Team America

Siamo tutti marionette?
di Paola Galgani

 
  Team America: World Police, USA, 2005
di Trey Parker


Trey Parker e Matt Stone sono tra i più perfidi ed irriverenti creativi sulla scena degli ultimi anni, autori della terribile serie animata “South Park”, dell’omonimo lungometraggio e del discusso “That’s My Bush!”; anche qui esprimono, con il loro solito stile, un’aspra critica della società americana ed occidentale in generale, ma i protagonisti non sono più cartoni animati bensì sofisticatissime marionette animate dalle mani dei migliori maestri del settore.
I protagonisti sono i membri del Team America, una forza di polizia internazionale il cui compito è quello di riportare la pace nel mondo; la sua missione è attualmente diretta contro un perfido dittatore nordcoreano che procura armi di distruzione di massa ad un gruppo di terroristi fondamentalisti. Per infiltrarsi nella rete criminale, il Team recluta Gary Johnston, giovane e talentuoso attore di di Broadway che viene trasformato nella spia più ingannevole di tutti i tempi. Inizialmente molto dubbioso, Gary si piega alle necessità dell’intero pianeta che reclama la sua presenza e con l’aiuto del leader Spottswoode e degli altri membri del Team - Chris, Sarah, Lisa e Joe - riesce a entrare nel covo di un trafficante d’armi e scopre che il piano dei terroristi è già in atto. Dalle piramidi del Cairo al Canale di Panama, fino al palazzo del folle dittatore Kim Jong II, i nostri eroi attraversano l’intero globo terrestre nel disperato tentativo di impedire la distruzione del mondo.
Peccato però che i nostri amici, oltre ad essere volgari ed egocentrici, siano essenzialmente incapaci, e nel corso della ricerca delle armi di distruzione di massa (sigla che diventa il ritornello del film, anche nei momenti più scabrosi) riescano a far esplodere uno dopo l’altro la Tour Eiffel, il Louvre, la Sfinge e le Piramidi d’Egitto.
Parker e Stone dicono che l’idea del Team è venuta loro da una frase che gli americani si sentono spesso ripetere: “Ma chi vi credete di essere, i poliziotti del mondo?” E così, dopo aver visto per caso uno spettacolo di marionette alla televisione, hanno pensato di portare sullo schermo la loro visione del mondo sottoforma di pupazzi, scelti non a caso come mezzo per sottolineare la forte manipolazione cui tutti noi siamo quotidianamente sottoposti. Il film, lanciato nel pieno della campagna elettorale USA, ha fatto insorgere equamente liberal e conservatori, fino a far dichiarare ai due autori che “il film è un vero incubo” e persino costringerli a minimizzare: “Ma insomma, è solo uno stupido film di marionette!
Marionette o meno, i toni sono durissimi e lo stile è quello tipico di “South Park”, con parolacce e volgarità a go-go (per la presenza dei minori si consiglia la presenza di un adulto, soprattutto per le scene di sesso tra marionette), violenza molto pulp, e cattiverie indistintamente dispensate nei confronti di tutti: America (il cui inno nazionale viene trasformato in “America F...yeah”!) e Francia, Bush (indirettamente) e l’ispettore Onu Hans Blix, estremisti islamici e forze dell’ordine, politici e mondo dello spettacolo, e persino l’Aids, o meglio le ipocriti feste di beneficenza ad esso correlate. Ma soprattutto gli strali sono rivolti contro il conformismo e l’ipocrisia dilagante, da qualsiasi parte del pianeta provengano: insomma molto più che politicamente scorretto, se i due sono stati accusati persino di minimizzare, con i loro toni, i pericoli del terrorismo. Nonostante gli autori non siano affatto repubblicani, viene presa di mira in particolare una lunga lista di simboli liberal, tra cui l’attore Sean Penn che si è visibilmente risentito con gli autori mandandoli sonoramente a quel paese; eppure non è il soggetto più bersagliato: cosa dovrebbe dire Michael Moore, che armato di wurstel si fa esplodere in versione kamikaze nel bunker del Team? O Matt Damon, che quando viene interrogato non sa far altro che ripetere il suo nome? Comunque il protagonista indiscusso, forse l’unico “buono”, della trama, che se non fosse condita da trovate straordinarie sarebbe quasi scontata, è Gary, il promettente attore di Brodway, il solo che può sconfiggere il male in quanto ha la vera capacità che è fondamentale ai nostri giorni: non il sistema per riportare la pace, che stesso Team di per sé potrebbe procurarsi, ma la capacità di comunicare e di convincere la gente che le azioni che il Team compiono sono a fin di bene. Potrebbe anche sfruttarlo per scopi cattivi o opportunistici, quel suo talento, e invece lui, duramente provato dalla vita, sente che deve utilizzarlo per salvare quel mondo superficiale che verrebbe distrutto se si lasciasse trascinare dalle incaute parole del Film Actor Guild, gruppo pseudo-pacifista di attori capeggiato da Tim Robbins e Alec Baldwin (la cui sigla è “FAG”, che in italiano suona più o meno come “CHECCA”), a sua volta ingenuamente manipolato dal perfido Kim Jong II che sogna di distruggere il mondo intero.
Ai toni irriverenti e satirici della sceneggiatura si è ispirato anche il team di produzione, partendo dall’idea del film come parodia delle produzioni di Jerry Bruckheimer (da Armaggeddon a Con Air, fino a King Arthur) e dei film d’azione stile James Bond. Alla realizzazione tecnica hanno collaborato nomi di fama mondiale, come il noto architetto David Rockwell, che all’interno di un magazzino in California ha progettato in scala 1:3 dei set anticonvenzionali ma perfettamente credibili, ognuno dei quali è stato preparato e smontato ogni due o tre giorni, per un totale di ben 100 set in due mesi! Rockwell, insieme allo scenografo Jim Dultz (il creatore di “The Muppets Tonight!”), ha realizzato, in un amabile mix di architettura moderna, design contemporaneo e ostentazione in stile Palm Beach anni ’60, divertentissime riproduzioni pop-kitsch di Parigi, del Cairo, del Canale di Panama, della Corea del Nord, di New York, del monte Rushmore - sede del Team - e infine di Washington. I particolari sono curatissimi: per chi guardi con attenzione, ad esempio, la facciata del bar è costituita da bidoni di rifiuti tossici, le tende sono fatte di monete cucite insieme, e le palme sono composte da banconote strappate, mentre gli squallidi sobborghi circostanti il palazzo di Kim Jong II sono giustamente realizzati con contenitori di cibo cinese.
Tutti i realizzatori sono stati messi a dura prova: il direttore della fotografia Bill Pope, che ha lavorato in Matrix e Spider-Man 2, ha scoperto che lavorando con le marionette non si può utilizzare l’illuminazione dall’alto, che farebbe scorgere i marionettisti issati a sei metri d’altezza, né il controluce, che renderebbe visibili i loro fili: ha ovviato con la luce naturale o proveniente dal basso, rendendo alcune scene davvero suggestive. Anche la costumista Karen Patch ha avuto del filo da torcere (è il caso di dirlo): costumi non solo in miniatura, ma che simboleggiassero varie parti del mondo e che, pur curatissimi in ogni dettaglio, permettessero la mobilità delle marionette e il cambio delle loro batterie sulla schiena. I volti dei pupazzi infatti prendono vita grazie ai loro teschi animati elettronicamente tramite nove motori ciascuno che li collegano a un sistema computerizzato, con il risultato di un’espressività da fare invidia a molti attori di Hollywood.
Insomma niente computer grafica, ma un lavoro pressoché totalmente manuale di tanti artigiani d’altri tempi, come i fratelli Chiodo, che hanno lavorato con il disegnatore di pupazzi Norman Tempia, marionettista per il Saturday Night Live e disegnatore del Muppets Show, nonché responsabile degli effetti speciali per film come Alien 3 e Intervista col vampiro. Neppure loro devono aver avuto vita facile, dovendo creare 95 teste meccaniche per 300 personaggi, coadiuvati da un esercito di scultori, modellatori, parrucchieri, e addirittura specialisti per la realizzazione delle unghie dei pupazzi, per far rivivere un genere dimenticato eppure amatissimo.
Oltre ad essere creatori e produttori, Parker e Stone, infiammati dal progetto, hanno anche doppiato personalmente molti dei personaggi. “Questo è il nostro ultimo film”, ha affermato Parker. “Appena lo avremo terminato, lasceremo Los Angeles”. A quanto pare, però, i due burloni avevano fatto la stessa dichiarazione dopo aver girato South Park - Il film. E speriamo che anche stavolta sia solo una bufala.