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Febbraio 2008

Brevi
backtrack di Giuliano Tomassacci




 
Highscores

Guerra e pace
Jan A.P. Kaczmarek (Rai Trade)
Era difficile aspettarsi un lavoro di tale levatura per il nuovo adattamento televisivo di Guerra e pace, forse tentanti dal facile preconcetto. Vero è che una serie di costanti da qualche anno definenti i regimi musicali della fiction nostrana lasciavano prevedere una prova nella scontata media. Anche i nomi di calibro non hanno mancato ultimamente di misurarsi con lo sceneggiato televisivo concedendo il minimo dovuto: scampoli di marche stilistiche identificative e molta musica a metraggio. Poi l’incognita Jan A.P. Kaczmarek, che ostaggio dell’invisibilità dopo l’Oscar nel 2004 per Neverland - Un sogno per la vita, contribuiva ad alimentare il sospetto di uno score di servizio, magari vergato in strettezza di tempi e altrettanta mancanza di convinzione. Congetture pretestuose che tali si dimostrano all’ascolto della pubblicazione Rai Trade e si dissolvono all’approcciare di una esito encomiabilmente ricco, strutturato, chiaramente sentito e tutt’altro che sbrigativo. Le modalità sinfoniche vibranti e vivaci alla base del commento per Neverland - Un sogno per la vita fanno anche stavolta da direttive di scrittura, riproponendo l’ampio tocco melodico e la facilità di variazione formale. Anche il tematismo garbato richiama alla grafia limpidamente classicistica caratteristica di Kaczmarek (che si affida alla Polish Radio Orchestra e alla bacchetta di Marcinalecz-Niesiolowski), pur delineando sporadici esempi derivativi, come le battute eroiche di stampo zimmeriano in “Austerlitz” o l’apertura horneriana di “Napoleon is Coming”. L’abbondante selezione discografica rende inoltre giustizia alla rifinitura delle orchestrazioni, altro elemento imprescindibile che contribuisce a fare di questa musicazione una raccomandabile eccezione alla regola (invero molte, quando si tratta di contesti storici e in costume) nel panorama televisivo odierno.

Cinecocktail 4 - The Italian Horror Show
Autori vari (Beat Records)
Proseguendo nella rassegna di antologie d’atmosfera, la Beat Records licenzia il quarto appuntamento con il suo Cinecocktail, altra gustosa full immersion tra estratti di musica da film nazionale. Stavolta il tema è quello dell’horror-thriller, con brani selezionati ad hoc nel catalogo cinemusicale più rappresentativo del filone, corrispondente alla stagione di genere prevalentemente settantesca, orbitante intorno a Lucio Fulci. Accanto alle più note firme della musicazione da brivido (Ennio Morricone per Extrasensorial, una Lucertola con la pelle di donna, l’Anticristo - in coppia con Bruno Nicolai - e il Sorriso del grande tentatore; Fabio Frizzi con Manhattan Baby e l’Aldilà; Stefano Mainetti per Zombi 3; Francesco De Masi con lo Squartatore di New York; Simon Boswell e il suo score per Deliria) la compilation chiama a sfilare anche nomi non proprio familiari al pubblico per le loro esperienze cinematografiche, impegnati in pellicole altrettanto estranee alla filmografia di settore più popolare: Nico Fidenco (Zombi Holocaust), Walter Rizzati (Quella villa accanto al cimitero), Alessandro Blonksteiner (Apocalypse domani), Piero Montanari (la Casa 3 - Ghosthouse) e Carlo Maria Cordio (Raptors). Un’occasione utile, dunque, per avvicinarsi con dovizia nel mestiere della colonna sonora italiana declinata ad uno dei generi nostrani capaci di maggior consenso. Un’indagine che trova poi congeniale integrazione nel riuscito Hanging Shadows - Perspectives on Italian Horror Cinema, il documentario di Paolo Fazzini accluso al cd. Fazzini, servendosi di una fotografia e un montaggio dichiaratamente “aggressivi, sporchi, sfuggenti” ha intervistato il cuore del cinema orrorifico nazionale. Tra i quattordici intervistati, Dario Argento, Lamberto Bava, Michele Soavi, Ruggero Deodato e Sergio Stivaletti si raccontano alternando testimonianze professionali, considerazioni personali e gustosa aneddotica. Confermandosi attento conoscitore dell’opera e dei fasti di una corrente che - come il documentario testimonia - è tutt’altro che estinta, Fazzini confeziona un resoconto stimolante per gli spettatori saltuari e prezioso per gli estimatori della prima ora.


On Screen

James Newton Howard è all’apice della produttività. Non nuovo a periodi di intensa scrittura, da navigato professionista qual è, nel 2007 ha redatto sei commenti spazianti dal dramma fantascientifico di Io sono leggenda (Varèse Sarabande/Audioglobe) alla farsa politica firmata Mike Nichols de la Guerra di Charlie Wilson. E nel primo caso ha licenziato il suo lavoro più convincente della passata annata, approntando la scrittura delle grandi occasioni (il ricercato e lirico trattamento orchestrale ultimamente riservato a Shyamalan) sui cui s’incarna un tema evocativo strutturato sulle entrate progressive dell’orchestra. Una melodia dell’ampio respiro, che anche nella scrupolosità del posizionamento ai fini di un’economia drammaturgica tesa all’isolamento realistico del protagonista (pochi e oculati interventi) ricorda a più riprese l’opportuna cura del silenzio imposta da Zemeckis e Silvestri al Tom Hanks naufrago di Cast away.

Di converso Howard e Hanks, per la Guerra di Charlie Wilson, non fanno scintille. Complice proprio quella recente prolificità del musicista, che come da copione miete almeno una vittima tra i numerosi impegni, solitamente sacrificata alla più solida professionalità. Lo score (Varèse) è infatti un onesto rincorrersi dei luoghi comuni howardiani, dalla scrittura asettica filo-newmaniana sorretta da sparse punteggiature accordali, condimenti folk e collaudate impalcature ritmiche. La grande aderenza e l’ineccepibile servizio alle immagini che scontano la latitanza di un contributo più sentito e magari ispirato. Forse anche per questo l’International Film Music Critics Association ha inserito l’autore nella rosa dei cinque candidati a miglior musicista dell’anno preferendogli però Alexandre Desplat.

E Desplat a dire il vero, anche lui reduce da un 2007 denso di impegni, ha tradito il peso della pronunciata operosità. A farne le principali spese è stata forse, attesissima come il film, la sua partitura per la Bussola d’oro, attestante la già nota grandezza compositiva del francese, ma avara di un’anima particolarmente incisiva. Meglio lo spartito composto a quattro mani con il promettente Aaron Zigman per Mr. Magorium e la bottega delle meraviglie (Varèse), che pur senza strappare apprezzamenti degni di un caposaldo, propone una composizione dall’entusiasmo neoclassico di maggior consistenza e inventiva tematica.


Off Screen

Qualche anno fa c’era stato "Appuntamento con la memoria", a cura della Cam. Ora ad antologizzare la vasta opera di Armando Trovajoli ci prova l’altra grande etichetta italiana specializzata, la GDM, con un cofanetto di ben tre dischi ricapitolanti per tappe fondamentali una carriera che all’attivo consta di oltre 200 lavori per il cinema, il teatro e la televisione. Trovajoli è senz’altro tra le fondamenta storiche della colonna sonora italiana, dotato di quell’indispensabile duttilità formale che nei compositori cinematografici di razza si unisce inevitabilmente all’esclusività stilistica. Più dei popolari colleghi che hanno definito la stagione d’oro della cinemusicalità nazionale (Morricone e Ortolani senza meno) l’artista romano si è dimostrato particolarmente sensibile alla sanguigna tradizione popolare, facendosi cantore riconosciuto e riconoscibile della romanità più autentica. Dalle sue note per “Roma nun fà la stupida stasera” di Rugantino (che nell’antologia apre il cd dedicato al pregevole repertorio teatrale) si ripercorre un iter di memorie al nitrato d’argento dove è facile perdersi, con tappe scandite dalle collaborazioni longeve (Magni e Scola), attraverso pezzi di cinema più o meno memorabili, tra arte e mestiere. Un viaggio che trova evocativa conclusione in una rassegna delle canzoni scritte dal novantenne artista e interpretate dalla Loren e da Mastroianni, da Proietti e Tognazzi. Certamente non definitiva - la mole del catalogo trovajoliano rende improbabile quanto vana una simile aspirazione - ma sicuramente appagante, piacevolmente nostalgica e facile ad un ascolto prolungato che integra senza sovrapposizioni la citata pubblicazione della Cam.

E una raccolta riemerge anche dal pregiato catalogo Marco Polo guadagnando nuova vita nella collana di recuperi della Naxos. La coppia Frank Skinner e Hans J. Salter, leggendaria per la storia della Universal tanto quanto il filone monster-movies cui collaborarono copiosamente con score scritti a quattro mani, viene celebrata con le reincisioni di Morgan e Stromberg. Monster Music raccoglie le partiture per un terzetto di classici indiscussi del genere: Son of Frankenstein (Il figlio di Frankenstein, 1939) di cui Skinner si occupò autonomamente, the Invisible Man Returns (Il ritorno dell’uomo invisibile, 1940) e the Wolf Man(L’uomo lupo, 1941) - con il contributo di Charles Previn. Come di consueto, quelle che potrebbero profilarsi come musicazioni routinarie e ricche di retoriche manipolative (e queste ultime certo non mancano) si rivelano all’ascolto isolato - ricostruite tenendo conto delle orchestrazioni originali - tesori sinfonici degni dell’operetta più evocativa.

Nessuna sorpresa invece per quanto riguarda la colonna musicale di Objective Burma! (Obiettivo Burma, 1945) di Walsh, che con la sua magistrale descrittività orchestrale non può trarre in inganno i conoscitori di Franz Waxman. La composizione, passata alla storia della musica bellica per il grande schermo, nonostante un trascorso discografico più che rispettoso merita nuova attenzione in questa interpretazione dell’Orchestra Sinfonica di Mosca, diretta ancora una volta da William Stromberg. Il restauro delle parti curato da John Morgan con filologico piglio ha infatti tenuto conto della strumentazione iniziale e degli estratti esclusi dal montaggio finale. La consuetudine delle ricche note di copertina dettaglianti i retroscena del lungometraggio e dello score aumentano il valore dell’ennesima pubblicazione Naxos da non mancare.


25 fotogrammi

Marco Frisina si riaffaccia al suo ambito d’eccellenza, la biografia religiosa, grazie al film tv su Chiara e Francesco diretto da Fabrizio Costa. Orchestra e coro (con citazioni dal Cantico delle Creature) sfruttati con tutta la rigorosità della scrittura liturgica ma anche calati in contesti più intimisti e foschi, cesellati in interventi solistici di rispettosa costruzione ai fini della preminenza dialoghistica e congiunti in pagine di collettiva interpretazione nelle aperture ariose del tema portante. Il dosaggio tra perdizione, redenzione e sentimento centrale alla sceneggiatura si riflette insomma in una partitura (Rai Trade) mai eccessiva che sa concedersi alle traboccanti, fluenti accensioni melodiche protocollari allo scoring per fiction.