Hotel Rwanda

La pietà e l’indifferenza
di Linda Vianello

 
  id., Canada/GranBretagna/Italia/Sudafrica, 2004
di Terry Gorge, con Don Cheadle, Sophie Okonedo, Nick Nolte, Joaquin Phoenix, Desmond Dube, David O'Hara


Rwanda, primi anni ’90. Paul è il direttore del lussuoso Hotel Mille Collines di Kingali. Paul vive come un Occidentale, come un manager occidentale. Paul si sente un Occidentale, ma non lo è. Paul è un Africano, è un Hutu, e quando la sua etnia decide di massacrare quella rivale, i Tutsi, Paul non può non rendersene conto.
Se gli Occidentali possono permettersi di rimanere affacciati alla finestra a guardare e di decidere di andarsene una volta capita la mal parata, Paul non lo può fare. Certo potrebbe decidere di salvare sicuramente solo se stesso, ma coraggiosamente decide di provare a salvare quasi milleduecento persone all’interno dell’Hotel Mille Collines. E ci riesce.
Paul Rusesabagina, il vero protagonista di questa inquietante storia di cui in troppo pochi erano a conoscenza prima di questa pellicola, è stato paragonato a quello Schindler che tutti abbiamo imparato a conoscere con il film di Spielberg. Ma lui non è d’accordo: dice di essere un uomo normale che ha agito mosso solo da senso del dovere e di responsabilità. La pellicola di Terry George ( co-sceneggiatore del bellissimo Nel nome del padre) non ce lo restituisce proprio così: a tratti Paul sembra disegnato un po’ come se fosse una sorta di Superman, mai stanco e spaventato anche quando intorno a lui tutto è un mare di sangue, ma l’encomiabile interpretazione di Don Cheadle (Traffic) ci permette di soprassedere su questo piccolo difetto di forma.
La drammaturgia è solida, le vicende si rincorrono con un buon ritmo interrotto solo da pochi sprazzi, forse evitabili, di retorica anti-occidentale ed antimilitarista. Forse la pellicola non si contraddistingue per originalità, ma giustamente evita lo spettacolo per illustrarci l’intreccio di complicità ed indifferenza che portò al terribile genocidio che sterminò migliaia e migliaia di persone in pochissimo tempo.
Candidato a tre Golden Globe e tre Oscar - forse un po’ troppi, ma tant’è - Hotel Rwanda è il primo film co-prodotto da Italia e Sud Africa, cosa che l’ha portato ad avere enormi ritardi nel riconoscimento della nazionalità italiana (ricordiamo infatti che l’accordo di co-produzione tra Italia e Sud Africa, pur se pronto da tempo, non è ancora stato siglato dal nostro governo, il che non rende possibile la co-produzione tra i due paesi, ma solo la compartecipazione) ottenuta solo dopo le candidature - forse proprio solo in virtù di esse.
Oltre a mostrarci dei bravi attori di calibro internazionale quali Nick Nolte, Joaquin Phoenix e Sophie Okonedo, Hotel Rwanda ha il merito di raccontarci, molto semplicemente, una storia che la nostra coscienza e i nostri media hanno cancellato, probabilmente perché non sembrava loro interessante. Questo basta a far passare in secondo piano alcuni piccoli difetti come la durata (due ore abbondanti e ridondanti), forse un po’ eccessiva. Hotel Rwanda ci fa riflettere su quelli che noi chiamiamo “mezzi di informazione”, soprattutto in questo momento e soprattutto nel nostro paese, che ci bombardano di notizie laddove siano coinvolti cittadini europei - vedi anche la copertura mediatica dello tsunami asiatico - ma che sono soliti invece abbandonare al proprio destino, anche mediatico, tutti quelli che, magari loro malgrado, non abbiano la fortuna di esserlo.