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Ghost rider
Id.,Usa, 2007
di Mark Steven Johnson, con Nicolas Cage, Eva Mendes, Wes Bentley, Peter Fonda

Anime fiammeggianti
recensione di Antonello Sammito



In attesa del terzo episodio cinematografico dell’Uomo Ragno, arriva sugli schermi italici la riduzione cinematografica di un personaggio minore dell’universo a fumetti della Marvel. Ghost Rider, il motociclista infernale dal teschio in fiamme, impiegato come addetto al recupero crediti da Mefistofele, annovera tra i suoi (pochi) fan Nicolas Cage, che finalmente può coronare il suo sogno di interpretare un personaggio dei fumetti e il regista Mark Steven Johnson, che stempera le atmosfere horror in una pellicola a basso tasso neuronale.
Leggenda vuole che di quando in quando, il diavolo faccia un patto con uomini disperati che, in cambio della salvezza di persone a loro care, diventano l’agente del maligno sulla Terra. Johnny Blaze, giovane motociclista di spettacoli dal circo, nel tentativo di salvare la vita del padre, malato terminale, firma un contratto con Mefistofele; dopo anni successivi passati a sfidare la morte con numeri sempre più pericolosi, il satanasso, impegnato in una piccola faida familiare, richiede che il contratto sia onorato. E Blaze si vede trasformare al calar del sole in uno scheletro infuocato di pelle vestito e dalla moto indemoniata, impegnato a combattere il giovane diavolo Blackheart e a recuperare un carico di anime disperso in un villaggio western.
E se la situazione non fosse abbastanza ingarbugliata, ecco ritornare nella vita di Blaze, Roxanne, amore adolescenziale, diventato una sensuale giornalista televisiva.
Ghost, com’è conosciuto in Italia, è un personaggio che ha avuto diverse incarnazioni negli anni, ma nessuno dei team creativi avvicendatisi sulle serie, è mai riuscito a produrre qualcosa che andasse al di là del puro intrattenimento, sempre a cavallo tra il fumetto di supereroi e quello horror., Ma la sua immagine così graficamente caratterizzata ha da sempre affascinato il signor Nicola Coppola, lettore di fumetti Marvel fin dall’infanzia, che proprio ispirandosi ad uno di essi aveva adottato il nome d’arte di Nicolas Cage. E se in passato altri tentativi dell’attore di portare sullo schermo eroi di carta erano naufragati (primo tra tutti il progetto Superman lives con Tim Burton), questa volta la caparbietà nel voler trasporre in pellicola le avventure del motociclista demoniaco, la cui testa porta tatuata sul corpo, ha pagato.
Buttato alle ortiche un precedente progetto di adattamento a firma della coppia David Goyer e Stephen Norrington, già artefici insieme del primo Blade, ritenuta troppo orrorifica dai produttori e quindi poco adatta al pubblico adolescenziale target dell’operazione, lo studio si è rivolto a Mark Steven Johnson, già autore del mediocre Daredevil ed appassionato di motociclette, oltre che di comics. La sceneggiatura di Johnson è un minestrone in cui confluiscono non solo parti delle diverse incarnazioni su carta del personaggio, ma anche influenze del western o degli spettacoli da stunt-man di Evel Knievel. E come da mandato dello studio, stempera l’atmosfera horror con un tentativo di ironia sopra le righe, cercando una malriuscita riproposizione di alcune atmosfere de Un lupo mannaro americano a Londra del ben più talentuoso Landis. Il risultato è un baraccone un po’ tamarro, come le feste di paese di inizio pellicola, che però riesce a sfruttare a dovere il suo impianto spettacolare (ottimo sonoro, montaggio e particolarmente gradevole la fotografia saturatissima di Russel Boyd). Particolarmente pacchiano poi il ritratto dei cattivi, un gruppo di diavoli capitanati da un Wes Bentley, ingiustamente scomparso dopo il successo di American Beauty, ma costretto qui in un personaggio ridicolmente sopra le righe, sopratutto nel finale in stile western. Ad osare ancora di più è però lo stesso Cage, che nel vano tentativo di rendere Johnny Blaze più interessante, aggiunge alla caratterizzazione del personaggio inutili bizzarrie e espressioni che variano dal cerebroleso allo schizoide sotto anfetamine. La recitazione della sua versione teschio fiammeggiante al confronto è molto più misurata e convincente. E non riesce a sollevare il livello della pellicola, la mefistofelica prova di Peter Fonda, già Capitan America in un film di motociclisti di altro spessore.