la Sicurezza degli oggetti

La tribù in coma
di Luca Perotti

 
  the Safety of Objects, Usa, 2001
di Rose Troche, con Glenn Close, Dermot Mulroney, Jessica Campbell

L’apparente ovattata serenità della provincia americana di stampo middle-class si propone costantemente come ideale terreno fertile per erbacce morbose e sentimenti appassiti, sia facendo la fortuna di un cinema blandamente cattivo come nel caso di American Beauty, sia raggiungendo indimenticabili apici di cinismo politicamente scorretto se si pensa a Happiness. Quando lo sguardo punta diritto alla radice della sacra istituzione è dunque sicuro di trovare il materiale giusto tra cui rovistare. Il classico microcosmo familiare disfunzionale è un serbatoio infetto e protetto da un consistente involucro impermeabile che nasconde lamenti e mostri. Filtrando all’interno, gli involucri si moltiplicano allorché ogni individuo ne possiede un altro su misura per celare un malessere interiore, il cui grido di dolore non trova amplificatori sufficientemente potenti per risuonare all’esterno. La scucitura interiore va perciò scovata con attempata testardaggine che va a braccetto con il rischio di ripetersi attorno alle solite tematiche. Con La sicurezza degli oggetti, il piglio indipendente e femminista di Rose Troche si immerge in uno spazio claustrofobico per pedinare i nuclei emotivi dei componenti di quattro famiglie collocate in un pertugio residenziale soffocante, sostanzialmente privo di aperture verso l’esterno. Un labirinto-laboratorio di anime tra loro “linkabili” poiché le vite in questione non si limitano ad essere spazialmente adiacenti ma si intersecano in un groviglio di sentimenti implosi. L’occhio apatico tende solitamente a desiderare solamente ciò che riesce a vedere, e in un universo bloccato ai confini il numero ridotto degli oggetti innesca degli struggimenti dal fiato corto. Il raggio d’azione delle esistenze quindi si contrae, e le quattro famiglie finiscono per comporre una tribù strutturata su un regime di endogamia le cui vibrazioni mentali si raccolgono attorno al totem impersonificato da Paul, il ragazzo finito in coma in seguito ad un incidente stradale.
Lo stato parassitario rende il ragazzo un oggetto (in)animato dal valore esplicativo perché mette a fuoco la fotografia sociale scattata dalla Troche sia in virtù della sua funzione di catalizzatore passivo che aggrega una serie di individui scollati tra e “in” loro, sia perché egli(esso) è l’emblema degli oggetti che nel film simbolicamente costituiscono il veicolo per una sicurezza artificiale. Le attenzioni riservategli dalla madre sono la spia di un comportamento ossessivo diffuso che si allinea, ad esempio, a quello grottesco di Bobby, l’adolescente che comunica con la sua bambola sexy credendo sia di ascoltarne la voce, sia di soddisfare i suoi impulsi puberali. Il rapporto individuo-oggetto si basa sul principio di sostituzione del destinatario in una comunicazione già di per sé lacunosa e alterata dalla presenza opprimente di Paul, che accentua i sensi di colpa e sfilaccia ulteriormente i legami, senza tuttavia reciderli. Esther (Glenn Close), impegnata quotidianamente nelle cure del figlio, trascura il rapporto con sua figlia Julie tentando di ricomporlo mediante la vincita di un’automobile in una competizione maniacale: una no-stop ad eliminazione diretta che premia chi riesce a tenere le mani sulla posta in gioco il più a lungo possibile. La funzione sostitutiva degli oggetti istiga anche una possessività morbosa cui la regola principale del gioco rimanda simbolicamente. Così come non è casuale che la ricucitura del rapporto venga ricercata indirettamente per mezzo proprio di un’automobile che macabramente rimpiazzi quella distrutta che ha inchiodato Paul a letto e irretito i normali svolgimenti emotivi di tutta la tribù.
Il bisogno di sostituzione affligge anche Randy, il giardiniere, ancora scosso dall’incidente stradale suddetto in cui suo fratello minore ha perso la vita. Egli individua l’oggetto per scaricare la sua nevrosi nella piccola Sam. Il rapimento di Sam non ha secondi fini di natura pedofila: egli si limita a fingere che davanti a lui ci sia ancora il fratello e ad allestire una quotidianità fittizia fatta di gesti abituali. Nel complesso la sua azione si sostanzia in un patetico palliativo per le sue angosce in quanto un’autentica e compiuta elaborazione di un lutto presupporrebbe la presa di coscienza della perdita definitiva del defunto e non la sostituzione dello stesso con un altro essere umano.
Anche il comportamento di Jim, l’avvocato che ha dedicato l’intera vita al lavoro ma è rimasto deluso dalla mancata assegnazione della giusta ricompensa morale è inquadrabile nello schema generale. Il suo sostegno ad Esther durante la competizione ricalca l’ossessività con la quale, per tutta la vita, ha trascurato famiglia e affetti con il solo scopo di ottenere un premio che lo soddisfacesse dal punto di vista materialistico e riempisse il vuoto causato da una comunicazione carente.
Peraltro in un tale contesto patologico, ogni approccio verso l’altro non viene mai recepito come innocente tentativo di contatto tra due individui, ma è frustrato in partenza da un tipico equivoco di natura morbosa. Quando l’amante di Paul offre a Randy un drink e un po’ di conversazione, questi scambia l’invito per un’avance; allo stesso modo Randy non rapisce Sam per molestarla ma il suo gesto viene automaticamente interpretato in questi termini.
Lo stato comatoso del totem-Paul si estende virtualmente a tutti i componenti della tribù e sarà il gesto brutale di Esther a porre fine all’incarceramento emotivo. La plongee conclusiva con cui la Troche si congeda dal quartiere residenziale mostrandone la struttura labirintica finalmente illuminata dalla luce del sole, se da un lato sembra rappresentare il sospirato sollievo reso possibile dalla morte del ragazzo, dall’altro assomiglia ad una fuga rassegnata da un universo irrimediabilmente compromesso. E anche la canzone intonata da Julie e da tutti i personaggi emersi da un’apnea insopportabile non nasconde l’abbattimento per un’agonia cronica forse solo temporaneamente interrotta.