Troy
Soap-epica
di Adriano Ercolani

 
  id., Usa, 2004
di Wolfgang Petersen, con Brad Pitt, Eric Bana, Orlando Bloom, Peter O’Toole, Brian Cox, Diane Krueger, Saffron Burrows.


Se l’intenso e maestoso gladiatore della coppia Scott/Crowe aveva resuscitato un genere decaduto come il peplum, speriamo che questo insensato e scondito polpettone targato Petersen/Pitt non detti le regole estetiche per proseguire la sua rinascita.
Che una riduzione e una sistemazione drammaturgica servissero all’Iliade per diventare la sceneggiatura di un blockbuster targato Warner era pressoché ovvio, ma da qui a ridurre la guerra di Troia a una sequenza ininterrotta di situazioni logicamente imbarazzanti e di personaggi involontariamente parodistici, è tutto un altro discorso.
La sceneggiatura di David Benioff (quello che prima aveva scritto quel gioiello di finezza psicologica che è La 25a Ora di Spike Lee) compie il primo, ardito esperimento nel ridurre temporalmente la durata del conflitto: da vent’anni a… 16 giorni, di cui 12 di riposo per celebrare il lutto di Ettore (!).
Subito ci chiediamo: ma era necessaria tutta questa fretta per prendersi a bastonate? Un uso accorto delle ellissi temporali non avrebbe forse consentito di dare maggiore sviluppo alle psicologie dei personaggi i quali, invece che saggi, sembrano un branco di poveri deficienti che non azzeccano una decisione che è una?
Basti vedere i sommi vertici dei due schieramenti, Agamennone e Priamo: il primo è un barbaro peloso, cattivo e insensato; l’altro un vecchio stupido e piagnucoloso.
Dei vari Achille/Pitt, Paride/Bloom, Elena/Krueger e Ulisse/Bean preferiamo addirittura non parlare, molto meglio segnalare invece l’unico personaggio che è riuscito a suscitare una qualche empatia, in mezzo a cotanta desolazione, ovvero l’Ettore ottimamente interpretato da Eric Bana, eroe tragico e doloroso, figura capace di risvegliare nello spettatore le sensazioni derivanti dalle originarie vicende raccontate da Omero (o da chi per lui). La regia di questa megapuntata di "Beautiful" da 150 milioni di dollari è stata affidata a Wolfgang Petersen, onesto artigiano che ha ripagato la fiducia della Major con una messa in scena asettica, mai ispirata da una qualsiasi idea coerente di regia, addirittura imbarazzante quando tenta delle trovate che vogliono soltanto mascherare l’assoluta mancanza di idee.
Insomma, Troy frana sotto ogni punto di vista, sia estetico che drammaturgico. Scontato, meccanico, approssimativo nella messa in scena, il film non riesce neppure a suscitare una possibile ammirazione nelle scene di battaglia, montate alla meno peggio e difficili da seguire. L’unico bel momento di azione risiede probabilmente nel duello, veloce e sottilmente stilizzato, tra Ettore e Achille; peccato però che la scena venga subito preceduta dal sublime momento comico in cui l’eroe greco, incazzato come una furia per la morte del cugino (sic) Patroclo, si porta con il suo carro da guerra sotto le mura della città ed inizia ad urlare “Ettore!!!” come fosse uno scaricatore dei mercati generali che non trova il suo aiutante scansafatiche. Onestamente troppo per non sbottare a ridere.