Gothika
La cella degli spiriti
di Giulio Frafuso

 
  id., USA, 2004
di Mathieu Kassovitz, con Halle Berry, Penelope Cruz, Robert Downey Jr., Charles S. Dutton.


Cercare di capire come Mathieu Kassovitz sia partito da uno dei film più interessanti e dirompenti degli anni ’90, L’odio, e sia arrivato alla farraginosa scopiazzatura pycho/horror di Gothika è davvero uno dei più grossi quesiti cinematografici di quest’ultimo decennio. Vista la filmografia successiva a quel folgorante esordio, siamo ormai definitivamente portati a pensare che l’attore-regista abbia dato tutto quello che poteva offrire di innovativo al primo colpo, vivendo di rendita (e di incassi cospicui, vedi I fiumi di porpora e, tutto sommato, anche questo Gothika) per il proseguimento di carriera. Dopo l’insuccesso di critica e commerciale di Assassin(s), Kassovitz ha infatti preferito percorrere la via sicura del prodotto adatto al grande pubblico, capace di sfruttare al meglio un genere tranquillamente “estetizzabile” come il thriller paranormale. L’indubbia capacità visiva dell’autore è così stata messa al servizio di opere eleganti nella messa in scena, sicuramente professionali nella composizione di uno spettacolo apprezzabile dalla massa, ma assolutamente innocue e poco interessanti se viste con occhio più smaliziato, o se vogliamo usare l’orrida parola “cinefilo”. Questa tendenza si era già capita con I fiumi di porpora e con l’interpretazione tutta sdolcinata de Il favoloso mondo di Amelie, successo planetario che ha aperto al cineasta le porte di Hollywood; ebbene, l’esordio made in U.S.A. del regista francese conferma in pieno la ricerca del successo facile, del consenso del botteghino, a scapito di un prodotto capace di fornire un intrattenimento intelligente oltre che di routine. Gothika è un film che, a conti fatti, non lascia mai il segno su chi guarda: parte benino, scorre per almeno un’ora senza interessare troppo ma neppure annoiare, e poi si sgretola nell’ovvietà più trita quando la sceneggiatura deve iniziare a sciogliere i nodi narrativi del mistero. Ad una messa in scena sufficientemente efficace corrisponde dunque in Gothika uno script inadeguato, pieno di incoerenze, che per ovviare a tali difetti vira verso delle soluzioni ad effetto di pessimo gusto. Anche la scelta di imbruttire icone glamour come Halle Berry e Penelope Cruz per fornire all’opera una patina realistico-psichedelica si dimostra subito un giochino volto a distogliere lo spettatore dalla sensazione che film e storia hanno il fiato corto, che non sanno bene dove andare a parare, e che perciò si nascondono perciò dietro trucchetti ad effetto ed immagini da videogioco. Gothika non aggiunge nulla al suo genere, non spaventa lo spettatore, non è neppure abbastanza arrischiato da essere un “bel brutto film”. È un prodotto che dura la sua oretta e quaranta, non distoglie più di tanto l’attenzione da quello che sta succedendo fuori dal cinema, lascia nello spettatore la sensazione che quei tre euro forse potevano essere consumati da McDonald, e probabilmente avrebbero avuto lo stesso effetto. Ormai, il Mathieu Kassovitz regista inizia ad sapere di McChicken.