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Molto incinta
Knocked up, Usa, 2007
di Judd Apatow, con Seth Rogen, Katherine Heigl, Paul Rudd, Leslie Mann

Ascesa e morte del nerd
recensione di Ivan Frassepiani



Ben Stone è un ragazzo con un sogno: metter su con i suoi amici un sito web che fornisca per ogni attrice il titolo di tutti i film in cui compare nuda, precisando il timing esatto di ogni scena. Questo dà l’idea delle ambizioni, delle aspirazioni e delle ispirazioni di Ben e della sua cricca di amici. Alison Scott è una giornalista televisiva che ha appena avuto una promozione e con essa l’occasione della sua vita: la possibilità di andare in televisione, di essere vista, diventare nota. Ben e Alison si incontrano per caso una notte in discoteca, e, galeotto fu qualche drink di troppo, finiscono a letto insieme. Finiscono così tanto a letto che lei resta, contro ogni aspettativa e buon gusto, incinta. Molto incinta. La diversità di queste due dimensioni umane in collisione forzata costituisce il margine di divertimento di questa audace commedia da più di due ore. Audace fondamentalmente per la durata, anche se bisogna confessare che, malgrado tutto, il film tiene senza sbriciolarsi e senza annoiare. A patto di sapere bene con cosa si ha a che fare pagando il biglietto. Judd Apatow, reduce dal successo di Quarant’anni vergine, giustifica il minutaggio fuori scala di Molto incinta con l’obiettivo di voler creare dei personaggi che escano fuori dai loro clichè di partenza (lui nerd sfigato e nullafacente, lei microborghese pettinata in ascesa verticale con tanta voglia di carriera e realizzazione) grazie alla magia fuori programma del bimbo in arrivo, che costringe (?) i due a conoscersi e financo ad amarsi. Ci vuole tempo, sembra volerci spiegare il regista, per un doppio arco di trasformazione così articolato, grazie al quale Ben si metterà una cravatta, troverà un lavoro vero (il sito a mio giudizio era un’idea favolosa, ma si scopre che qualcun altro l’aveva già realizzato) e leggerà tutti i libri sul diventare padre, e Alison imparerà che la rispettabilità apparente non è l’unica cosa che conta e che la sporcizia si trova facilmente anche sotto un’epidermide ben curata di gabardine e pilates. Il tutto per portare lo spettatore - ormai in deliquio - verso il Finale: i due giovani che riescono, oltre le goffe forzature di circostanza, a diventare una famiglia. Rispetto, amore, appoggio reciproco, maturità, insomma tutto l’armamentario richiesto dalla situazione.
C’è il sospetto fondato che a riassumerlo così, un film del genere non attiri molto. Sembra un megaspot stile family-day, o qualcosa di simile. Un po’ lo è. Ma se funziona, per quel che funziona, il merito è tutto di questo antieroe (però ormai son tutti antieroi, e bisognerebbe coniare qualche termine un po’ più aggiornato) che nasce già negli anni ’80, ma sembra risplendere in questo periodo di una nuova consacrazione cinematografica: il nerd. Tutto il resto della storia, più o meno, fa da spalla a Ben Stone e al suo non conforme way of life, perché è quello il fulcro, l’iniettore della risata, l’occasione della gag. Il nerd esce di nuovo allo scoperto, forte di un costume cinematografico, quello del nuovo millennio, sempre più disposto al gioco dell’uncorrect, sessualmente prima di tutto, e poi in ogni altro senso. Guardate Suxbad (ancora lo zampino di Seth Rogen, il neopadre Ben Stone, ma anche lo stesso Apatow come produttore) e osservate come lì non hanno bisogno di trasfigurare in qualcosa d’altro: i nerd ormai possono farcela da soli per tutto un film, perfino senza spalle a far loro da contraltare (il mondo di Suxbad è un mondo totalmente e intrinsecamente nerdizzato). Non si tratta di rivincite, come era vent’anni fa: non hanno più niente da dimostrare: hanno un corredo perfettamente adatto di armi e mezzi per emergere e per conquistarsi la nostra simpatia proprio per la loro rozzezza e volgarità gratuita. Qualcuno potrebbe dire che riportano la mente ad un’età dell’oro della vita, persa ormai per sempre, in cui tutto era meno complicato, anche se era maledettamente difficile lo stesso.
Il finale di Molto incinta è bifronte, sottilmente ambiguo: è un lieto fine che è un atto dovuto per un certo tipo di prodotti cinematografici, ma è in realtà un finale amaro, dato che mette in scena la morte di questo supereroe smascherato; se passa per un happy ending è perché qui la catarsi è data dall’immedesimazione solidale: è successo anche a Ben Stone, così come sta succedendo a noi tutti. Mal comune…