narrativa fino alla saturazione, ricercando il vicolo cieco nei ragionamenti folli di Jesse e di Robert, nei piani dei fratelli Ford, l’ineluttabilità della morte e la consapevolezza di ciò, visibile sui volti tesi dei protagonisti. Molto spesso l’accento ai più intimi pensieri, anche attraverso l’uso di una voce narrante ben amministrata e poco esplicativa, crea dei black out cognitivi anche allo spettatore, che conserva lacune sul plot e sul normale nesso causa-effetto anche alla fine del film. Probabilmente è la stessa storia dell’assassinio ad essere piena di lacune ancora senza risposta. Nella mutazione del western verso il romanzesco abbiamo visto come l’introspezione, l’uso del flashback e l’attenzione alla resa multisensoriale della pellicola sia stata accentuata: un esempio per tutti, Dust di Milcho Manchevski, film che collega la contemporaneità agli elementi più classici del western (la sparatoria, l’amore, il denaro, la morte), creando un pastiche multilinguistico vicino alla produzione culturale postmoderna.

Le ricerche operate in fase di produzione hanno prodotto un risultato filmico di finissima fattura. Tutto è nei dettagli. Un esempio per tutti, la ricerca della pistola usata da Robert Ford. La pistola che Robert Ford ha usato per sparare a Jesse James è stata citata a volte come una Smith & Wesson Model 3 American o come una .36 caliber, ed i cineasti hanno optato per la Model 3, una pistola rivestita in nickel che sparava 44 colpi. C’è voluto molto per rintracciare questo raro oggetto da collezione, come anche il modello simile Schofield Model 3 usato da Jesse James. La produzione è stata in grado di individuarne alcune in condizioni disastrose che sono state poi ricostruite dalla Smith & Wesson e, nel caso della pistola usata sullo schermo da Pitt, è stato aggiunto anche il vero numero seriale della pistola di Jesse James.
Il lavoro di ricerca per la realizzazione de l’Assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford, dalla musica alla fotografia, dagli oggetti al background storico, consegnano un film a tratti ostico, ma di sicuro fascino, che picchetta un nuovo territorio in questo genere cinematografico che continua a raccontare storie ancora necessarie e meravigliose.