l'Età dell'innocenza

Assecondare la bellezza col movimento
di Adriano Ercolani

 
  Age of innocence, Usa, 1993
di Martin Scorsese, con Daniel Day-Lewis, Michelle Pfeiffer, Winona Ryder, Geraldine Chaplin


Pensate ad un film di Ivory. E poi scordatevelo.
Nel "placido mare" delle pellicole in costume degli anni '90, L'Età dell'Innocenza si presenta come un uragano: Scorsese, al suo meglio, non soltanto fa'cinema con scenografie, costumi, e una buona sceneggiatura, ma travolge tutto e tutti con una regia melodrammatica, folgorante, insomma un progetto di film che vuole ostentare fino al manierismo. Pensate, anche la voce fuori campo è più austera e perentoria del solito. Quello che ci resta in mente alla fine non è la storia, ma le dissolvenze, le iridi che si aprono, le lunghe e devastanti carrellate ad inquadrare soltanto quadri, mobili antichi, abiti pregiati, sontuose tavole imbandite. Il primo quarto d'ora del film è veramente qualcosa di mai visto per un'opera del genere; nella scena d'apertura a teatro la mdp sembra un fantasma che vola per la sala senza sosta; le soggettive degli spettatori che osservano con i binocoli sono a scatti nervosi, non fluide come il solito schema vorrebbe: Scorsese, che vuole imporre cinema dappertutto, rende sinfonica una scena che da tutti gli altri sarebbe stata rappresentata in maniera il più sobria e naturalistica possibile. Poi si corre tutti al grande ballo, ed allora l'immagine esplode e diventa veramente barocca: partiamo con il solito carrello che segue in piano-sequenza Daniel Day-Lewis attraverso i magnifici corridoi, ma stavolta si ferma addirittura ad ammirare ogni tanto quadri, tavolini intarsiati, poltroncine in oro zecchino. Il valzer diventa un giro sull'otto volante, ma d'altronde tutto il film sarà una danza, una coreografia di volti, di corpi, di immagini che volteggiano. Come riuscire a spiegare bene cos'è L'Età dell'Innocenza? L'operazione, in fondo, non è lontana da quella che Kubrick ha compiuto con Barry Lyndon: se quest'ultimo aveva voluto comporre magnifici affreschi, con attori immobili come modelli e immagini fisse come quadri, Scorsese asseconda tutta l'ostentata bellezza con il movimento.
Il vortice di immagini e suoni che ne è scaturito è a nostro avviso il massimo punto raggiunto dall'autore a livello visivo.