the Sentinel

Buon compleanno CIA!
di Manuela Latini

 
  id., Usa, 2006
di Clark Johnson, con Michael Douglas, Kiefer Southerland, Eva Longoria, Martin Donovan, Kim Basinger


I festeggiamenti per l’anniversario dei 50 anni dalla nascita dei Servizi Segreti includono probabilmente la celebrazione di quest’organo “politico” della Casa Bianca anche attraverso il cinema. L’operazione pubblicitaria ha intuitivamente lo scopo di incoraggiare e dare motivazione al restyling della CIA scossa da una forte crisi di identità che ne minaccia la popolarità. La famigerata lotta contro il comunismo sovietico - ricordiamo nella storia cinematografica Caccia a ottobre rosso, e i vari James Bond - deve cedere oramai il passo alla più moderna lotta contro il terrorismo arabo. L’autore del romanzo da cui è stato tratta la pellicola è Gerald Pitievich, un ex agente segreto.
Soffermandosi a guardare il manifesto di the Sentinel in cui spicca il personaggio di Michael Douglas, arma alla mano, con accanto gli altri protagonisti del film, colpisce la grande consapevolezza di se stessi e del loro mestiere: loro fanno parte dei servizi segreti, proteggono il presidente e la loro fedeltà non sarà mai scalfita! Interessanti i filmati d’epoca che vogliono riassumere la storia dei sacrifici di alcuni agenti per la difesa di Reagan e di Kennedy. Tutto parte di in vero spot! Anche il nostro protagonista è uno di quegli eroi, vent’anni prima aveva salvato la vita al presidente, come può essersi trasformato in spia?
Addentrandoci nelle trame segrete del film ci sembra sempre di più che lo scopo sia stato proprio quello di mettere sotto gli occhi del grande pubblico il pericolo corso dagli agenti nella loro realtà quotidiana, ponendo molta attenzione ai particolari del film, per essere più realistici possibile. Ad esempio l’uso delle armi (gli attori hanno seguito corsi tenuti da veri agenti), la gergalità dei personaggi (la produzione ha ingaggiato un consulente affinché gli attori imparassero a parlare come dei veri agenti), lo stile visivo. In questo senso la fotografia e la regia hanno cercato di sottolineare l’evoluzione della storia e l’aumento dell’adrenalina. All’inizio ci avviciniamo al palazzo presidenziale con lentissime panoramiche aeree, movimenti rilassati che preludono ad un ritmo che crescerà esponenzialmente con il pericolo terroristico che incombe, gli agguati, le rincorse, le fughe, le tresche. Il regista Clark Johnson, alla sua seconda regia cinematografica, ma con una lunga carriera televisiva (aveva diretto l’episodio pilota “The Service” proprio sui servizi segreti), ha dichiarato che ‘questo film è energia cinetica allo stato puro’. L’uso di tante macchine da presa, il susseguirsi di veloci inquadrature (da segnalare l’uso di tendine, retaggio dei thriller polizieschi anni Settanta) ingurgitano lo spettatore nell’ansia del controllo sul presidente, nell’ansia dell’oscuro pericolo che viene da lontano (gli squarci che simulano gli avvisi e le minacce sono la parte più riuscita ed interessante).
Ogni uomo sembra essere l’ingranaggio perfetto di una potente automobile elegante e full optional. Eppure, in questa inattaccabile squadra (nella realtà storica non ci sono mai stati tradimenti nelle sue file) fin dall’inizio del film si insinua la falla di fabbricazione. Se nel plot la falla è la talpa, la cui ricerca (sembra un reality!) sarà il fattore di trascinamento della storia, dall’esterno la caduta è proprio qui, nella sceneggiatura.
E’ talmente scontata e semplicistica da scatenare la risata di gusto, basterebbe leggere i dialoghi tra i personaggi, la storia d’amore fedifraga tra la moglie del Presidente e l’agente di fiducia del Presidente, la storia dei fraintendimenti tra i due amici (Douglas e Sutherland), la scena assolutamente incomprensibile dell’incontro tra la ex moglie di Sutherland e Douglas: mah! Questo è il marchio del peggior cinema americano, tutta azione e banalità.
Una menzione speciale per la Eva Longoria della serie "Desperate Housewives" e il Kiefer Sutherland di "24", interessanti novità televisive che entrano a pieno diritto nel mondo della celluloide. Al contrario, menzione negativa per Michael Douglas, interprete, nonché produttore della pellicola: ha fatto davvero molto di meglio.
La musica costruita sulla velocità dello sguardo non appagano lo spettatore che ha amato altri thriller politici come Nella morsa del ragno o il bel film di Petersen Nel centro del mirino. Forse la palma della peggiore scena va alla fuga di Pete Garrison, il nostro Michael Douglas, ma soprattutto alle sue spiegazioni date alla moglie del Presidente - nonché sua amante - una pessima Kim Basinger. L’interpretazione della First Lady americana è assolutamente priva di personalità e verve drammatica; davvero una delusione inaspettata per l’affascinante attrice.