Scala 49
Storie di ordinario eroismo
di Amanda Merli

 
  Ladder 49, USA, 2004
di Jay Russell, con Joaquin Phonix, John Travolta, Morris Chestnut, Robert Patrick, Balthazar Getty, Jay Hernandez, Jacinda Barrett, Billy Burke, Tim Guinee.


Dichiarato omaggio a tutti i “Fire Fighters” dell’11 Settembre, Ladder 49 più che essere un film d’azione (come, nemmeno troppo ovviamente, ci si aspetterebbe), risulta un melò.
Jack Morrison, pompiere di Baltimora con alle spalle dieci anni di esperienza, dopo un difficile salvataggio, rimane intrappolato in un edificio in fiamme, a rischio di esplosione: nell’attesa e nella speranza di ricevere i soccorsi, va a ritroso nel tempo, pensando a come sia arrivato a trovarsi in quella pericolosa situazione. Con molti (lunghissimi) flash-back, riviviamo pertanto il suo ingresso nella Squadra 49, gli inevitabili scherzi dei colleghi al nuovo arrivato, il rapporto con il comandante Mike Kennedy (John Travolta) e soprattutto la sua storia d’amore con Linda, l’adorata moglie. Ora, dando merito al regista Jay Russell di avere voluto realizzare un ritratto il più possibile fedele alla reale vita dei pompieri, coraggiosi eroi metropolitani, come possiamo non notare quanto il lavoro sia passato repentinamente, e nel senso più deteriore del termine, ad una connotazione melodrammatica? Nella prima parte della pellicola viene sottolineato l’elemento umano, l’amicizia e la collaborazione tra i pompieri, le alzatacce, i sacrifici alla vita privata, il dolore e il timore nei confronti della morte di un collega, ma tutto questo viene messo da parte al sopraggiungere di Linda. Da qui in poi, assistiamo impotenti ad un grande sfoggio di pura retorica.
E quindi, vai con il colpo di fulmine che manco nei film di Garry Marshall, vai con la famigliola felice alla Mulino Bianco. Padre pompiere con 12 ore standard di lavoro alle spalle, mai un momento di nervosismo, mai una parolaccia. Madre modella mancata, comprensiva e dolce nemmeno fosse una rediviva Mary Poppins, capace di non invecchiare di una virgola, al punto che dopo una battuta nel film, durante la quale ricorda al marito il fatto che sono sposati ormai da dieci anni, viene spontaneo chiedersi “Di già?”. Figli (due, età media sette anni) maturi, consapevoli del valore del padre e, soprattutto, calmi. L’unico attore che i truccatori hanno deciso di invecchiare durante l’evolversi della narrazione rendendolo, quindi, in minima parte umano (le basette passano da nere a brizzolate, signori) è John Travolta, il vero protagonista a parer nostro. Travolta riesce a dare al suo personaggio una reale dimensione umana, un divertente mix di goliardia cameratesca, malinconia per la vita privata pressoché inesistente e nel frattempo dedizione alla professione. La sua recitazione risulta piacevole e consona, mai enfatizzata o invadente come invece appare quella di Joaquin Phoenix, che risulta assolutamente sottotono nella prima parte della pellicola e addirittura fastidioso nella seconda, soprattutto nei dialoghi con la collega Jacinda Barrett: il suo esasperare il sentimento che lega il suo personaggio alla compagna è una cosa del tutto inutile, dato che già la sceneggiatura di Lewis Colick (Ghost of Mississippi, Bulletproof), con i suoi dialoghi schematici e assolutamente melensi, lascia poco spazio ad eventuali dubbi.
La fotografia, diretta da James L. Carter (già collaboratore di Russell in My Dog Skip e Tuck Everlasting) sconta un carattere molto televisivo, malgrado, soprattutto nella sequenza di un salvataggio di Jack su un grattacielo, riesca talvolta a restituire l’ambiente caotico e infernale che i protagonisti sono costretti ad affrontare. Concludendo, se Squadra 49 ha il pregio di mettere in evidenza il difficile compito svolto dai vigili del fuoco, nel farlo perde di vista proprio le reali componenti umane che contraddistinguono questo mestiere, cedendo il passo alla retorica e finendo per rendere inverosimili e poco plausibili questi eroi della quotidianità.