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Barry Lyndon
id., Gb, 1975
di Stanley Kubrick, con Ryan O'Neal, Marisa Berenson, Patrick Magee, Hardy Krüger

Doppia visione
recensione di Debora Fioretti e Ludovico Cosmo



Tra ragione e passione
di Debora Fioretti

Dialettica tra ragione e passione. E' il punto focale di Barry Lyndon.
Il duello tra Redmond Barry e il capitano inglese Quin è un'anticipazione della scalata sociale del protagonista annunciata nella prima parte.
Il giovane, innamorato di sua cugina Nora, ha offeso pubblicamente il capitano, al quale la ragazza è promessa e il duello rappresenta un primo punto di cesura con l'esperienza che Redmond ha vissuto fino ad ora in Irlanda.
Il dettaglio delle armi apre la sequenza, lo zoom all'indietro svela lentamente la scena nella sua interezza: i duellanti, i compari e lo sfondo naturale illuminato.
Prima dello scontro armato il giovane e il capitano si pongono l'uno di fronte all'altro in un classico campo/controcampo.
La Mezzafigura di Quin si contrappone al Piano Americano di Redmond; il Primo Piano del capitano inglese all'ulteriore Piano americano del giovane irlandese.
La differenza scalare dei piani dei duellanti costituisce una prima valutazione sul personaggio principale. Il corpo del giovane diviene il simbolo dell'imminente scalata sociale e del suo desiderio di affermazione, il volto del capitano invece, è solo il pallido specchio del suo timore di fronte a tanta sfrontatezza e determinazione.
Le parole che Redmond pronuncia fuori campo ("Non sono pentito e non chiedo affatto scusa"), si leggono come una sentenza di morte sul volto, trasfigurato dal terrore, di Quin.
Letto alla luce di tutto il film, il frammento allude però anche all'inevitabile caduta del personaggio: il suo corpo, immagine della forza e della passione, contrapposto al volto del capitano, si rivelerà in tutta la sua infondatezza. Il duello è già pianificato e prevede l'allontanamento di Redmond dall'Irlanda; la predominanza del suo corpo si svuota alla luce di queste rivelazioni e la passione del personaggio si trasformerà, evento dopo evento, nel razionale calcolo della scalata sociale.
Rimangono i cardini di un conflitto irrisolto e sempre attuale nel cammino dell'uomo. Se la realtà del duello è falsificata, anche il corpo e le parole di sfida di Redmond si svuotano di consistenza e annunciano la sua vacuità personale.


Il Bello ed il Sublime
di Ludovico Cosmo

Barry procede adagio accompagnato da un lento carrello verso destra, dove, di spalle, lo attende silenziosa e in posa la contessa di Lyndon. I loro movimenti sono gessati, insistentemente lenti, in perfetta sintonia con la musica, calati in un'atmosfera oscura, profonda. Si baciano, accarezzati dalle note limpide del violino, ed il bagliore della luna sembra ritrarre due marionette di cera assorbite in una trance ipnotica. Il magnetismo cupo ed intenso della seduzione, che aveva avuto il suo avvio al tavolo da gioco con uno scambio di sguardi scandito in sei primi piani avvolti dalla luce voluttuosa delle candele, scaturisce dal contrasto con le scene di una luminosità malinconica nei giardini settecenteschi che la precedono e la seguono.
Il Trio di Schubert per violino, violoncello e piano, Opera 100 stabilisce con il suo gioco di ripetizioni, oscillazioni, simmetrie e variazioni l'unità spazio-temporale della sequenza costituendone quindi più che un semplice commento.
Essa conduce il dialogo tra due categorie: il Bello ed il Sublime, ravviva la relazione tra il giorno e la notte; la solarità e le tenebre; effettua una ambiziosa sintesi tra languida armonia e fascinoso maleficio.
Lo sdoppiamento tematico riecheggia a livello figurativo per tutto il film intriso da luoghi scenici in cui blocchi oppressivi di ombre sono addolciti dalle candele che li circondano, uniche abbondanti fonti luminose.
Dopo il bacio, uno stacco ci guida di nuovo nel giardino. Un altro carrello laterale segue uno zoom e accompagna Barry e la gentildonna. La sottigliezza del pianoforte e la sorda passionalità del violoncello vibrano maestose per poi scomparire delicatamente.