Saw - L’Enigmista

La vita è un rebus
di Amanda Merli

 
  Saw, USA, 2004
di James Wan, con Cary Elwes, Danny Glover, Monica Potter, Leigh Whannell


Arrivato nelle sale italiane dopo un discreto successo in patria, Saw - L’Enigmista appare purtroppo un’occasione mancata, malgrado l’intrigante idea di partenza: due uomini, il Dottor Lawrence Gordon (Cary Elwes) e Adam (Leigh Whannell), si ritrovano incatenati alle tubature di un bagno sotterraneo in disuso, in compagnia di un cadavere di un uomo. Una voce registrata li avverte che uno dovrà uccidere l’altro nell’arco delle prossime otto ore, o moriranno entrambi e saranno assassinate anche la moglie e la figlia del dottor Gordon, tenute in ostaggio all’esterno. Degli indizi centellinati su come agire, in forma di enigmi, sono loro dati da un misterioso personaggio, Jigsaw, che sebbene invisibile, li tiene attentamente sotto osservazione. Attraverso dei flashback i protagonisti ricostruiscono gli eventi che li hanno portati a trovarsi in quella difficile situazione, anche se non riescono a percepirne il fine ultimo. Nel frattempo, il detective Tapp (Danny Glover) è impegnato in una frustrante caccia all’uomo, diventato ormai ossessione. Ma intanto i minuti scorrono…
Diretto da James Wan, in sostanza agli esordi e scritto in collaborazione con Leigh Whannell, anche attore nel film, Saw ha decisamente un buon inizio: diretto, crudo, spiazzante. Il senso d’ansia e di disagio è forte e riecheggia il cinema di alcuni maestri del genere, ai quali il giovane regista si è ispirato: “Volevo prendere gente normale e calarla in un universo alieno, alla Lynch, caratterizzato dalla macabra follia tipica di Argento”. La fotografia sottolinea egregiamente l’evolversi narrativo, dando con l’uso di luci fredde e sporche un tono claustrofobico alle scene (si capisce che il direttore della fotografia David Armstrong è cresciuto a pane e Seven). La macchina si sposta frenetica indugiando sui primi piani, cogliendo ogni minimo, impercettibile cambio d’espressione degli interpreti. Impercettibile, appunto. Purtroppo dobbiamo annotare che Cary Elwes sfoggia una sola espressione praticamente per tutta la durata del film, non riuscendo a estrapolare le molteplici sfumature che il suo personaggio avrebbe potuto offrire, né gli è di grande aiuto la sceneggiatura, in assoluto poco originale nei testi e malamente composta: non sono sviluppati i caratteri dei personaggi, non si sa nulla né del loro passato né di quello che gli passa per la testa. Tanto che si tocca un momento di involontaria ilarità, durante una scena di tenerezza tra papà Gordon e la figlia. Assolutamente inopportuna, in quanto totalmente inaspettata e non preparata. Lo stesso Danny Glover, risulta spaesato e caratterizza troppo il suo ispettore, probabilmente tentando di dargli un qualche spessore psicologico, ma rendendolo invece poco più di una macchietta. Per concludere, Saw parte bene, ma si perde per strada, tra analisi caratteriali mancate, dialoghi tra i più ovvi e banali si abbia avuto modo di ascoltare e scelte tecniche ingenue e non sempre appropriate (certe inquadrature che non aggiungono nulla all’evolversi della storia). Peccato, perché l’idea originale è buona e una volta tanto si scosta dai classici teen-movie casa - festa - maniaco, che tanto sembrano amare gli americani. Nota di merito al finale a sorpresa, che stravolge la lettura del film e spinge a riesaminare quanto appena visto, sotto una luce diversa (I soliti sospetti docet).