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Nero bifamiliare
Italia, 2007
di Federico Zampaglione, con Claudia Gerini, Luca Lionello, Emilio De Marchi, Max Giusti

Cattiveria buonista
recensione di Antonello Sammito



Ascoltando le canzoni di Federico Zampaglione, meglio conosciuto come “i” Tiromancino, vi sarebbe mai venuto in mente che il cantante covasse in sé la cattiveria necessaria per scrivere e dirigere una black comedy? No? E infatti, l’aspetto da simpatico tenerone ne riflette con buona probabilità la vera indole e il suo debutto nella regia soffre di due piccole pecche per una pellicola del genere: non è cattiva e fa ridere poco.
Vittorio è un giovane assicuratore con un forte desiderio di rivalsa verso un mondo che è stato crudele con lui in gioventù. Con i soldi fatti con piccole truffe, può finalmente acquistare per sé e per la bella moglie Marina una villetta in un centro residenziale molto borghese. Ma il suo sogno di vita da benestante, che troverebbe completa realizzazione con il concretizzarsi del suo progetto di negozio di elettronica online, si trova ben presto a cozzare contro la convivenza forzata con una coppia di vicini di casa.
Il rumeno Slatko e la sua formosa compagna italiana Bruna hanno modi spicci e rumorosi, vivono nel totale disprezzo dei canoni estetici e comportamentali dei civili modi borghesi ed ostentano una sessualità vissuta in maniera aperta e carnale. La diffidenza verso il vicino aumenta fino a diventare paranoia quando la bella casa di Vittorio viene saccheggiata e l’assicuratore comincia a sospettare dello “straniero”, non solo come responsabile del furto, ma anche come possibile amante della moglie. E a corredo un balletto di amici volgari, suocere nevrotiche, portinai pornofili e killer prezzolati.
Dopo una breve esperienza come regista dei suoi stessi videoclip, Federico Zampaglione tenta il suo debutto cinematografico con un prodotto che, pur essendo più riuscito di gran parte dei debutti italiani degli ultimi anni, soffre in gran parte per colpa di una sceneggiatura goffa. Forse il risultato sarebbe stato migliore se avesse collaborato con uno scrittore esperto, invece che affidarsi alle mani del suo produttore Rudolph Gentile, uomo dal multiforme ingegno che passa con sconcertante disinvoltura dalla direzione di compagnie aeree alla distribuzione cinematografica e ora alla sceneggiatura.
Troppi personaggi secondari, a volte presenti in una sola scena, con caratterizzazioni ridotte al minimo e spesso ammantati nei più qualunquisti stereotipi, non arricchiscono la vicenda, che anzi ne viene appesantita e stenta a aumentare di ritmo e coinvolgimento avvicinandosi verso il finale. Anche il grado di divertimento è prossimo allo zero, mancando situazioni davvero brillanti e quando fa capolino, è dovuto più alla bravura di qualche caratterista di contorno.
Ma è il buonismo d’accatto, che pervade tutta la pellicola ed esplode nel finale in un monologo del protagonista, ad essere assolutamente fuori luogo per il tipo di pellicola che si vuole costruire.
A difesa del film c’è che la regia di qualche scena è visivamente interessante, grazie anche alla colorata fotografia del bravo Catinari, ma sono sprazzi che denotano fondamentalmente la mancanza di un’idea registica di base. Se la prova degli attori di contorno come già detto è spesso buona, con particolare menzione per Emilio De Marchi nel ruolo di Slatko, lascia qualche dubbio quella di Luca Lionello, che nel ruolo di protagonista ha sulle spalle il difficile compito di sostenere i cambi di tono della pellicola, e di mantenere la sua discesa nella paranoia nei limiti di un grottesco che non diventi macchietta. La Gerini, per quanto ripresa con occhio amorevole dal regista-fidanzato, non riesce a superare il livello del facile mestiere ed ottiene migliori risultati come voce in un paio di pezzi della colonna sonora. Che è per lo più gradevole, se non fosse per la voce di Zampaglione, in alcune canzoni pronta a ricordarci che lui in fondo è un tenerone.