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          2003. di Joe Dante, con Brendan Fraser, Jenna Elfman, Steve 
          Martin, Bugs Bunny, Duffy Duck.
 
  
 Pur concedendo al sempre amato Joe Dante lormai solita scusante 
          del film tolto in fase di montaggio e risistemato dalla solita Major 
          arcigna - questa volta, ovviamente, tocca alla Warner Bros. - dobbiamo 
          però ammettere che la sua ultima fatica, che mescola umani in 
          carne ed ossa (e muscoli, che sono lunica parte recitante di Brendan 
          Fraser) a cartoni animati come lanatra nera ed il dentuto coniglio, 
          ci ha piuttosto deluso.
 Anche se si capisce piuttosto chiaramente che Looney tunes 
          era nato per essere qualcosaltro, qualcosa di molto più 
          ficcante e sarcastico, rimane comunque un senso di inadeguatezza che 
          pervade tutta la pellicola, e che mina nel profondo lessenza stessa 
          del film. Per tutta la durata della proiezione ci siamo chiesti: ma 
          perché Dante insiste nel voler sempre fare di testa sua, quando 
          poi sa benissimo che lopera finita non sarà la sua, e che 
          ne verrà fuori il solito prodotto francamente incomprensibile, 
          non adatto né agli affezionati dellautore né al 
          grande pubblico (e perciò al successo commerciale)? Già 
          dalla scelta degli attori si capisce che si tratta di una sorta di compromesso 
          che in realtà scontenta tutti: affiancare un bolso da botteghino 
          come Brendan Fraser con un caratterista istrionico come Steve Martin, 
          relegato ad un ruolo tanto insulso da far pietà, appare una soluzione 
          per niente azzeccata, anche perché il protagonista di Roxanne 
          non dà certo il meglio di sé. Ma chi dovrà maggiormente 
          lamentarsi di aver partecipato a Looney tunes è 
          senza dubbio la bella Jenna Elfman, a cui hanno probabilmente tagliato 
          tutte le battute divertenti, per cui si aggira durante tutto il secondo 
          tempo sgranando gli occhi e smorfieggiando in muto, angosciante silenzio
 
          Difficile poter giudicare poi la struttura narrativa di una pellicola 
          così raffazzonata, (ri)costruita alla meno peggio soltanto in 
          fase di montaggio: i personaggi vanno avanti per tutta la durata del 
          film senza motivazioni ben precise o uno schema drammaturgico che li 
          sostenga. Se questo al limite può andare bene per Bunny e Duffy, 
          di certo è penoso quando si tratta di osservare attori che si 
          aggirano per gli stravaganti set senza capirci apparentemente nulla. 
          La sceneggiatura del film quasi sicuramente avrebbe dovuto essere più 
          intelligente del prodotto finale, ma siccome possiamo giudicare soltanto 
          quello che abbiamo visto, non possiamo non deprecare in maniera assoluta 
          anche la struttura dello script.
 Ma cosa rimane allora di positivo? Cè qualcosa da salvare?
 Salviamo la bellissima Elfman, a noi sempre simpatica, ed i soliti, 
          divertenti Bugs Bunny e Duffy Duck, cartoni animati ormai mitici. Del 
          film ci ricordiamo poco altro, a parte la divertente gag iniziale con 
          Batman e la bat-mobile. Nullaltro.
 Una preghiera a Joe Dante: basta incaponirsi nel voler sempre e comunque 
          andare contro le regole di mercato e le leggi non scritte imposte dalle 
          Major: a forza di sbattere la testa contro il muro invalicabile di Hollywood, 
          questo autore culto rischia seriamente di perdere lucidità creativa, 
          e peggio ancora di diventare antipatico anche ai suoi migliori 
          estimatori.
 
 
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