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Memoirs of a Geisha, USA, 2005
di Rob Marshall, con Ziyi Zhang, Ken Watanabe, Michelle Yeoh, Gong Li e Koji Yakusho
Se non fosse per alcuni rari, fortunati casi si potrebbe stabile l’esistenza di una relazione inversa tra la buona riuscita di film tratti da romanzi e quella dei romanzi stessi. Memorie di una geisha in questo senso ne è una dimostrazione eloquente, perché da un autentico best seller è stato tratto un film semplicemente incapace di restituire allo spettatore le stesse sensazioni, impressioni ed emozioni del romanzo scritto da Arthur Golden nel 1997.
Memorie di una geisha è la storia della piccola Chiyo, figlia di un umile pescatore, che negli anni precedenti la Seconda Guerra Mondiale, viene allontanata dalla famiglia e venduta ad un okiya di Kyoto, la casa di una geisha, per lavorare come serva, mentre la sorella maggiore Satsu viene costretta a prostituirsi. Chiyo si rifiuta di accettare questa nuova condizione fino a quando un fatto le cambia completamente la vita. Si tratta di un incontro con un uomo che, vedendola molto triste, le offre un gelato, questo semplice gesto basta a darle una forte motivazione, uno scopo, cioè quello di diventare geisha per poter frequentare proprio quell’uomo, il primo ad essersi dimostrato gentile nei suoi confronti. Dopo aver superato svariati impedimenti e difficoltà, grazie alla sua bellezza, intelligenza e motivazione Chiyo otterrà anche più di quanto avesse sperato.
Narrato in prima persona il romanzo permette di instaurare idealmente un rapporto tra autore e lettore, che pagina dopo pagina si ritrova incollato alla storia e avvolto nell’atmosfera descritta con estrema precisione dalle parole della narratrice. <Memorie di una geisha> romanzo, riesce ad affascinare e a far sembrare vicino un mondo lontanissimo nel tempo e nella tradizione senza tradirne l’essenza, <Memorie di una geisha> film, no. Non già perché l’immagine può essere meno evocativa e più freddamente descrittiva di mille parole, quanto per l’incoerenza e la parzialità dell’intera operazione di adattamento. Alcuni tratti della storia infatti sono stati stralciati, altri messi in relazione come in un collage, alcuni particolari inventati e altri riprodotti in modo del tutto identico.
Rob Marshall, già regista di Chicago, alla sua seconda opera sceglie di sintetizzare in modo troppo semplicistico il contesto sociale nel quale si inserisce la storia di una ragazzina che sogna di diventare geisha, cioè un’artista e non una semplice amante. Accenna appena l’incombente decadenza di una certa tradizione orientale, enfatizza come assolutamente positivi gli effetti della contaminazione tra questa cultura e quella occidentale, in particolare quella americana. Applica poi, la stessa approssimazione nella resa dei passi chiave che modellano la vita di Sayuri, a partire dalla sua rivalità e complicità con Hatsumoto e Mameha, due geishe che in modo opposto la aiuteranno a crescere e a raggiungere il proprio obiettivo, per finire con il sentimento, apparentemente impossibile, che la lega al suo amore infantile. L’insieme produce un risultato mediocre, nonostante la presenza delle migliori e più acclamate star di quel cinema asiatico, come Zhang Ziyi e Gong Li, che da anni apprezziamo anche in Occidente, oltre ad un’indiscutibile attenzione alla scenografia e alla fotografia. Un investimento nel complesso considerevole per i produttori, tra cui figura anche Steven Spielberg, eppure chi non avesse ancora sentito parlare di Memorie di una geisha farebbe molto meglio a lasciar stare il cinema e a passare in libreria, spenderebbe più del costo del biglietto, ma dal punto di vista del pubblico sarebbe un investimento migliore. |