il Signore del male
John Carpenter
di Luca Perotti


Frame stop:
John Carpenter

  the Prince of Darkness, USA, 1987
di John Carpenter, con Donald Pleasance, Jameson Parker, Victor Wong, Lisa Blount

Nel cinema di Carpenter l'irrazionale preme i bordi della realtà sensibile per conquistare lo statuto di rappresentabilità. A veicolare questa testardaggine, ne Il signore del Male, sono lo specchio e l'inconscio. È dietro uno specchio molle che spunta la mano nera del principe delle tenebre che si è finalmente guadagnato il varco per il suo avvento (anti)messianico dalla dimensione parallela che gli appartiene, ma la sua venuta è impedita dal sacrificio di Katharine che si immola a vittima consapevole con un atto estremo: la ragazza si lascia trascinare nel regno dell'anticristo compiendo un percorso opposto a quello effettuato dal Male durante il corso film, cioè dall'esterno verso l'interno.
Il liquido maligno racchiuso nella teca posta nelle viscere della cripta ha cercato per tutto il tempo il suo canale d'accesso conquistando, corpo dopo corpo, possessione dopo possessione, il sentiero verso la visibilità.
Katharine ne imita la traiettoria 'varcante' che le permette di abitare il futuro e trasmettere l'avvertimento all'umanità nelle vesti di spettro che infesta il collettivo sogno premonitore. La sua sagoma scura e indefinita ritorna (è già ritornata, ritornerà) viaggiando indietro nel tempo più veloce della luce 'a bordo' dei tachioni, le particelle subatomiche alla base della teoria della fisica quantistica che permettono di percorrere la rete di infinite connessioni tra più mondi.
Un altro motivo caro a Carpenter, ossia il sogno/incubo oppressivo di un messaggio subliminale è riproposto qui con la funzione di monito trasmesso nel quadro non-reale del subconscio, un livello comunicazionale che dribbla i normali canoni percettivi.
L'umanità minacciata da un'entità estranea-aliena-non morta (come la banda di delinquenti/zombie di Distretto 13, la creatura mutante di La cosa, i lebbrosi di Fog) viene nuovamente schematizzata nel manipolo di individui, rappresentanti l'ordine sociale e messi sotto assedio.
Il loro tragitto a tappe li conduce in primis nell'epicentro del contagio, la chiesa (altro motivo carpenteriano: il luogo sacro come teatro blasfemo di emersione del male e l'uomo religioso 'deviato' - qui il sacerdote scopre l'inghippo alla base della sua fede e svigorito nelle sue funzioni primarie si limita a commentare l'atto cristologico della donna; o pensiamo anche ai rituali sacrileghi di Vampires); per poi rinchiuderli, soli o a gruppi, in stanze e sgabuzzini barricati sotto la minaccia della volontà di possesso dell'invasore. Lo spazio di difesa diventa sempre più limitato, gli individui cadono uno a uno alla mercè del maligno.
Il signore del Male custodisce la sostanza del cinema carpenteriano oltre a costituire la svolta del regista-adepto delle teorie della fisica quantistica e del principio di indeterminazione che hanno contagiato anche Lynch, Cronenberg, i fratelli Coen sulla scia del precursore Philip K. Dick (e nelle retrovie affiorano visioni poeiane e allucinazioni lovecraftiane).
Nel cinema di Carpenter gli ingressi invisibili affacciati su altri mondi si aprono con costante frequenza usando molteplici livelli di comunicazione; le varie dimensioni premono una contro l'altra, e lo sforzo partigiano del grado di realtà che noi abitiamo (uno dei tanti, il più obsoleto, che non tiene conto del caos delle infinite possibilità) per ricacciare indietro l'antimateria è ogni volta messo a dura prova dall'imminente-immanente espugnazione aliena.