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UncuT - Member only

Seghe mentali? Diamoci un taglio
di Claudia Russo

 
  Italia, 2003
di Gionata Zarantonello, con Franco Trentalance, Luisa Corleone, Morena Ciotoli, Cristina Mazzuzzi


Ci hanno detto che la nostra generazione è confusa.
Bene. Partiamo da qui e facciamoci venire un’idea. Gionata Zarantonello un’idea ce l’ha avuta e ha avuto pure la sfacciataggine di volerla mettere in pratica. Il titolo del suo secondo lungometraggio, UncuT- Member Only, è una dichiarazione di intenti, un’azione politica.
Che si possa fare politica attraverso il cinema è cosa ovvia e pericolosamente risaputa. Che si possa dare fastidio attraverso le immagini è cosa assai meno accettata e accettabile. Il punto è uno solo: avere un progetto chiaro e distinto e realizzarlo anche in modo oscuro… ma mai confuso. L’idea del giovane autore romano che da anni si occupa di film a basso costo per la rivista “Filmaker’s Magazine” e che ha al suo attivo un lungometraggio splatter già cult nell’ambiente off (Medley,1995), è quella di un film senza tagli, senza montaggio… senza vita direbbe uno dei più ingombranti intellettuali italiani del XX secolo: Pier Paolo Pasolini. Zarantonello, che oltre ad essere regista è anche scrittore (uscirà nelle librerie italiane a settembre prossimo il suo “Basta che respirano. Il metodo del cuscino e altri stratagemmi per sopravvivere alle donne” per la Coniglio Editore), di certo conosce bene il pensiero dell’intellettuale friulano. Gli sciocchi penseranno a un comune intento del maestro e dell’allievo (e mi scuso per l’ardito ma in questo caso “strumentale” parallelismo) di scandalizzare attraverso il corpo. Gli altri, pochi e forse, legittimamente e sinceramente annoiati da 78 minuti di piano sequenza, coglieranno qualcos’altro: eliminare il montaggio significa uccidere il cinema, significa morire.
Immobilizzato a letto a causa di un incidente il protagonista della vicenda, il divo del porno Franco Trentalance di cui come è noto non si vede mai il volto ma che si presenta attraverso il proprio membro “sportivamente” a mezz’asta e in varie difficoltà, è un uomo morto dentro. Uno scrittore ignorato dal proprio editore, abbandonato da una misteriosa donna che forse ama o forse ha ucciso, un essere in fin dei conti utilizzato dalle sue varie amichette che invece vorrebbe lui stesso “sfruttare”.
La scelta stilistica basata sull’assenza di stacchi si traduce contenutisticamente in una totale impossibilità di svolta e cambiamento. Se è vero che il giallo su cui si regge l’esile racconto alla fine si risolve, ciò che davvero resta uguale a se stessa è la filosofia del protagonista da sempre combattuto tra un profondo disprezzo per il sesso debole e un profondo amore per il sesso e basta!
Solo apparentemente misogino, il film “vive” non di immagine come sarebbe facile pensare, ma di parola. La sceneggiatura, spiritosa e politicamente scorretta, mescola riflessioni semi serie (“Non si ama la persona, si ama l’amore”; “Per amarsi non occorre parlare. Il sesso è la parte buona dell’amore”) a vere e proprie gag al vetriolo: “Sentivo che la mia donna non era mia. Per questo l’amavo. Era una troia”; “La donna è come un pallone da rugby. Corri corri e quando arrivi alla meta le devi dare un calcio!”; concludendo con la provocazione che la voce fuori campo rivolge a tutto il genere maschile: “Sei solo un cazzo che cammina!”. “No, non è vero - controbatte il membro protagonista -, io non cammino”.
Costato duecentomila euro, molto più di quanto si immagini, il film è stato girato in alta definizione in una sola giornata dopo quattro giorni di prove e un progetto che va faticosamente avanti dal febbraio del 2003.
Nonostante sia stato già venduto negli Stati Uniti, dove uscirà a settembre, nonostante la geniale operazione commerciale per cui il dvd presenterà tre diverse tracce audio di cui una completamente doppiata in americano da comici demenziali su modello della nostra Gialappa’s, nonostante l’accoglienza positiva ai Festival di Locarno, Tribeca, Rio de Janeiro, Fort Lauderdale, UncuT rappresenta qualcosa che la nostra società non può ancora tollerare (senza considerare che qui in Italia il lancio è stato strategicamente errato. La produzione ha puntato tutto sulla possibilità di scandalizzare senza avere obiettivamente forza distributiva cosicché la pellicola resta visibile solo nella elitaria saletta del Filmstudio)
Attraverso la pornografia, che agisce al nostro posto, Zarantonello denuncia la nostra passività di spettatori e di esseri umani abituati a subire senza agire e tanto vili da rendercene conto solo quando ad esser "dis-turbata" è la moralità e il nostro gretto cattolicesimo per nulla sacro, per nulla umano.
Tutto questo, e scusate se è poco, senza la presunzione del cinema d’élite ma con i mezzi più bassi e diretti, quelli che davvero tutti conoscono: la battuta sagace, il giallo elementare, il sesso e i sentimenti.
La nostra generazione è confusa. Bene. Lasciateci allora mostrare ciò che da voi abbiamo ereditato.