Harry Potter e il calice di fuoco

L'educazione sentimentale dei giovani maghi
di Antonello Sammito

 
  Harry Potter and the Goblet of Fire, Inghilterra / Usa, 2005
di Mike Newell, con Daniel Radcliffe, Rupert Grint, Emma Watson, Brendan Gleeson, Ralph Fiennes


Quarto episodio nella formazione del giovane mago, questa volta affidato a Mike Newell, che regala momenti di umorismo ad una vicenda che pur nella piacevolezza della confezione, non riesce a superare la prevedibilità di un intreccio già collaudato nei precedenti capitoli della saga.
Durante la Coppa del mondo di Quiddich, qualcosa di sinistro accade: annunciato dai dolori alla cicatrice sulla fronte di Harry, nel cielo si staglia il Marchio Nero del perfido Voldemort, mentre i suoi emissari, i Mangiamorte, arrivano a portare distruzione. Scossi dall’accaduto, i nostri tre maghetti tornano a Hogwarts per cominciare il quarto anno, che si preannuncia molto eccitante giacché proprio nella loro scuola si terrà il Torneo Tremaghi, sfida tra i migliori studenti di magia del mondo. Per l’occasione arrivano all’istituto i giovani allievi (esteuropei?) della Durmastang e le affascinanti pulzelle della francese Accademia di Beauxbatons, i cui rispettivi “primi della classe” saranno scelti dal Calice di fuoco per sfidare Cedric Diggory di Hogwarts nel torneo. Ma inspiegabilmente il Calice sputa fuori anche il nome di Harry Potter, che si vede costretto a partecipare alla tenzone magica fatta di sfide in cui affronterà draghi, sirene e un labirinto animato.
A consigliarlo sulle strategie di gioco, il burbero Malocchio Moody, nuovo insegnate di Difesa contro le Arti Oscure ed ex cacciatore di Mangiamorte.
Ma il Torneo non sarà l’unica preoccupazione di Harry e dei suoi amici: negli stessi giorni nella scuola si terrà il Ballo del Ceppo, quasi un ballo dei debuttanti, che vedrà i nostri, in pieno risveglio ormonale, doversi giostrare tra sentimenti che si rivelano e impacci adolescenziali nella gestione dei rapporti con l’altro sesso.
E l’ombra di Voldemort continua ad incombere.
Adattare i sempre più voluminosi libri della J.K. Rowling in film che non superino le tre ore, non deve essere impresa facile visto che lo sceneggiatore Steve Kloves, pur forte dell’esperienza dei precedenti tre, dopo lo sforzo di ridurre le 600 e passa pagine del Calice di fuoco si è preso un anno (e un film) di vacanza dalla serie.
Lo sforzo maggiore sarà stato non tanto quello di decidere quali delle mille sottotrame che arricchiscono il libro sacrificare, ma quello di riuscire ad amalgamare tre generi così diversi come l’avventura fantastica, il thriller e la commedia romantica, sempre comunque nel canovaccio del percorso di formazione dei protagonisti.
Il mix non sempre è riuscitissimo e neanche un abile regista come Mike Newell, il primo inglese DOC a dirigere un episodio della saga, riesce a dosare i vari registri per rendere fluidi i passaggi dalla tensione alla commedia. Qualche volta anzi sembra voler spingere il pedale su quest’ultimo aspetto forse a lui più congeniale, per stemperare le atmosfere dark delle sfide magiche. E lo fa sfiorando anche un certo gusto di grana grossa, come quando descrive la fascinazione del giovane Ron per i fondoschiena delle maghette della Beauxbatons.
Il grosso problema della pellicola risiede però nel materiale d’origine; chi ha visto i film precedenti della serie si aspetta lo scontro finale col cattivo e l’inevitabile rivelazione che un personaggio non è schierato dalla parte dei buoni come si è pensato fino a quel momento. Almeno in questi primi quattro capitoli la Rowling ha fatto più sforzi di fantasia nella creazione dei personaggi di contorno che nel lavorare su un intreccio originale.
Visivamente il film mantiene l’ottima qualità della serie, con ottimi professionisti come Roger Pratt (Brazil, Batman, Troy, Harry Poter e la camera dei segreti) alla fotografia e lo scenografo ufficiale di Hogwarts Stuart Craig, ormai un pilastro dei film del maghetto.
E se il giovane Daniel Radcliffe non sempre brilla per la sua interpretazione, attorno a lui troviamo la più grossa concentrazione di talento attoriale della terra d’Albione, con tre magnifiche nuove entrate. Brendan Gleeson dipinge un Malocchio Moody, paterno e burbero allo stesso tempo, Miranda Richardson nella parte di Rita Skeeter, parodia delle odiose giornaliste gossippare che infestano la stampa mondiale, e Ralph Fiennes che interpreta “Colui che non deve essere nominato”, Voldemort, perfetta incarnazione del Male assoluto, ben doppiato nella versione italiana dal bravo Popolizio.
Intrattenimento per tutti di buon livello quindi, ma privo della fantasia che ci si aspetterebbe da un prodotto del genere.