il Bacio dell'orso
Tutti i numeri del circo di Bodrov
di Esteban Lola


Venezia 59 - 2002

Presenze russe a Venezia
  Bear's Kiss
di Sergei Bodrov, con Sergei Bodrov Jr, Rebecka Liljeberg, Silvio Orlando, Joachim Krol, Keith Allen

Due anime erranti costrette a salire su una giostra. Quando uno di loro scende, l'altro sale. Konchalovsky, che dopo aver iniziato in patria scelse precocemente l'America, già da tempo è tornato a fare cinema in Russia, come certamente ricorderà chi ha visto l'interessante Asja e la gallina dalle uova d'oro; opposta la traiettoria di Bodrov, che nel 1996 aveva realizzato uno dei film più belli della storia recente del cinema russo, Il prigioniero del Caucaso. Da allora il regista ha scelto di separare temporaneamente il proprio destino da quello del paese che con tanta forza aveva saputo rappresentare. Per lui tanti progetti internazionali, la cui riuscita solo in parte può dirsi soddisfacente. Prendendo in considerazione soltanto le regie, e non le sceneggiature scritte per altri, Bodrov è prima passato attraverso una parentesi animalista dirigendo Running Free (Lucky, re del deserto) sotto la guida di Jean-Jacques Annaud, produttore e sceneggiatore del film. Successivamente è arrivato un po' in sordina The Quickie (Decisione rapida): un nuovo russo pieno di soldi, malavitoso eccentrico e malinconico, aspetta l'inevitabile regolamento di conti con un clan rivale nella sua residenza americana, una villa magnifica nei pressi di Hollywood, ingannando l'attesa in compagnia di parassiti, traditori e qualche raro amico. Un plot piuttosto intrigante, ancorato ad un'ambientazione insolita e ricca di implicazioni metaforiche, riesce in parte a sorreggere un film dove forse c'è troppa carne al fuoco e non tutti i rapporti tra i personaggi sono risolti adeguatamente.
In ogni caso, come vedremo meglio parlando di Bear's kiss, Bodrov continua a tenere sullo sfondo la sua terra d'origine, tentando con passo incerto e improvvise illuminazioni la strada di un cinema cosmopolita.
Il compito di affrontare a muso duro la Russia di oggi, per una sorta di ideale passaggio dal testimone, sembra piovuto sulle spalle robuste del figlio Sergei Bodrov Jr: notevoli le sue interpretazioni del giovane killer Danila Bagrov in Brat e Brat 2 di Aleksei Balabanov, così come notevole è stato il suo esordio alla regia, avvenuto peraltro con un film scritto dal padre, Syostry (Sisters). Ma vivere da russo oggi può essere molto pericoloso, non solo nella fiction. Per una tragica ironia il ragazzo che interpretò Il prigioniero del Caucaso è rimasto vittima con la sua troupe della catastrofe che in settembre ha colpito il Monte Kazbek in Ossezia, nel nord della regione caucasica. Di fronte ad un altro fatto drammatico, confinato però nell’universo cinematografico, uno dei personaggi di Nobel reclamava per la vittima “una morte metaforica”. Ma già nel film di Carpi un’altra voce commentava più sobriamente: “La morte non è mai metaforica”. Anche per noi è più saggio attenersi ai fatti, che in questo caso sono veramente terrificanti: abbiamo appreso con orrore di quella valanga di ghiaccio e detriti che ha spazzato via la gola di Karmadon, causando presumibilmente più di cento vittime, tra abitanti del luogo e gente di passaggio. Passava di lì anche il regista ed attore russo, che con i componenti della sua troupe risulta ufficialmente tra i dispersi. Tuttavia la speranza di trovare ancora dei sopravvissuti, dopo gli ultimi tentativi compiuti dalle squadre di soccorso in un tunnel rimasto per lungo tempo isolato, è praticamente azzerata. Senza celare la nostra grande angoscia per quanto accaduto al giovane artista russo, di cui avevamo seguito con profonda ammirazione gli esordi, torniamo su argomenti strettamente cinematografici: rimane da commentare l’operato della famiglia Bodrov, padre e figlio, in Bear’s kiss.
Riguardo a quanto ci è stato detto della partecipazione al progetto di un grosso calibro come Terrence Malick, riteniamo sia giusto soprassedere, in mancanza di ulteriori elementi e di indizi che chiariscano il reale apporto alla sceneggiatura del grande regista americano.
Ci sembra una saggia precauzione, considerando che le maggiori perplessità sorgono proprio a causa della struttura esile di un racconto, in cui i personaggi finiscono col perdersi facilmente. Non condividiamo tuttavia la totale disapprovazione esibita dalla maggior parte del pubblico veneziano di fronte al film: la classe di Bodrov, per quanto in versione indebolita, produce un flusso discontinuo di situazioni scialbe ed immagini fortemente evocative, così come le scene girate nel circo a volte risultano affascinanti e a volte noiose.
Complessivamente il film soffre della pretesa di raccontare in un tempo relativamente breve una serie di incontri e di eventi collocati in città ed ambienti diversi, di cui non sempre si è saputo cogliere l'essenza, un materiale narrativo la cui potenziale ricchezza avrebbe meritato uno sguardo più attento e partecipe.
Tra le cose belle poniamo sicuramente l'incontro tra la ragazza e l'orso, e lo strano rapporto che ne deriva. L'orso Misha, oltre alla sua ovvia importanza nella storia, ha una valenza simbolica non trascurabile, costituendo per vari motivi un ponte sospeso tra la logica errante del cinema più recente dell'autore, e le sue radici più autentiche. E' in definitiva un essere spaesato quanto il regista stesso. Il cucciolo, strappato alla sua foresta, finisce presto in un circo; non è troppo diverso quello che è capitato a Bodrov, nato anche lui in Siberia orientale, a Khabarovsk, e finito a girovagare coi carrozzoni di una produzione internazionale.
La solennità espressa nei numerosi flashback, con l'aiuto delle sonorità magiche e rarefatte create da Gia Kancheli, ci riporta di continuo alla breve permanenza del cucciolo presso una tribù di cacciatori siberiani, ancora dediti a ritualità sciamaniche.
La Russia come antefatto mitico, la Russia in cui rientrare dalla porta di servizio, magari attraversando con irrisoria facilità un posto di controllo al confine, come avviene poco prima dell'epilogo.
Ma nel lungo viaggio del circo attraverso l'Europa Bodrov padre affida l'immagine della nazione slava ad un rappresentante molto particolare, e a lui particolarmente vicino. Sergei Bodrov Jr è la Russia. Sergei Bodrov Jr è l'orso.
A quanto pare ai riti sciamanici dei cacciatori siberiani non si assiste mai impunemente. Il cucciolo, affidato alle cure amorevoli di Lola, ragazza cresciuta nel circo, diviene adulto attraversando la Svezia, la Germania, la Spagna... Ma soprattutto diviene uomo! Tramite continue metamorfosi, la creatura passa spesso dalla forma animale alla forma umana, ma l'amore della bella acrobata non viene mai meno. Ad interpretare Lola è la grande rivelazione del film, la deliziosa Rebecka Liljeberg, che già aveva colpito la nostra attenzione in Fucking Åmål. Dotata di una grazia leggera nelle scene circensi, Rebecka non sfigura certo nei romantici incontri con l'imbronciato Sergei Bodrov Jr , ragazzotto dai modi bruschi e dal sorriso tenero, un po' orsacchiotto anche quando è umano.
Quando loro due sono in scena Bodrov padre riesce a creare quell'atmosfera sognante e delicata che solo a tratti contagia le vite e le esibizioni degli altri artisti girovaghi.
Destinati ad agitarsi senza convinzione sotto i riflettori come nel privato, compaiono personaggi tratteggiati con una certa approssimazione, quasi mai incisivi o capaci di suscitare emozioni significative.
Negli anfratti di una sceneggiatura non sufficientemente robusta Bodrov ha voluto infilare troppi scenari, troppe lingue diverse, troppi attori di cui si potevano sfruttare meglio le potenzialità. Silvio Orlando e Maurizio Donadoni sono lasciati a gironzolare tra i carrozzoni del circo blaterando qualche frase di circostanza in italiano.
La bella attrice spagnola Ariadna Gil, una Carmen che avremmo voluto capire meglio, esce di scena prematuramente.
I cambiamenti di carattere del clown Groppo (Joachim Krol), e del dispotico Lou (Keith Allen) rischiano di apparire enigmatici per la frettolosa indagine avviata sulla loro condotta.
Gli sciamani, Misha orso, Misha ragazzo, e la graziosa Rebecka, tutte figure a noi più care, non sempre giungono in tempo a ravvivare la festa, che si accende e si spegne più o meno nel mondo in cui la natura umana di Misha appare e scompare.