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Love actually,
GB, 2003
di Richard Curtis, con Hugh Grant, Liam Neeson, Emma
Thompson.
La commedia romantica, il genere "classico" per eccellenza
del cinema americano, continua ad essere sfruttato commercialmente con
molto successo: Love actually ne è l'ennesima
prova. Il film è l'esordio alla regia dello sceneggiatore di
Quattro matrimoni e un funerale, Notting Hill
e Il diario di Bridget Jones: l'inglese Richard Curtis.
Proprio a lui va il merito di aver dato nuovo vigore alla ricetta, comprendendo
la possibilità di attualizzarla rispondendo alle richieste di
evasione di un certo pubblico. Infatti, attraverso questo codice filmico
il cinema dilata, giustifica e assolutizza la momentanea ubriacatura
amorosa, in cui è lecito agire solo sulla spinta di emozioni,
favorendo l'identificazione dello spettatore con i personaggi.
La grande abilità di Curtis nel confezionare i suoi prodotti
sta nel saper commistionare realtà e finzione nelle giuste dosi,
così come accade nei sogni e nelle fiabe. In questo caso ha forse
tirato un po' troppo la corda della finzione unendo due elementi dal
sapore simile: il Natale e l'incontro amoroso, generando un leggero
cortocircuito di buoni sentimenti. L'affollato girotondo di personaggi,
sono circa venti i co-protagonisti, propone molteplici variazioni sul
tema e riesce, nonostante tutto, a non annoiare. Il merito è
dell'acutezza e del sarcasmo (humor nero tipicamente britannico) che,
al momento giusto, rompono l'inevitabile banalità dei sentimenti
umani, siano pure quelli dovuti alla perdita di una persona cara. E'
esilarante la citazione delle molestie alla stagista che motivano un
raffreddamento dei rapporti anglo-americani (una vera prova d'amore!);
anche se l'intento comico di mostrare il nuovo Primo Ministro in tutta
la sua umanità è francamente un po' banale.
La pellicola mantiene sostanzialmente inalterati quei parametri già
ampiamente collaudati nei precedenti successi. I personaggi rispecchiano
tutte le attese: il tenero imbranato, lo sfigato, la timida, la donna
fatale, la rockstar impertinente ma in fondo tenera, il marito fedifrago
(pentito) e la moglie in crisi per il confronto con l'attraente segretaria.
La leggerezza e la piacevolezza della visione sono comunque garantiti
proprio dalla magia della favola senza tempo ambientata in una natalizia
Londra post-Blair. La corsa finale verso l'aereo che porterà
via al più piccolo dei protagonisti il primo amore, quello più
autentico e sincero, è un altro dei topoi della commedia
che prepara il lieto fine. Il tutto è accompagnato dalle note
della canzone dei Wet Wet Wet, Love is all around (già
colonna sonora di Quattro matrimoni e un funerale),
modificata in Christmas is all around per diventare la hit
natalizia.
Le varie coppie sono inizialmente presentate nei loro contesti, apparentemente
estranei e indipendenti, ma poi pian piano si scoprono tra i personaggi
legami parentali e conoscenze inaspettate a giustificazione del casuale
incontro finale all'aeroporto, in cui le varie situazioni trovano un
nuovo equilibrio. Il pubblico viene così aggiornato e rassicurato
e la sua partecipazione emotiva trova appagamento. Il film è
costruito sui dialoghi (vera spina dorsale del film) e la macchina da
presa li segue rimanendo pesantemente bloccata sul canonico e un po'
noioso campo-controcampo. Gli attori, tutti volti noti al genere e alcuni
davvero bravi (Emma Thompson in particolare), sono ben assemblati e
adatti ai ruoli.
La pecca sta, a mio parere, nell'incipit: l'autore giustifica l'ennesima
scelta dello stesso tema asserendo che nel mondo c'è amore più
di quanto ci sia odio, e sembra volerlo dimostrare citando le ultime
telefonate fatte dalle persone intrappolate nelle torri gemelle. Al
di là della retorica dell'assunto (e delle ripetute immagini
di abbracci), è pur vero che guardare il mondo con occhi ingenui
e positivi ci fa vivere meglio. Eppure credo che la storia più
riuscita sia proprio quella che ha in sé una nota amara e una
forma di sano e propositivo utopismo: ne è protagonista la brava
Laura Linney. Il gesto di rinuncia alla sua libertà è
una testimonianza della difficoltà di far conciliare l'amore
con le proprie responsabilità, in una dimensione reale prevalentemente
egoistica.
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