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Dal bullet-time al racer-time.
I fratelli Wachowski, da Matrix in poi, non finiscono
a modo loro di rinnovare e premono il pedale delle CGI cercando di portarle
agli estremi delle loro possibilità. Il risultato è Speed
racer, tratto dall’anime di Tetsuo Yoshida "Go Go
Mach 5", storico cartoon giapponese degli anni ’60
dai tratti rivoluzionari, fatto di distorsioni prospettiche e animazioni
minimali piene di colori primari a campiture piene. Ammantato di buoni
sentimenti di stampo familiare e interludi più o meno giocosi
e ironici, "Speed racer" conquistò da subito il mercato
occidentale e in special modo quello americano, dove il cartone divenne
un vero e proprio mito. Tra i fan, proprio i famosi fratelli: la direzione
presa è tutta visiva; la tecnica, definita racer-time,
permette di creare un ambiente tridimensionale perfettamente riprendibile
a 360° e di avere inoltre i piani di profondità sempre a
fuoco, per dar vita ad un effetto denominato 2D "e mezzo",
a metà tra il due dimensioni dei cartoni animati (dove sfondo
e primo piano sono sempre a fuoco) e il 3D dell’animazione digitale.
Immerso in una fotografia ipersatura basata quasi tutta su colori primari
e vivaci, il mondo iperstilizzato di Speed racer esplode
sullo schermo in un trionfo di linee cinetiche, pattern ultracolorati,
figure geometriche di ogni tipo, dando vita ad un mondo a velocità
massima, risucchiato in un carosello visivo a 1000 all’ora a cui
è impossibile sottrarsi. In questo deflagrare di colori e movimenti, Speed racer riapre la stagione dell’Avant-pop, di cui è già esemplare-capolavoro. Impossibile non lasciarsi trascinare in questa specie di 2001: Odissea nello spazio in versione Pop, tanto da non chiedersi più cosa stia succedendo sullo schermo, travolti dal poutpourri visivo extreme del film. È una proiezione in avanti continua, a cominciare dalle inquadrature (tutte concatenate di modo che i personaggi di primo piano diventino dissolvenza naturale per il cambio scena che avviene sullo sfondo, in un ideale piano sequenza) fino all’ultimo fotogramma (persino i titoli di coda sono psichedelici). In questo senso, Speed racer coglie alla perfezione lo spirito Pop dell’anime e ne porta all’estremo tutte le conseguenze, ogni possibile implicazione visiva. In questo paradiso/inferno dell’Avant-pop impossibile non provare una forte anestetizzazione del sensibile e dell’esperienza. Eppure lo pseudo-psichedelico estremo alla velocità della luce di Speed racer finisce per fare il giro, restituendo al senso il suo giusto valore di rielaborato e non canalizzato e conformato. Se qualcosa manca a Speed racer, è una buona dose di auto-ironia e di lavoro sulla sceneggiatura e sulla recitazione. Piuttosto che valorizzare l’espressionismo e i movimenti sincopati dell’animazione originale, i Wachowski finiscono per smussare all’americana lo spirito retorico/estremo dell’anime, col risultato che il tutto diventa ridicolo, banalmente mieloso e politically correct. Speed Racer si trasforma così nella classica americanata con tanti effetti speciali: tutta la potenziale fertilità guadagnata dal film a livello visivo si perde in una sceneggiatura troppo standard, che mal si sposa con l’estremizzazione deformante e Avant-pop degli ambienti e delle scene di corsa. Eppure, anche solo a lasciarsi trascinare nel vortice visivo di Speed racer, qualcosa ci viene restituito. Il che, in tempi di anestetizzazione dilagante, non è sicuramente molto. Ma non è neanche poco. Go Speed Racer Go! |