Bernard Herrmann
Genio e intransigenza
di Giuliano Tomassacci

 
  Bernard Herrmann era un Gulliver tra i Lillipuziani della musica da film
Miklós Rózsa

Ad ormai quasi trent’anni dalla sua scomparsa, Bernard Herrmann continua a lambire con inesauribile carisma – lo stesso che lo caratterizzò in vita – l’inarrestabile cammino del cinema contemporaneo. Alla disarmante intransigenza, all’inaddomesticabile severità e all’incorruttibile anticonformismo dell’uomo è infatti sopravvissuto il nettare dell’artista: la sua musica. La capacità del compositore di affrontare con estrema padronanza, efficacia e, soprattutto, personalità i materiali cinematografici più disparati e complessi lo consacrarono figura imprescindibile nella storia del mezzo; la lezione ceduta ai musicisti cinematografici e la riverente, insaziabile attenzione di questi ultimi, in particolare della più recente generazione, nei confronti del linguaggio herrmanniano, bastano da soli a giustificare oggi il musicista statunitense come il più grande genio della musica da film - tutt’ora forse l’unico. Passando per Welles, Hitchcock, Truffaut e Scorsese, Herrmann condusse senza troppi indugi la colonna sonora (tutta, non solo la componente musicale) al suo inevitabile confronto con la modernità, mediando un’incontro sublime.

Cenni biografici
L’artefice di questo svezzamento artistico nasce il 29 Giugno del 1911 a New York da una famiglia di immigrati ebrei sovietici, e, sin da molto piccolo, viene condotto per mano alla musica dal padre Abraham, che lo esorta a studiare il violino. La prima dimostrazione di talento arriva a soli tredici anni, quando il giovane Herrmann vince un premio di composizione; nel frattempo, ha già scoperto il fondamentale Trattato di Orchestrazione di Hector Berlioz, che in seguito il compositore ricorderà come il suo basilare catalizzatore per tutto l’interesse musicale a venire. Gli studi veri e propri iniziano comunque soltanto nel 1927 alla De Witt Clinton High School, sotto la guida di Gustav Heine e al fianco di Jerome Moross (anch’esso sarà strettamente imparentato con la musica da film). Solo due anni dopo, sempre più desideroso di un’educazione maggiormente sfaccettata, si iscrive alle lezioni di composizione e direzione d’orchestra della New York University, lasciando gli insegnamenti di Philip James per quelli di Albert Stoessel. L’anno successivo Herrmann segue Stoessel alla Julliard School, beneficiando anche delle lezioni di Bernand Wagenaar. Parallelamente all’intenso studio, il musicista esercita anche in ambienti extrascolastici, partecipando al Gruppo di Giovani Compositori capitanato da Aaron Copland ed organizzando, nel 1931, la New Chamber Orchestra, nella quale coinvolge musicisti come Purcell ed Elgar. L’ensemble si esibisce in locali newyorkesi e presso la Library of Congress, interpretando, oltre a lavori dello stesso Herrmann, brani poco noti di compositori allora prevalentemente sconosciuti come Bennett, Ives e Milhaud. Questa predisposizione per realtà musicali poco frequentate ed artisti altrettanto ignorati si insinuerà, da questo periodo in avanti, come principale motivo d’interesse musicale per il futuro cineasta; interesse maggiormente invigorito dalle lezioni di composizione e orchestrazione tenute da Percy Grainger, a cui Herrmann partecipa con fervore presso la New York University, dove torna per il biennio ’32-’33, avendo considerato con molta probabilità l’insegnamento della Julliard troppo conservativo.Nel frattempo alcuni suoi balletti composti per il musical Americana vengono messi in scena sui palchi di Broadway. Il 1934 è un anno di svolta fondamentale: Herrmann approda alle stazioni radiofoniche della CBS come assistente di Johnny Green; vi rimarrà fino al 1940. In questa sede il compositore provvede inizialmente alla messa in onda di programmi musicali personalmente compilati sulla base delle solite, particolarissime preferenze: alla guida della CBS Symphony Orchestra il musicista propone, tra gli altri, inediti di Costant Lambert, Frederick Delius e Arnold Bax. L’attività radiofonica si concretizza nel ’37 con l’incarico di comporre musiche incidentali per i settantacinque episodi della serie Columbia Workshop, seguita da The Mercury Theater on the air e The Campbell Playhouse. E’ in questa occasione che il compositore conosce e collabora con Orson Welles, dal quale viene anche coinvolto nella ormai famosa trasmissione The War of the Worlds (lo show, ideato ed interpretato da Welles sulla falsariga dell’omonimo classico di H.G.Wells, regalò momenti di panico agli storditi ascoltatori, mirabilmente ingannati riguardo alla presunta invasione di marziani sul territorio cittadino). L’incontro con Welles non tardò a dimostrarsi tappa importantissima per la carriera del musicista quando, proprio su richiesta del primo, Herrmann si trasferisce ad Hollywood per musicare l’esordio registico del giovane e talentuoso collega. Corre l’anno 1941 e Citizen Kane (Quarto Potere, di O.Welles) rappresenta un’ottima iniziazione cine-musicale per l’artista statunitense, notevolissima dimostrazione delle già maturate competenze filmiche e dell’interessante criterio melodico del musicista. Nonostante la produttività e la completezza della prima esperienza comune (il regista coinvolge il compositore sin dalle prime fasi produttive e monta alcune sequenze sulle musiche pre-registrate), la collaborazione con Welles non è destinata a durare: le musiche composte da Herrmann per il secondo lungometraggio dell’amico-regista (The Magnificent Amberson - L’orgoglio degli Amberson, 1942) subiscono l’effetto di un impietoso rimontaggio da parte di un’insicura RKO (lo studio arriva a sostituire alcuni brani con musiche di Roy Webb ed Herrmann ritira il suo nome dai titoli). Ma la forte predisposizione cinematografica di Herrmann è ormai notata dall’industria hollywoodiana e il compositore, assicuratosi un Oscar – l’unico in tutta la carriera – con la sua partitura per All that Money Can Buy (L’oro del Demonio, 1941, di W.Dieterle), accetta un contratto con la 20th Century Fox – che si estenderà per 19 anni – ed una preziosa amicizia con l’allora direttore della sezione musicale Alfred Newman (amicizia coronata nel 1954 con la collaborazione per le musiche di The Egyptian - Sinuhe l’Egiziano di Curtiz).
Nel 1955, anno in cui la partecipazione massiccia alla Fox comincia a diradarsi, Herrmann accetta la convocazione di Alfred Hitchcock per il suo The Trouble with Harry (La congiura degli Innocenti). Questa prima collaborazione apre una pagina importantissima della storia del cinema, a cui faranno seguito molte altre man mano che il sodalizio tra i due crescerà arrivando ai picchi irraggiungibili di Vertigo (La Donna che visse due volte, 1958), North by Northwest (Intrigo Internazionale, 1959) e Psycho (1960), delineando un’alleanza compositore-regista con ben pochi precedenti. Entrambi dotati di personalità forti e decise, accomunati da una nobilissima concezione cinematografica e da una sostanziale passione per l’Inghilterra (Hitchcock originario, Herrmann anglofilo da sempre) i due artisti sembrano trovarsi più che incontrarsi, l’uno la risposta agli inappagabili bisogni professionali dell’altro (ironia della sorte, il regista aveva già richiesto il musicista per il suo Spellbound - Io ti salverò, ma impossibilitato ad averlo a causa di precedenti impegni di quest’ultimo si affidò alle sicure mani di Rózsa). L’esclusiva componente musicale herrmanniana invade il materiale hitchcockiano per sette film effettivi (ed eventuali incursioni nelle serie Alfred Hitchcock presents e The Alfred Hitchcock Hour), nell’arco di un intenso decennio lavorativo, caratterizzandolo e approfondendolo in maniera fondamentale. L’alchimia comincia ad indebolirsi durante la post-produzione di Marnie (1964) svanendo definitivamente e bruscamente nel 1965 a seguito dell’insoddisfazione da parte del regista inglese per lo score proposto da Herrmann per Torn Curtain (Il Sipario Strappato, 1966), rifiutato e sostituito con quello di John Addison. A questa motivazione ufficiale si accompagna, soprattutto recentemente, una motivazione ufficiosa che ascrive alla storica rottura una valenza squisitamente ‘autoriale’ da parte di Hitchcock, che avrebbe preferito allontanare le insistenti constatazioni attribuenti buona parte dei meriti della sua opera al contributo di Herrmann (il musicista stesso ammise di essere responsabile del 40% del successo dei film hitchcockiani).Al di fuori delle possibili cause generatrici, rimane il fatto che entrambi i cineasti persero un basilare complemento della loro espressione, ricercandolo con esiti mai altrettanto soddisfacenti durante il resto delle relative filmografie: non è un caso che buona parte dei progetti, soprattutto de palmiani, a cui avrebbe preso parte Herrmann nell’estremo frangente della sua carriera richiamassero palesemente le tematiche hitchcockiane e che le musiche delle ultime pellicole del regista, come ha notato Chabrol, “erano buone soltanto quando imitavano Herrmann”.Il risentimento nei confronti dell’infelice disfatta hitchcockiana non avrebbe comunque offuscato la grande stima del compositore nei confronti del regista; Herrmann, poco prima della morte, esorterà infatti l’amico John Williams, contattato da Hitchcock per le musiche del suo canto del cigno Family Plot (Complotto di Famiglia, 1976), a non sprecare la preziosa occasione di lavorare con un autore di tale statura. A metà degli anni ’60, conclusa con Jason and the Argonauts (Gli Argonauti, 1963, di D.Chaffey) anche l’altra grande collaborazione con il produttore Charles Schneer e il mago della stop-motion Ray Harryhausen legata a pellicole di genere fantasy, Herrmann decide di trasferirsi con la terza moglie Norma Shepherd nell’amata Londra. Il cambiamento operato dalla musica da film e la latitanza di proposte cinematografiche gli permettono di dedicarsi alla composizione concertistica, in realtà mai abbandonata (responsabile di opere come Sinfonietta per Violini, Moby Dick e Wuthering Heights) e alla sempre agognata direzione d’orchestra, salendo sui podi della New York Philharmonic, della Hallé Orchestra e della BBC Symphony. Con l’inizio del nuovo decennio, una nuova generazione di cineasti riscopre e rivaluta il cinema di Hitchcock e di riflesso la musica di Herrmann. La crema di questa rampante cinematografia invoca l’apporto del musicista alle proprie immagini ed il compositore concede il suo contributo alla nouvelle vague di Truffaut, al new horror di Larry Cohen e alla new Hollywood di De Palma e Scorsese. Per quest’ultimo musica, fino agli ultimi giorni della sua vita, Taxi Driver, riuscendo a completarlo sotto sorveglianza medica. Muore nel sonno, poche ore dopo l’ultima sessione di registrazione, il 24 Dicembre del 1975. Scorsese gli dedica il film. Temperamento difficile, ostinato e perseverante, spesso intrattabile, innamorato del cinema ma non del suo ambiente e dei suoi addetti (considerava i produttori degli “ignorantoni musicali” e asseriva che se lasciata al gusto dei registi la musica sarebbe stata “orribile”) Bernard Herrmann esigeva il massimo controllo sui propri film, dedicandosi personalmente all’orchestrazione, alla direzione (solo nel caso di Vertigo, a causa di uno sciopero dei musicisti americani, fu costretto a lasciare la bacchetta a Muir Mathieson, la cui direzione definì comunque al di sotto della media) e alle volte persino alla scelta degli interventi musicali. L’unione di queste componenti lo portarono a concentrarsi su non più di un progetto o due all’anno, e la grandezza dei risultati confermano l’assennatezza del metodo. A fine carriera aveva ritenuto degni del suo trattamento circa sessanta film, ma sarebbe giusto moltiplicare tale cifra per le infinite citazioni, imitazioni e ispirazioni di cui è tutt’ora oggetto da parte dell’intera comunità cinematografica: più che uno stile, un vero e proprio verbo.

Opere e forma
Una colonna sonora vivrà più a lungo di qualunque altra forma di musica
B.Herrmann

Attribuendo ad Herrmann l’appellativo di genio è indubbia, come per ogni altro maestro elogiato da un tale aggettivo, l’intrinseca accezione del termine che solitamente associa all’illuminazione artistica l’asprezza di carattere, ed è probabilmente innegabile, come è stato giustamente notato, che la complessità e la particolarità della musica herrmanniana rifletta la complessità e la particolarità del compositore stesso. Aspra, intrigante ed intrigata, vigorosa e spesso convulsa, efficace ma non di rado epidermicamente difficile, la caratteristica forma del musicista americano ha incessantemente aspirato all’attivismo narrativo piuttosto che alla mera passività descrittiva a cui, fin troppo frequentemente, la musica extradiegetica dell’epoca d’oro era relegata. Descrivendola con le parole di Alan Silvestri, “la musica di Herrmann ha sempre avuto una grande presenza, senza essere mai timida, timorosa o nascosta dietro l’angolo”. Piuttosto che assecondare gli sviluppi dell’intreccio o accompagnare parallelamente i personaggi alle loro sorti, l’intervento del compositore nasce dall’interno delle tensioni umane dei protagonisti e, avvicinandosi allo schermo, ne assorbe le ossessioni, le fobie e i disagi (sin dagli esordi Herrmann si è trovato a trattare con personaggi ossessionati e problematici, dal Charles Foster Kane di Welles al Travis Bickle di Scorsese passando per il Norman Bates di Hitchcock) restituendoli nella compiutezza della sua sintesi melodica. Solitamente, questo iter compositivo è già completo dalle prime mosse del discorso filmico, così che l’apporto herrmanniano, denso e stratificato, comunica sin dalle prime battute l’essenza del racconto. I titoli di testa di Vertigo rappresentano un perfetto esempio di questo procedimento espressivo, con l’incursione nell’occhio della protagonista e i successivi motivi grafici di Saul Bass esasperati dall’opprimente circolarità musicale della partitura: l’idealizzazione della vertigine che investirà, fisicamente e mentalmente, lo sfortunato protagonista. La sequenza è inoltre emblematica dell’inconfondibile scrittura di Herrmann. Poco incline all’utilizzo leit-motivico, il compositore opta solitamente per piccole unità melodiche, brevissime cellule musicali continuamente reiterate e impercettibilmente modificate che, sospese tra incessanti slittamenti da accordi maggiori a minori, creano un senso di tormentante tensione e irrisolutezza maggiormente amplificato dalla propensione a dissonanze di sapore stravinskiano. Su questo tipico telaio si sviluppano le inconfondibili melodie portanti - caratteristicamente affidate ai bassi registri degli ottoni e alle estreme ottave degli archi – anch’esse schematicamente tratteggiate, ripetute e parzialmente sviluppate ma mai risolte in appoggi tonali, impegnate in una sorta di minimalismo espanso. Agli strumenti già citati si aggiungono di solito, tra i preferiti del compositore, gravi clarinetti e massicce formazioni di corni francesi, anche se è bene evidenziare come tutto il processo d’orchestrazione sia cruciale per l’artista americano. Per Herrmann il colore è vitale e la strategia compositiva è quella di selezionare, in molti casi, singole reparti dell’orchestra nell’intento di conferire al meglio l’ambientazione e lo spirito delle immagini.E’ dettata da questa volontà, quindi, la scelta di cinque organi e l’assenza di violini in Journey to the Center of the Earth (Viaggio al Centro della Terra, 1959, di H.Levin) o l’evidenziazione di dodici arpe per Beneath the 12-Mile Reef (Tempeste sotto i Mari, 1953, di R.D.Webb) e l’imponente assetto percussionistico di King of the Khyber Rifles (La Carica dei Kyber, 1953, di H.King) fino agli assoli di viola d’amore per On Dangerous Ground (Neve Rossa, 1951, di N.Ray), uno dei suoi score preferiti. Limitato ai soli archi invece il superbo score di Psycho, un approccio giustificato dall’intenzione del musicista di rispecchiare musicalmente la monocromaticità del bianco-nero fotografico adottato da Hitchcock. Popolarissima e celebratissima – inizialmente concepita senza nessun accompagnamento, ma tuttavia musicata dal compositore di propria iniziativa e approvata di buon grado dal regista – la famosa scena della doccia fu affidata sul pentagramma all’acuto strillo di violini esasperati alla loro massima estensione: Herrmann, interrogato a proposito, rispose di voler trasmettere semplicemente “terrore”. Sebbene i violini non fossero stati modificati elettronicamente, come all’inizio si pensò, Herrmann non fu affatto avverso all’utilizzo di suoni artificiali: in The Day the Earth stood still (Ultimatum alla Terra, 1951, di R.Wise) definì la natura alinea di Klatoo e del suo automa Gort abbinando una coppia di theremin, un violino, una chitarra e un basso elettrici a quattro apre e altrettanti pianoforti. The Birds (Gli Uccelli, 1963, di Hitchcock) e All that Money can buy offrirono poi al cineasta l’occasione di contribuire personalmente all’aspetto sonoro del mezzo cinematografico al di fuori della colonna musica, e se, infatti, per il primo film Herrmann si limitò alla figura di responsabile degli effetti sonori – sperimentando le possibilità dello strumento meccanico “studio tratonium” per rielaborare i versi dei volatili – per la pellicola di Dieterle toccò livelli avanguardistici di cinema concreto ottenendo particolari risultati musicali intervenendo direttamente sulla pellicola. Per quanto dotato di uno stile personalissimo, non idoneo a tutti i generi cinematografici, Herrmann evitò la classificazione di nicchia risultando competitivo anche su altri fronti, alle volte anche alleggerendo e smussando la sua peculiare grafia. Chiarificatrici, in questo senso, le sentimentali pagine scritte per The Ghost and Mrs. Muir (Il Fantasma e la Signora Muir, 1947, di J.L. Mankiewicz) – altra pellicola prediletta dal compositore – e il ricco romanticismo di Jane Eyre (La Porta Proibita, 1944, di R.Stevenson); non ultimi i famosi motivi d’amore di North by Northwest (il cui tema principale fu modellato dall’autore sulla base dei ritmi andalusi del fandango) e di Marnie (da quest’ultimo fu tratta anche una canzone, interpretata da Nat “King” Cole, su insistenza di Hitchcock nonostante la ritrosia del compositore, riluttante nei confronti di qualsiasi operazione alimentata da scopi commerciali). Forse, la fusione perfetta dei propri stili è stata operata dal musicista nelle entusiasmanti partiture cucite sulle fiabesche avventure harryhauseniane, dalle tonalità orientaleggianti di The 7th Voyage of Sinbad (Il 7° Viaggio di Simbad, 1958, di N.Juran) alle schiette associazioni strumentali per gli Argonauti di Giasone. Il testamento herrmanniano è la dichiarazione di rinnovati stimoli compositivi incentivati da uno sguardo sempre aperto alle contemporaneità musicali: il Pezzo Notturno per Orchestra con Sassofono Alto Obbligato, lo score di Herrmann per Taxi Driver, coniuga l’opprimente andamento orchestrale caro al musicista alle disilluse divagazioni jazzistiche di un predominante sax per accompagnare la discesa agli inferi di un’anima incapace di resistere alla città ottenebrante. L’ultima creazione di Bernard Herrmann lasciava insomma presagire un rinnovato fervore musicale che, purtroppo, rimane oggi soltanto il massimo compimento di un talento incontrastabile.

Discografia relativa
Vertigo, musica diretta da J.McNeely – Varese Sarabande VSD 5600
North by Northwest, Original Score – Rhino Records
Psycho, musica diretta da J.McNeely – Varese Sarabande VSD 5765
Classic Fantasy Film Scores – Cloud Nine Records
Citizen Kane:The Classic Film Scores of Bernard Herrmann – RCA Victor

Premi e riconoscimenti
Academy Award: All That Money Can Buy (1941)
Los Angels Film Critics Association Award: Taxi Driver (1975)