cette critique traduit en Français

Radio America

It don’t worry me, cow boy…
di Manuela Latini


Frame-stop Robert Altman
  a Prairie home companion, Usa, 2006
di Robert Altman, con Woody Harrelson, Tommy Lee Jones, Garrison Keillor, Kevin Kline, Lindsay Lohan, Virginia Madsen, John C. Reilly


Alla veneranda età di 81 anni Robert Altman torna all'origine della sua carriera realizzando una pellicola che ricorda da vicino la struttura corale di Nashville, con cui ha dato origine ad un nuovo corso del cinema americano, frantumando le regole hollywoodiane. Nonostante non sia più di rottura, il suo cinema continua a far parlare. A 30 anni di distanza dalle immagini di quel concerto country, ci si deve chiedere: ci troviamo dentro una nuova America? Altman, seppure meno caustico di allora, sembra dire che non ci sono stati dei grandi cambiamenti; ci racconta con eleganza e lucidità la fine di quella generazione, ma non può rinunciare a mostrare il flusso caotico delle vite, che macina tutto, passato e presente. Ritroviamo la struttura aperta della narrazione, l’ironia nei confronti dell’esistere e del morire. Ma invece degli spazi aperti di Nashville ci chiude nell’ambiente claustrofobico di un teatro, uno studio ben arredato e molto affollato.
Radio America racconta di un popolare programma radiofonico americano dal titolo “A prairie home companion” seguito ogni settimana da più di 4 milioni di ascoltatori. Ma durante il film il linguaggio si spoglia delle sue vesti di finzione e assume sempre di più quelle del documentario, con i veri mestieranti dello studio radiofonico e i musicisti. Le due anime del film continueranno a rincorrersi per tutta la durata della rappresentazione che si svolgerà tra il palco e il dietro le quinte. Tutte le più nobili arti compresa quella della narrativa romanzesca vengono "scomodate" e vanno a costruire una struttura, solo apparentemente, semplice, in cui la musica agisce da protagonista indiscussa. E' lei che riesce a dare ritmo interno alla pellicola. Le parole delle ballate costruiscono il senso delle vite dei personaggi e divertono, con infilate di battute esilaranti. Attraverso le canzoni, in scena (on air), si comunica l'amore non finito, si celebra la morte di un uomo, si racconta la fine di un epoca con l'uscita di scena dei suoi protagonisti. L’atmosfera è divertente e commovente allo stesso tempo: è il temperamento dei capolavori.
Garrison Keillor, l'autentico conduttore e autore del programma da ben 30 anni, pensando di documentare la vita della sua creatura, per strapparla forse ad una morte naturale e regalargli l’eternità (sebbene il programma goda di una vita sanissima), ha chiesto ad Altman di realizzare il film. Un compaesano del Midwest era il partner ideale per interpretare i suoi pensieri e come regista di Nashville aveva la giusta sensibilità per rendere l'ambiente verace del set radiofonico.
Una panoramica dal basso verso l'alto dolcemente ci porta a scoprire un uomo affascinanate e distinto, che ci traghetta sul luogo deputato alla rappresentazione. Lui, Guy Noir (un meraviglioso Kevin Klein) è il guardiano del teatro (il Fitzgerald Theater di St Paul). Ispirato ad un personaggio cartaceo di Raymond Chandler ( ce lo rivela la frase di apertura del film), già star di un radiogramma, costruisce un’atmosfera noir che servirà a introdurre anche la Donna Pericolosa. Poi cominciamo a conoscere tutti gli altri protagonisti-non protagonisti: il duo di cabarettisti cowboy Dusty e Lefty (Woody Harrelson e John C.Reilly), le due sorelle Yolanda e Ronda Johnson, la figlia di Yolanda, Lola (l’unica che subisce una vera evoluzione), e Garrison Keillor nel ruolo di se stesso.
Una carrellata di singers usciti fuori da uno di quei meravigliosi festival del folk, country music, che ancora sono così tanto apprezzati dall'America del Midwest. Un intreccio di vite di cui non si sa nulla, o quasi, ma che sono unite dalla loro lunga partecipazione al programma radiofonico, trasmesso su 558 frequenze in tutti gli Stati Uniti, ma ascoltato anche in Europa via satellite o via cavo. Il nuovo film del maestro Robert Altman è questo e molto altro. E' l'immagine di un paese ancorato alle sue radici socio culturali, alle ballate, ai cowboy che raccontano barzellette goliardiche, alle famiglie intere che hanno calcato la scena e cantano i loro ricordi d'infanzia, ma è anche quell’America che forse si rifiuta di vedere ciò che di marcio c’è intorno a sé. “It don’t worry me”, si cantava a Nashville…
La scrittura del film, anche molto improvvisata sul set, sa coinvolgere lo spettatore nelle spire dello spettacolo del dietro le quinte, con la morbosa curiosità di vedere e sapere qual è il mondo nascosto dietro ad una voce. Anche chi non ha mai ascoltato il programma si affeziona ai personaggi e sta al gioco dei ruoli. Si viene dolcemente scaraventati da un dialogo all'altro, si segue la divertente scaletta dei jingle, (davvero esilarante la scena del nastro adesivo...) che si trasformano in gag. Le storie d'amore legate alla storia della fondazione della radio e le amicizie sono nate dopo anni di collaborazione e di vita insieme, quasi senza evoluzioni. Ciò che incuriosisce è la sensazione di fare un salto indietro nel tempo in cui quella fetta di realtà è rimasta quasi inalterata. Ma non senza minacce: l'estraneo interpretato da Tommy Lee Jones (che ci ha recentemente incantato con la regia de Le tre sepolture) è il portatore della “modernità”, oppure della verità che c’è fuori dal bozzolo, che tutto distrugge e ingrigisce, un destino al quale non si può sfuggire. Ma come dice l'angelo: "Non ci si deve disperare di fronte alla morte di un uomo vecchio”, perchè ha fatto il suo tempo e la sua vita si è consumata. Forse ci trova di fronte alla fine di una civiltà, ma senza l’alba di una nuova speranza. Eppure mai, il tono del film diventa pessimistico.
Non c’è malinconia né tristezza nell'incontro del gruppo dopo anni dalla fine del programma. La voglia di provare di nuovo l'ebrezza del successo e la proposta della tournee è anzi piena di entusiasmo, la dinamica tra vecchio e nuovo si mantiene viva. Casomai ciò che stona è la modernità rappresentata da Lola: dopo poco entra in scena, l’avevamo lasciata timida promessa della canzone folk e la ritroviamo aggressiva manager della madre con tailleur e poca attenzione per gli altri.
Meryl Streep è una delle più straordinarie interpreti del film. In un intervista ha dichiarato di aver a lungo desiderato di lavorare con Robert Altman e di aver accettato con entusiasmo di lavorare ad un film la cui sceneggiatura era assolutamente imprevedibile. Racconta di un set in cui ha regnato una governata improvvisazione (girando 10 pagine di copione al giorno) con 2 o 3 telecamere che giravano contemporaneamente (in HD) e 70 specchi nella scena del trucco. La sua bravura come cantante è paragonabile al talento di attrice.
Seppure accompagnato sul set dal più giovane Anderson, Altman ha dimostrato di aver meritato appieno quell’Oscar alla carriera che finalmente gli viene offerto. Che non sia un po’ tardi?