Ricordati di me
Non parlo così! Non penso così!
di Adriano Ercolani

 
  Italia, 2003
di Gabriele Muccino, con Fabrizio Bentivoglio, Laura Morante, Silvio Muccino, Nicoletta Romanoff, Gabriele Lavia, Enrico Silvestrin, Pietro Taricone

Un paio di giorni dopo aver visto l’anteprima stampa di Ricordati di me (id., 2003), ho letto su di un quotidiano un’intervista a Gabriele Muccino, in cui il regista spiegava di aver voluto girare questo film per evidenziare in particolare la crisi morale ed ideologica della classe cosiddetta “borghese” del nostro tempo. Raccontando la storia del possibile disfacimento di questa famiglia benestante, composta da madre, padre e due ragazzi sui vent’anni, l’autore ha dichiarato di aver voluto mettere in scena personaggi e caratteri insicuri, nevrotici al limite dell’isteria, ipocriti. Se questo dunque è stato l’intento primario di Muccino, non possiamo non ammettere che allora Ricordati di me è un film che centra il suo obiettivo. Non vi è infatti uno solo tra i protagonisti del film con cui lo spettatore può entrare in sintonia, o almeno in empatia: le loro vite sono così vuote, le loro aspirazioni così frivole, le loro decisioni così deboli, che dopo quaranta minuti di film non si può non odiare sia loro che il mondo in cui vivono. Della crisi di mezza età del padre (un Bentivoglio imbambolato), malato di perbenismo e moralismo strisciante, ci viene da ridere. Della sua avventura con la ex-fiamma (una Bellucci stranamente in parte) poi non ne parliamo. Dell’insoddisfazione della madre (una Morante gigiona), attrice mancata e frustrata, sappiamo già tutto prima ancora di averlo visto. Il figlio maniaco depressivo e la figlia stronza ed arrivista sono appena poco più interessanti: soprattutto il personaggio di Silvio Muccino, se fosse stato sviluppato meglio e non lasciato appassire senza un vero e proprio sviluppo narrativo, avrebbe probabilmente potuto destare la nostra simpatia. L’unica persona lineare, coerente e decisa rimane perciò la figlia, icona vuota e bellissima del nostro tempo, “letterina” in carriera su cui viene appiccicato addosso un discorso troppo retorico (ormai abusato ed ovvio) sul marcio nel mondo dello spettacolo.
Il difetto peggiore di Ricordati di me (come lo era già in L’Ultimo Bacio, id., 2000) è dunque quello di una sceneggiatura che non si evita nessuno degli aspetti retorici ed abituali con cui può essere costruito un personaggio: per di più, per risolvere in maniera bigotta e moralistica la crisi familiare, gli autori adoperano un assurdo ed incoerente incidente d’auto, che si trasforma in una sorta di “deus ex-machina” perentorio quanto illogico; dopo la tragedia sfiorata, tutto tornerà a posto per tutti, con buona pace di crisi irrimediabili, tradimenti, crisi di identità. Ma perché? L’amante di lui, che sembrava rappresentare la sua unica e desiderata via di fuga, viene abbandonata senza alcuna motivazione forte, senza spiegarci nemmeno che nel dolore Bentivoglio ha ritrovato la vicinanza con la moglie, i figli, sé stesso. Questo aspetto interiore del protagonista, se è davvero così, ci viene appena accennato e perciò non spiegato seriamente, eppure dovrebbe essere uno dei nodi narrativi principali della storia.
Se dunque togliamo la indiscutibile bravura di Muccino nel dirigere storie così insulse, e la sua capacità di fornire allo spettatore un prodotto comunque sempre ottimamente confezionato, di questo Ricordati di me ci rimarrà un senso di fastidio e di angoscia a nostro non giustificati; forse perché chi scrive non appartiene al mondo (volendo essere più “politici”, alla classe sociale) che l’autore vuole raccontarci, resta il fatto comunque che non ci siamo identificati nei problemi e nelle storie di nessuno dei personaggi, e questo per un film destinato al grande pubblico dovrebbe essere un grosso difetto.