Peter Jackson

Breve storia di un nerd mancato
di Stefano Finesi

 
 
Mrs Joan Jackson deve aver mostrato più di una preoccupazione per il suo unico figlio, nato ad Halloween nel 1961 e cresciuto nella placida Pukerua Bay, in Nuova Zelanda. Schivo e tranquillo, alla modesta età di otto anni il piccolo Peter si impossessa della cinepresa super8 dei genitori, rimanendone folgorato: si mette subito a dirigere nonni e zii nelle riunioni di famiglia, organizza con tre amici un film sulla seconda guerra mondiale girato in una buca scavata in giardino. Il fuoco dei fucili (il suo primo effetto speciale) lo ottiene bucando la pellicola. Non contento di dover dipendere dagli altri, Peter si dedica quindi all’animazione a passo uno, cominciando a costruirsi mostri di plastilina: i risultati sono sorprendenti, ma il bambino che spende il proprio tempo libero in un garage ad assemblare pupazzi è destinato probabilmente a diventare un nerd di grande spessore.
Così succede, e, con grande rammarico della madre, Peter a 20 anni lascia gli studi e trova lavoro come litografo al The Evening Post, un quotidiano di Wellington: l’obiettivo, va da sé, è racimolare i soldi per una cinepresa più professionale, una Bolex 16mm che diventa subito la sua compagna di giochi preferita. Quando Mrs Joan si ritrova a non poter cucinare perché il figlio sta cocendo in forno una testa di alieno in lattice, la situazione sembra farsi disperata: quello che la madre non sa è che Peter sta creando il suo primo capolavoro, un kolossal dell’home-made movie destinato a renderlo famoso. Girato in quattro anni con il sostegno di un gruppo di amici, Bad Taste arriverà infatti fino a Cannes, trasformandosi in un caso internazionale: Jackson gira senza una lira, ma grazie a una sorprendente dedizione si costruisce a mano ogni attrezzatura (un dolly, una gru, una steadycam!), cura e mette insieme personalmente ogni effetto speciale e, quando c’è da far esplodere una casa, costruisce una vera casa dal nulla e la fa esplodere. Il risultato è il più professionale pensabile del film più amatoriale girabile, che entusiasma gli spettatori. Oltre a questo, ovviamente, dentro Bad Taste c’è già tutto Peter Jackson: il gore alle estreme conseguenze, l’ironia sferzante, un senso del ritmo e dell’inquadratura che già rendono l’idea del talento poderoso del giovane regista.
Già durante la lavorazione del film, Peter ha incontrato Frances Walsh e Stephen Sinclair, con cui inizia a scrivere uno zombie-movie, necessaria e coerentissima seconda prova: terminato il tour trionfale di Bad Taste, si aspetta di ricevere i soldi per produrlo dalla New Zealand Film Commission, ma il copione di quello che sarà definito come il film più splatter mai realizzato non alletta più di tanto il comitato nazionale… Come gli era successo già da bambino, Jackson si rifugia nei pupazzi e gira, con la sua WingNut Films, Meet the Feebles, scatenata parodia del Muppet Show in cui i pupazzi scopano, si drogano e via dicendo. Ancora una volta, il film fa il giro dei festival internazionali, diventando un cult e, malgrado la riluttanza delle distribuzioni ufficiali, permettendo al suo regista di trovare i fondi per l’agognato Braindead (titolo italiano: Splatters - Gli schizzacervelli…): il film consacra il genio ironico e sanguinario del Nostro e mentre i fan club spuntano in ogni angolo del pianeta, si aprono stavolta anche le strade del mercato internazionale. È dopo questo film che arriva infatti il primo contatto americano, con la proposta della New Line Cinema di scrivere lo script del sesto capitolo della saga Nightmare: Jackson ce la mette tutta, ma probabilmente proprio per questo il copione viene cestinato.
La svolta arriva nel 1994 con Heavenly Creatures (Creature del cielo), scritto a quattro mani con la fida Frances Walsh: pur senza rinunciare ai suoi marchi di fabbrica (l’attacco alla famiglia borghese, la violenza, l’esasperazione stilistica), con la storia di due ragazze degli anni ’50 morbosamente legate fino all’omicidio Jackson sorprende il mondo, dimostrando ai più scettici la sua caratura di autore. Il film vince il Leone d’Argento a Venezia e il Nostro viene nominato agli Oscar come sceneggiatore, fatto che gli schiude definitivamente le porte di Hollywood: dopo la breve vacanza di Forgotten Silver, falso e geniale documentario su un falso pioniere neozelandese del cinema, Colin McKenzie, con cui prende in giro milioni di connazionali, Peter è arruolato dalla banda di Bob Zemeckis per The Frighteners (Sospesi nel tempo, 1996), protagonista un redivivo Michael J. Fox. Il film è un gioiello, ma è troppo raffinato per il mercato americano e troppo contenuto per i fan del Jackson più sanguinolento. Il Nostro ha imparato comunque a maneggiare grossi budget ed è pronto per il grande salto.
Dopo un progetto sull’ennesima versione di King Kong (cult giovanile assoluto di Peter), arriva quello su una mastodontica riduzione de Il Signore degli Anelli di Tolkien, best seller epocale che conta già cinquanta milioni di lettori nel mondo: Jackson ci lavora un anno con la Miramax, che abbandona il film, e finisce per riparare presso la New Line, la sua prima sponda americana. L’annuncio nel ‘98 della realizzazione di ben tre film, da girare consecutivamente con un budget astronomico di 300 milioni di dollari, crea da subito un’attesa spasmodica per quello che diventerà il (i) film dei record: record produttivi, record di effetti speciali e, a coronamento del tutto, record di incassi. Il resto è storia del cinema (e dei botteghini), l’importante è che ora Mrs Joan Jackson sia più tranquilla: non trova più teste d’alieno nel forno. Un po’ ce ne dispiace.