eXistenZ

La nemesi della carne
di Stefano Finesi

 
  id., Canada / GB / Francia, 1999
di David Cronenberg, con Jude Law, Jennifer Jason Leigh, Willem Dafoe, Ian Holm

Dove sono i nostri corpi reali? Staranno bene? Se avessero fame, se fossero in pericolo?”. I corpi, nel cinema di Cronenberg, non rischiano mai di essere dimenticati. Attraversati, contaminati, lacerati, ribadiscono continuamente il dramma della loro presenza e della loro dolorosa necessità. La preoccupazione di Ted Pikul, caduto nel vortice virtuale di eXistenZ, non fa che confermarlo: ogni corpo rimosso deve tornare a farsi sentire, prima o poi.

Rompi la tua gabbia
E’ raro fare i conti con le proprie ossessioni in modo così esatto. Con eXistenZ Cronenberg costruisce meticolosamente un vademecum del suo cinema, ne ricapitola con divertita lucidità contenuti e stilemi. L’approdo alla realtà virtuale suona come momento necessario di una poetica in cui il corpo, la tecnologia e gli orizzonti della percezione sono oggetti ricorrenti e non è un caso che Cronenberg torni in questi termini alla sceneggiatura originale, dopo quasi vent’anni di adattamenti: l’ultimo film scritto, nel 1982, è proprio Videodrome di cui eXistenZ (anche per recuperi sparsi, come la pistola “organica”) rappresenta l’aggiornamento cibernetico, il rilancio in una prospettiva più vertiginosa di quella dialettica tra presenza e rimozione del corpo che rimane il punto di fuga di tutto il cinema del regista canadese.
Il corpo è appunto il luogo in cui carne e tecnologia infrangono i rispettivi confini e la prima viene destinata all’attraversamento, all’innesto e all’irrimediabile mutazione: un’odissea, in bilico tra dolore e piacere, che la maggior parte delle volte ha come sbocco naturale la dissoluzione. La verginità di Ted, apparentemente ingenuo “conservatore” del proprio corpo, è fatta saltare da Allegra Geller che gli fa aprire, per poter accedere a "eXistenZ", una bioporta nella schiena. La nuova tecnologia non è più fredda e metallica ma quasi biologica, viva e quindi più profondamente innestata sulle persone, di cui diventa prosecuzione organica: il pod che permette il gioco è in “metaflesh”, assemblato cioè con carne di animali mutanti, ed è alimentato dall’energia del corpo del giocatore attraverso una sorta di cordone ombelicale che penetra nella colonna vertebrale. Il pedaggio da pagare per rompere la propria gabbia corporea, per “uscire dal più piccolo spazio possibile” che la nostra solida collocazione fisica ci impone, è quello di violare l’integrità di questo spazio, trapiantarvi in modo dolorosamente diretto l’appendice tecnologica che permette l’evasione: per liberarsi dal corpo bisogna innanzitutto aprirvi una breccia.

La vendetta della carne
La rimozione del corpo dunque ha la conseguenza paradossale del dolore, ossia della percezione che più lo rende presente. Ma in eXistenZ carne e sangue continuano la loro vendetta popolando il gioco in una parata multiforme e disgustosa di prove fisiche, imposte soprattutto a Ted Pikul (e naturalmente allo spettatore): lo squartamento degli animali mutanti nella fabbrica di pod, la drammatica degustazione degli stessi, il contagio del pod che esplode liberando migliaia di spore; fino, ovviamente, al sesso con Allegra, impensabile nella vita reale, e all’omicidio truculento del cameriere cinese, altre due prove di notevole impatto fisico. La vita virtuale (anche se scopriremo di stare, ricordiamolo, nel gioco nel gioco) restringe le prospettive, accorcia la vista e la spinge a terra, mette a contatto con la sporcizia e con la nuda consistenza delle cose; non si moltiplicano le possibilità esistenziali ma l’attrito fisico del mondo e Cronenberg mostra tutto con il consueto distacco, con immagini dalla superficie lucida e compatta.
Allegra Geller, game-designer inventrice di “eXistenZ” (o quello che scopriremo il suo corrispettivo reale Nourish), aggiorna la figura dello scienziato, del dottore, onnipresente in Cronenberg: il Dr. Keloid (Rabid), il Dr. Raglan (Brood), il Dr. Ruth (Scanners), Seth Brundle (La Mosca), i gemelli Mantle (Inseparabili). Gli uomini di scienza, per mania di grandezza o calcolo economico - poiché la scienza in Cronenberg è sempre connessa all’industria - sono i principali artefici di una razionalità volta a dominare il corpo, al tentativo di ottenerne la completa padronanza o addirittura di archiviarne l’ingombrante fardello. Il trapianto epidermico sperimentale in Rabid o la psicoplasmia di Brood; gli “scanners” che aspirano a conquistare il mondo con l’arma della telepatia, capace di penetrare nei pensieri delle persone oltrepassandone liberamente l’involucro corporale, esplorandone i segreti come se non esistesse nessun confine fisico; Seth Brundle che mette a punto la smaterializzazione del corpo attraverso l’invenzione del teletrasporto; lo stesso Max Renn, in Videodrome, che fa viaggiare i corpi nell’etere con programmi televisivi pornografici.
Dietro l’angolo, però, c’è la caduta. La punizione arriva inesorabile per l’atto di hybris compiuto, la tracotanza dell’eroe tragico che si solleva di troppo oltre la propria condizione di uomo; il dio contro cui si consuma la ribellione è il Dio Meccanico che in eXistenZ invoca Willem Dafoe, il dio costruttore dei corpi che l’uomo vuole trascendere e forzare con puntuti grimaldelli tecnologici. Ma il corpo è sempre lì, pronto a riaffermare con più forza la propria dolorosa presenza. Diventa assassino in Rabid e Brood, arriva a consumarsi in Scanners, ma soprattutto, con La Mosca, conosce il terribile travaglio del degradamento della carne, contaminata con quella di insetto e infine, dopo la fusione con la telecapsula, con la materia stessa.

E’ solo un gioco?
Va bene, il film è solo un gioco; “eXistenZ” è in realtà “tranScendenZ”; Allegra e Ted sarebbero due smaliziati giocatori e così tutti i coprotagonisti. Tra le cine-trappole coeve (pensiamo agli inganni della visione in Fight Club e il Sesto Senso) quella di Cronenberg è la più tradizionale e prevedibile, anche perché al suo autore non interessa granché l’effetto sorpresa. Ma apre altre prospettive inquietanti.
Inizia il gioco per Allegra e Ted (poi svelato in realtà come gioco nel gioco): i due protagonisti si ritrovano in una specie di supermercato della tecnologia, in cui devono prendere contatto con il padrone per conoscere la loro missione. Il market dispone anche di una versione in miniatura dei nuovi pod, quelli dell’ultima generazione, che, come Allegra e Ted si affrettano a sperimentare, si inseriscono interamente nella fessura della schiena. Facciamo i conti: tenendo conto del colpo di scena finale, assistiamo a delle persone che, proiettate dal gioco in una realtà virtuale, immaginano di intraprendere un nuovo gioco con una più aggiornata tecnologia e in questo gioco sognano di utilizzare ancora un’ulteriore versione dello stesso. Nel gioco, poi, Ted e Allegra lavorano alla fabbrica dei pod metaflesh, costruiti con i tessuti e le terminazioni nervose di alcuni animali mutanti da allevamento: questo sarà infatti il teatro della sfida tra “realisti” e “eXistenZialisti”.
Il gioco, insomma, sembra rimandare continuamente a se stesso. Non è strumento creativo di evasione fantastica ma, come gran parte della tecnologia contemporanea, oggetto di una feticistica autoreferenzialità: chi gioca a “eXistenZ” non fa che immaginare proprio “eXistenz”, ne immagina le infinite metamorfosi di strumento virtuale come se a questo non fosse in realtà permesso di veicolare contenuti, bensì unicamente di rimandare a se stesso in quanto mezzo. Se lo “squid” di Strange Days permetteva di parassitare le vite altrui, rivivendone le esperienze, “eXistenZ” dovrebbe chiamare invece a uno sforzo di elaborazione fantastica collettiva (non si può giocare da soli, serve almeno una persona amica, come ripete di continuo Allegra a Ted); il problema è che il giocatore di “eXistenZ” sembra essere incapace di sviluppare liberamente questa interazione virtuale e rimane innanzitutto un comune consumatore aggrappato ossessivamente alla merce in sé, quella che le grandi industrie di giochi gareggiano per imporgli. Una merce che, come precetta ogni marketing che si rispetti, catalizza le più diverse pulsioni, da quella sessuale (Allegra ha un rapporto chiaramente erotico con il suo pod) a quella spirituale (la valenza rituale-iniziatica dell’inaugurazione del gioco all’interno di una chiesa, popolata da pochi adepti; ma per la coloritura religiosa si guardi anche alla stessa “fatwa” su Allegra, ispirata, come sostiene Cronenberg, da quella che perseguita Salman Rushdie).
Quando i due protagonisti si riveleranno come attentatori “realisti” e faranno fuori Nourish, i compagni di gioco rimarranno a guardare in stato catatonico, come se niente stesse succedendo sotto i loro occhi: “eXistenZ” ha portato già a termine su di loro l’anestesia letale che fa sembrare la realtà “così irreale”. Se Allegra aveva vinto il gioco sconfiggendo il realista mascherato Ted, Nourish invece soccombe con il corpo imbottito di pallottole: la nemesi della carne, ancora una volta, è compiuta.