Zoolander

Il caleidoscopio kitsch
di Fabio Tasso

 
  Id., USA, 2001
di Ben Stiller, con Ben Stiller, Owen Wilson, Christine Taylor, Will Ferrell, Milla Jovovich


Nei primi anni Novanta Ben Stiller creò per uno spot di MTV il personaggio di Derek Zoolander, modello bellissimo e narcisista, protagonista ora di Zoolander, film scritto, diretto co-prodotto e interpretato dal versatile autore americano.
Penalizzata da un'infelice data di uscita, questa pellicola rischia di non lasciare traccia alcuna nel panorama della stagione cinematografica nazionale. E, lo diciamo subito, sarebbe un vero peccato. Perché Zoolander non è solo un film sul mondo della moda, ma è anche e soprattutto un'efficacissima e graffiante satira sul mondo della moda, con i suoi deliri e le sue contraddizioni, e insieme un'analisi intelligente e non banale della società attuale, fondata sull'"apparire" piuttosto che sull'"essere". Un film che si fa critica di costume nel momento stesso in cui prende di petto i retroscena del "jet set" e stigmatizza la totale mancanza di logica e buonsenso che ne sta alla base. Alla stregua di Prêt-à-porter di Altman, forse, ma con una carica irriverente che lo pone senza dubbio su un piano superiore.
Zoolander è in prima istanza la storia di una rivalità a colpi di campagne di moda e passerelle tra un modello ormai affermato (Zoolander) e uno in ascesa (Hansel, interpretato dall'ottimo Owen Wilson). Ma è anche un complotto ordito da un gruppo di stilisti che mirano a eliminare il primo ministro malese, reo di voler liberare il suo paese dallo scandalo del lavoro minorile che mantiene le multinazionali; il complotto prevede come esecutore materiale dell'omicidio proprio Zoolander, a seguito di un lavaggio del cervello operato a sua insaputa.
Mai come in questo caso, però, limitarsi alla storia sarebbe riduttivo. Zoolander è infatti un caleidoscopio kitsch che propone e reinventa modelli di abbigliamento e modi d'essere (gli anni Settanta e Ottanta sono saccheggiati a piene mani), un bizzarro campionario di personaggi azzeccatissimi e sopra le righe, un impasto di ambienti che troverebbero una collocazione perfetta in un film di fantascienza (la clinica dove Zoolander subisce il lavaggio del cervello sembra un'astronave del futuro) e che non possono non richiamare alla mente le folli invenzioni visive dei Monty Python. È un'opera visiva, che cerca e offre allo spettatore soprattutto il piacere visivo: la storia è stupida (melenso e posticcio, ancorché commovente, lo scontato "happy ending"; ma Stiller può essere perdonato), i personaggi e i dialoghi sono stupidi; Zoolander stesso è l'emblema della stupidità, ciò che lo rende oggetto di scherno di chi lo circonda, ma anche un personaggio che cerca se stesso ("Chi sono io mai?" è la domanda ricorrente nella prima parte del film) e tenta soprattutto di evadere da un mondo che non lo rappresenta più. Così torna inizialmente dal padre e dai fratelli che si spezzano la schiena lavorando in miniera, poi coltiva il sogno di creare un istituto per bambini con difficoltà a leggere, che puntualmente si realizzerà alla fine. Se la morale è semplice e scontata, ciò non significa che sia anche banale, e almeno questa volta va certamente a segno.
E Stiller non si limita a questo. Si permette, per esempio, il lusso di parodiare una delle scene più celebri della storia del cinema: la sequenza di 2001: Odissea nello spazio in cui la scimmia "Guarda-la-luna" getta in aria l'osso che si trasforma in navicella spaziale. Nella fattispecie, le note di "Così parlò Zarathustra" accompagnano il fallimentare tentativo di accendere un computer Macintosh da parte della coppia Zoolander-Hansel, mentre i due si atteggiano a scimmie saltellanti ("Hai premuto la meletta?" chiede il primo al secondo riferendosi al simbolo della "Apple"). E non è l'unica citazione del maestro Kubrick; la sequenza del lavaggio del cervello ricorda notevolmente la "cura Ludovico" subita da Alex in Arancia meccanica. E in entrambi i casi, a far scattare nel cervello dei personaggi il ricordo della cura subita è la musica: ma se nel capolavoro kubrickiano era la "Nona" di Beethoven, qui, più prosaicamente ma con irreprensibile coerenza, è il successo commerciale "Relax" a scatenare in Zoolander le manie omicide.
Il film è inoltre impreziosito dalla presenza di un numero impressionante di star, che appaiono anche per brevi istanti nella parte di se stesse; se è impossibile citarle tutte (molte di esse non sono note al pubblico italiano), vale la pena di ricordare, tra gli altri, Donald Trump, Christian Slater, Cuba Gooding Jr., Natalie Portman, Lenny Krawitz, David Bowie, Claudia Schiffer, Winona Ryder e Billy Zane. La loro presenza è dovuta al fatto che una parte del film è stata girata ai Fashion Awards 2001 (gli Oscar americani della moda).
Zoolander è un film esilarante come pochi se ne vedono, che fa del grottesco la principale chiave di lettura e dell'impatto spettacolare il suo punto di forza. Una pellicola trasgressiva, programmaticamente sguaiata e divertente, che unisce manifestazioni di intensa vitalità a una lucida presa di coscienza, cui segue l'inevitabile giudizio, degli scompensi che affliggono il mondo della moda e i suoi protagonisti costantemente a un passo dal tracollo psicofisico.