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 | il Falsario Die Fälscher, Austria / Germania, 2007
 di Stefan Ruzowitzky, Karl Markovics, August Diehl, Devid 
                        Striesow, Martin Brambach
 
 
  La coscienza stringe patti con i nazisti
 recensione di Emanuela Andreocci
 
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      |  | L’Operazione Bernhard fu il più 
          grande imbroglio di denaro contraffatto che la storia ricordi: quando 
          la seconda guerra mondiale aveva già iniziato a preannunciare 
          gli esiti futuri e i nuovi catastrofici sviluppi, il terzo Reich decise 
          di rientrare in gioco invadendo il mercato - e risanando così 
          le sue finanze - con ingenti somme di denaro falso: la sterlina e il 
          dollaro. La pellicola prende il via dal libro "L’officina del diavolo" 
          di Adolf Burger, un tipografo che, sopravvissuto ai campi di concentramento, 
          ha voluto raccontare la terribile esperienza e collaborare con il regista 
          Ruzowitzky come consulente storico. Il falsario da cui prende il nome il film è Salomon Sorowitsch, 
          un ebreo che inizialmente viene recluso a Mauthausen per colpa della 
          sua attività illecita e poi trasferito nel blocco speciale di 
          Sachsenhausen. Non è l’ unico: all’ interno del campo di concentramento 
          si forma una piccola squadra composta da professionisti ed esperti del 
          settore. Le loro condizioni di vita sono molto più agiate rispetto 
          a quelle - nel film solo accennate, ma mostrate con una forte scossa 
          alla fine - degli altri deportati: hanno letti comodi, riescono a mangiare 
          e quando vanno a farsi la doccia è per lavarsi, non per venire 
          brutalmente uccisi. Nonostante questo, anzi proprio a causa della loro 
          posizione di privilegiati, nascono tra loro le prime lotte intestine 
          che portano al nodo cruciale del film: fino a che punto si può 
          rinunciare ai propri ideali per salvare il bene superiore, la vita? 
          È giusto assistere inermi alle torture e alle sevizie che altre 
          migliaia di persone, uguali ma più sfortunate, sono costretti 
          a subire? Perché un criminale può sopravvivere e un innocente, 
          solo perché ebreo, deve invece morire? Questi e molti altri interrogativi 
          sono sollevati da Adolf Burger - sì, proprio l’autore del libro 
          - addetto alla stampa dai negativi, ma la sua più grande preoccupazione, 
          quella che gli lacera l’ anima, che non lo fa dormire la notte e che 
          lo porta a contrastare le idee e il lavoro del suo amico Solomon si 
          può racchiudere in poche parole: se li aiuto, sono come loro. 
          Il ragazzo non tentenna, non ha ripensamenti né esitazioni: sa 
          che è giusto soccorrere un fratello in difficoltà e sa 
          che deve continuare dentro al lager il progetto di contro-propaganda 
          che lui e la moglie avevano iniziato fuori. Se ai tedeschi servono soldi 
          per andare avanti nella guerra, lui non solo non vuole procurarglieli, 
          ma ha l’ obbligo morale di contrastarli nell’ intento. Salomon, invece, 
          è molto più cinico e razionale, a sprazzi altruista ma 
          con un egoismo di base che lo contraddistingue: egli vuole vivere e 
          non ha problemi a stringere patti con i tedeschi e con la sua coscienza 
          se è l’ unico modo per salvare la propria vita e quella dei suoi 
          compagni. Non ha dubbi. Continua con il suo operato senza perplessità, 
          lavora instancabilmente giorno e notte, si rapporta da uomo ad uomo 
          con il kapò ma continua a coprire i suoi amici, Burger in 
          primis. Sembra che nulla lo tocchi o lo scalfisca, ma anche lui 
          è un uomo dotato di sentimenti: tutto il suo cuore lo mette per 
          accudire un giovane ragazzo, spaventato, malato e denutrito. Salomon 
          può aiutarlo e sfamarlo, può parlargli e tranquillizzarlo, 
          può trovare le medicine per combattere la sua malattia, ma non 
          può niente contro la decisione di un soldato di ucciderlo per 
          evitare il contagio di TBC tra i deportati. Gli occhi del falsario, 
          allora, si aprono su un mondo nuovo: quando, a guerra terminata, esce 
          dal blocco speciale con il cadavere di un altro suo compagno morto, 
          chiedendo aiuto per seppellirlo, trova uno scenario al quale non era 
          abituato - finora non si era visto al di fuori del reparto speciale 
          - ma che gli spettatori conoscono bene a causa delle numerose immagini 
          passate alla storia: cadaveri ammucchiati, corpi nudi, volti scavati 
          con occhi senza luce che guardano fissi nel vuoto.
 La guerra gli ha lasciato molto più di una grossa somma di denaro 
          da puntare su una roulette: ha lasciato un numero che, oltre al braccio, 
          ha marchiato a fuoco anche il cuore.
 
 
 
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