l'Ultima alba
Interventismo reaganiano
era Bush
di Adriano Ercolani

 
  Tears of the sun, Usa, 2003
di Antoine Fuqua. con Bruce Willis, Monica Bellucci, Cole Hauser.


Con il pochissimo materiale messogli a disposizione da una sceneggiatura ridondante e retorica, Antoine Fuqua è riuscito lo stesso a confezionare un film più che guardabile. E soprattutto è riuscito a limitare i danni di un’operazione che definire ‘conservatrice’ sarebbe troppo conciliante. La storia di questo manipolo di eroi, guerrieri, spavaldi americani che salvano dei profughi nigeriani dalle grinfie spietate di ribelli assassini, sembra uscita dritta dritta dal filone ‘rambeggiante’ che prevaleva in era reaganiana. Bruce Willis, che evidentemente non si è convinto di essere attore di talento e cade ancora in simili produzioni, riesce a superare il record di mancanza di espressioni che Sly Stallone deteneva gelosamente. Al suo fianco una Monica Bellucci al solito bella quanto imbambolata, che ha intelligentemente accettato di farsi doppiare nel trailer del film ma ha insistito con in suo accento in perugino stretto per tutta la pellicola.
Da queste premesse il rischio di una totale porcata per L’ultima alba era davvero altissimo. Ed ecco invece che a salvare parzialmente il lungometraggio arriva il regista del già affascinante Training Day che regala al prodotto un tocco piuttosto personale e preciso, fatto di soluzioni visive marcate e di un ritmo narrativo molto fluente. Dopo un inizio confuso e troppo tirato via, nella parte centrale infatti L’ultima alba inizia a mantenere un ritmo costante e fluido, in un crescendo di suspence piuttosto efficace. Come nel precedente e più completo film, Fuqua non cade nella facile spettacolarizzazione, ma procede pian piano verso il climax finale accumulando a poco a poco tensione drammatica, e dotando il film di un’estetica sempre più serrata e potente. Man mano che infatti i protagonisti si immergono nella foresta, ecco che il film si tinge di colori intensi quanto tristi, quasi disperati; anche l’accumularsi di scene di cruda violenza è speculare al crescendo voluto dal cineasta, che in questo modo riesce a coinvolgere chi guarda in una storia altrimenti assolutamente inverosimile. Va da sé che comunque la superficialità dei personaggi e della loro introspezione psicologica non permetterebbe neppure al più ebete degli spettatori un coinvolgimento totale con la storia, ma rimane comunque il fatto che grazie alla regia di Fuqua il film contenga degli elementi visivi di sicuro valore, che in un certo qual modo impreziosiscono la pellicola.