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Mr. Magorium e la bottega delle meraviglie
Mr. Magorium’s Wonder Emporium, Usa, 2007
di Zach Helm, con Dustin Hoffman, Natalie Portman, Zach Mills, Jason Bateman


Doppia visione
recensioni di Stefania Leo e Ferdinando Cotugno



L’anima degli oggetti
di Stefania Leo

I giocattoli possono prendere parte dell’intera vita di un essere umano. Edward Magorium (Dustin Hoffman) ha nutrito i suoi giocattoli di emozioni e di amore per 243 anni. Un mattino, davanti al suo ultimo paio di scarpe toscane acquistate in quantità bastevole per una vita intera, decide che è arrivato il momento di partire. Lasciare la bottega delle meraviglie e tutte le sue invenzioni magiche a Molly Mahoney (Natalie Portman) è una scelta naturale. La ragazza ha 25 anni, un ragguardevole talento per il piano e una disperata incapacità di portare a termine qualsiasi cosa le sia richiesta. Ma crede alla magia di Mr. Magorium e, grazie ai buoni consigli del contabile (Jason Bateman) e agli stravaganti cappelli di Eric (Zach Mills), la bottega si rivelerà essere l’affare della sua vita.

Mr. Magorium e la bottega delle meraviglie è il primo film di Zach Helm che, anche se esordiente, riesce a portare sullo schermo talenti del calibro di Dustin Hoffman e Nathalie Portman. Un po’ a causa del basso budget un po’ a causa di una sceneggiatura non sempre ben coesa, il film non riesce a coinvolgere a fondo lo spettatore dentro la storia. Benché Mr. Magorium ricordi a tratti le tenerezze femminili e gli incanti di Mary Poppins, la macchinosità delle magie cinematografiche perpetrate al fine di sospendere l’incredulità degli spettatori spesso falliscono. Ci si ritrova così impotenti ad aspettare la prossima botta di magia per credere davvero che anche Molly Mahoney abbia dei poteri. L’ormai immancabile ghigno di Dustin Hoffman, pietrificato sul suo volto dopo l’interpretazione del leggendario Capitan Uncino in Hook, correda il mondo incredibile della bottega delle meraviglie. Il tema dei giocattoli non è poi casuale, ma si riconnette ad una nota biografica dello sceneggiatore/regista: Helm infatti è stato anche commesso part-time in un negozio di giocattoli e questa storia era il modo più completo per portare a tutti l’esperienza incredibile di lavorare con le cose che lui trova “più emozionanti, entusiasmanti e divertenti”.
Tuttavia si riesce a perdonare una certa ingenuità nella pellicola anche per il nobile scopo che Mr. Magorium e la bottega delle meraviglie persegue in collaborazione con Unicef: il film, infatti, partecipa al progetto di sostegno per i bambini del Benin che sicuramente non hanno mai avuto nemmeno la fantasia sufficiente ad immaginare tutti i giochi contenuti nella bottega di Mr. Magorium.

Gli oggetti sono i veri protagonisti di questo film: sono loro che, con le loro emozioni, condizionano le vite dei protagonisti dopo la dipartita di Mr. Magorium. Gli oggetti e la loro magnificenza, esattamente come la merce nella Parigi del primo Novecento, influenza i comportamenti e le priorità delle persone. Le costringono a credere in valori mai esplorati prima (si veda la conversione di Henry, da indefesso lavoratore a simpatico sostenitore della magia), rendono gli ostacoli superabili (Molly si ritroverà ad essere improvvisamente “magica”). Il racconto dell’abbondanza e dell’opulenza del gioco e dei suoi strumenti al cinema risente della moltiplicazione spazio-temporale tipica dei primi anni della “visione”. Solo che la dura realtà dei bassi budget ha per forza di cose limitato le possibilità di un film forse un po’ fuori stagione rispetto al momento natalizio (più adatto a parlare di giocattoli). La scelta degli attori è comunque indovinata e prestigiosa e in questa occasione Helm fa fiorire sul grande schermo il grande talento dell’altro Zach. Il piccolo Mills infatti, interpretando Eric il collezionista di cappelli, opera una caratterizzazione fisica davvero ben riuscita.
Un altro grande tema toccato in Mr. Magoruim è il libero arbitrio: la decisione di Edward Magorium di lasciare la sua vita non solo ammicca alla libertà di disporre della propria vita, ma ci porta a considerare l’idea della morte accettabile, come già in Non è mai troppo tardi, considerando non tanto i rimpianti, ma tutto ciò che di straordinario è stato fatto in vita.


Il sacrificio della narrazione
di Ferdinando Cotugno

Molte trovate, nessun film. Ma con tutti quei giocattoli, chi ha davvero bisogno di un film? Come la maggior parte delle storie basate su divertenti trovate sceniche (alcune molto belle), Mr Magorium e la bottega delle meraviglie muore prima dei 30 minuti di vita.
Zach Helm esordisce, scrive, dirige. Ci mette cuore, in questa sua ibridazione tra "Il Piccolo Principe" e Jumanji, ma finisce presto la benzina.
Mr Magorium è un giocattolaio di 232 anni, un Dustin Hoffman che più antico non si può, scienziato pazzo del divertimento, ammantato di grigio vivo, “avido consumatore di scarpe”. Il suo negozio è bellissimo: per lui è pressoché la vita intera. Per noi, come dicono i vecchi cronisti dei giochi di palla, vale il prezzo del biglietto. Una festa di lampade con pesci (vivi), lampade con sogliole fritte (nel caso i pesci vivi facessero impressione), dinosauri appassionati di fresbee, libri animati (in senso letterale), palle rimbalzanti di ogni foggia colore e dimensione, Muppets che fanno shopping, una processione (armonica) che sfida l'occhio e le sue capacità.
Mr Magorium, nonostante l'impegno del suo regista / sceneggiatore, è un film di pura scenografia. Therese DePrez, così si chiama l’artefice di tanta gioia per gli occhi. Al suo servizio, un’armata di animatori ed effettisti, nei titoli di coda (menzione: sono molto belli) sono accreditati anche 14 burattinai. Ogni volta, però, che i personaggi si intromettono nel rapporto di stupore infantile che si instaura tra lo spettatore e l'ambiente della messa in scena, finiscono con l'infastidire, come la mamma che ti urla "cena" mentre stai giocando a pallone al tramonto. Ma dal momento questo è un sito di cinema, e non di articoli per l'infanzia, occorrerà pur parlarne.
Il signor Magorium ha deciso di lasciare questa terra. La sua infinita collezione di scarpe dello stesso tipo è finita, l’ultimo paio si sta consumando, è il segnale: è tempo di morire, “le storie, anche quelle che amiamo, devono finire, affinché altre storie possano cominciare”. Non potendo portare con sé la bottega delle meraviglie, decide di lasciarla alla sua manager, Molly, Natalie Portman, che riesce ad avere la meglio, in questo caso: con grande fatica, su qualunque personaggio mal scritto, nonostante le tocchino le battute peggiori del film. Ad affrontare il passaggio di consegne, un bambino di buon cuore, pochi amici e molti cappelli di nome Eric, e un contabile scettico di nome Henry. Tutti sono molto riluttanti rispetto a questo grande cambiamento, ma nessuno quanto il negozio stesso, che si sbatte, si dimena, ingrigisce, scatena i giocattoli contro i bambini (grande tripudio e divertimento), piange, poi si arrende, fa finta di morire, diventa buio come una cripta (alla fine, è un’ovvietà non uno spoiler, se ne farà una ragione).
Il piano di Helm era fare una favola che si occupasse dei bambini strizzando l’occhio ai grandi, ma l’impianto di citazioni costruito all’uopo è traballante, scontato, prevedibile. Ci sono Spielberg, Miyazaki, il già citato Saint Exupery, addirittura Harold e Maude. L’incanto delle scene e del loro funzionamento ha un prezzo: il sacrificio di qualsiasi spessore narrativo.
È vero, avere i Playmobil animati, i dinosauri giocattolo scala uno a due e Natalie Portman in un solo film è un avvenimento. Non dovesse bastare, forse meglio cercare favole altrove.