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Away from her - Lontano da lei
Away from Her, Canada 2006
di Sarah Polley, con Julie Christie, Gordon Pinsent, Olympia Dukakis, Michael Murphym, Kristen Thomson

La memoria perduta di Fiona
recensione di di Stefania Leo



Che l’amore vero superi ogni ostacolo è una favola che spesso ci hanno raccontato. Ma in Lontano da lei per un po’, almeno per la durata del film, si può tornare a crederlo. Il film di Sarah Polley ha portato sullo schermo il romanzo di Alice Munro “Nemico, amico, amante…” edito da Einaudi, lasciando a Julie Christie l’arduo compito d’interpretare Fiona, una donna “vaga e sincera”, innamorata del marito e malata di Alzheimer. L’attrice inglese ha prestato la sua leggerezza e il suo fascino a questo personaggio, rendendolo credibile e incantevole, tanto che questo ruolo le è valso il Golden Globe come miglior attrice protagonista.
44 anni di matrimonio sono quelli vissuti da Grant (Gordon Pinset) e Fiona: tanti ricordi, la cieca fiducia nell’altro, l’armonia ironica di due vecchietti che vivono da soli in mezzo alla neve. All’improvviso una terribile malattia, il morbo di Alzheimer, si porta via tutto, i ricordi, la fiducia e la vita armoniosa. Se li porta a Meadowlake, una clinica specializzata nella cura della terribile malattia degenerativa, dove Fiona sceglie di farsi ricoverare. Grant deve sottostare alla ferrea regola di non vedere Fiona per i primi trenta giorni di permanenza, utili per l’ambientamento. Trenta giorni che saranno fatali per la memoria ormai volatile dell’amata. Infatti Grant, dopo l’allontanamento forzato, torna alla clinica e trova sua moglie innamorata di Aubrey (Michael Murphy), un altro paziente del centro.
Grant, suo malgrado, accetta la nuova realtà e confida i suoi timori e le sue riflessioni alla caporeparto, Kristy (Kristen Thomson) che lo conforta. Fiona peggiora rapidamente dopo che Aubrey è dimesso dal centro. Grant, pur di non vederla ridotta ad un vegetale, intuendo la profonda tristezza e tormento di una moglie che conosce meglio di se stesso, compie un gesto estremo, ma colmo d’amore.
Dopo Non è mai troppo tardi e l’Amore ai tempi del colera, ecco un’altra pellicola, questa volta canadese, che parla dei sentimenti, dei tormenti e dei problemi della terza età. È come se il comune sentire abbia portato i cineasti di mezzo mondo a riflettere sui fremiti del cuore in prossimità “del traguardo”. È una riflessione toccante, piena di slanci creativi, soprattutto in fase di sceneggiatura, firmata dalla stessa regista: le citazioni tratte da “Lettere dall’Islanda” di W. H. Auden commuovono, insieme agli occhi azzurri e seducenti di Julie Christie e alla tenacia di un marito speciale, capace di soffrire e di tradire la propria moglie anche nell’ultima stagione della sua vita.
Figura emotivamente toccante è quella di Marian, moglie di Aubrey, interpretata dalla bravissima Olympia Dukakis (Senti chi parla I-II-III, la Dea dell’amore). Una donna che ad un certo punto decide di essere felice, con la saggezza di una donna che ha vissuto appieno la sua vita e con la leggerezza di una ragazza che ha ancora voglia di ridere e fare l’amore.
Il morbo di Alzheimer è la metafora che Alice Munro usa per spiegare l’importanza della memoria in un rapporto di coppia. In Lontano da lei la memoria detta gli umori, le espressioni, le azioni di Fiona e Grant gettano le basi di partenza per un momento d’introspezione che può condurre lo spettatore dentro di sé, in una rivista delle proprie memorie e delle proprie esperienze.