Musica per matrimoni e funerali

Bregovic tra nordiche solitudini
di Esteban Lola

 
  Musikk for bryllup og begravelser, Norvegia/Svezia, 2002
di Unni Straume, con Lena Endre, Bjørn Floberg, Goran Bregovic, Petronella Barker, Rebecka Hemse

Coloro che, prima di vedere nella sezione Controcorrente di Venezia 59 il film di Unni Straume, non avevano confidenza con il suo percorso artistico, rischiano di relegarla tra i tanti epigoni più o meno accreditati della poetica bergmaniana. In linea generale non si tratta di un approccio fuorviante: la presenza nei film della regista norvegese di attori importanti legati al cinema di Ingmar Bergman e di Liv Ullmann costituisce un ulteriore e significativo indizio, teso ad avvalorare la contiguità di certe tematiche esistenziali.
Incontriamo Bibi Andersson, Erland Josephson e la stessa Liv Ullmann nel cast del bellissimo Drømspel (Il Sogno, 1994), ispirato all'opera di Strindberg; in Musikk for bryllup og begravelser l'attrice protagonista è quella Lena Endre che aveva offerto una notevole interpretazione nel film di Liv Ullmann, L'infedele.
Fatta questa premessa, ci sembra più importante annotare cosa ha di speciale il cinema di questa poetessa nordica che ama le "solitudini troppo rumorose", se ci è permesso parafrasare l'immagine creata da un grande della letteratura, alludendo all'irrompere di elementi irrazionali nello spirito quieto di personaggi apparentemente inclini al distacco. Fortunatamente non è solo teatro quello che fanno i personaggi sullo schermo, mettendo in scena le loro più intime preoccupazioni: gli spazi da loro abitati pulsano in sintonia con il loro animo, assicurando qualcosa di più che un fondale a microdrammi borghesi per nulla asfittici. Il necessario rilievo è dato da un collaboratore fisso della Straume che non smetteremo facilmente di elogiare, il direttore della fotografia Harald Paalgard.
Paalgard, uno tra i migliori attivi in Scandinavia, aveva già saputo assecondare la sensibilità della regista norvegese, creando uno splendido bianco e nero per il già citato Drømspel. Gli esperimenti con il colore hanno avuto un esito ancor più sorprendente, infondendo vita propria agli ambienti che costituiscono l'essenza sia di Thranes metode (Il metodo di Thrane, 1998) che di Musikk for bryllup og begravelser.
Ci piace guardare a questi film come ad un ideale dittico, dove la difficoltà dei personaggi nel comunicare si riflette in interni che invece sanno comunicare benissimo, e ciò che comunicano si chiama angoscia e solitudine: grandi stanze semivuote, mobilio quasi assente o comunque assoggettato a rigidi criteri di geometria e funzionalità, raggi di luce che fendono penombre e malinconie.
In Musikk for bryllup og begravelser gli elementi drammatici convergono nella spaziosa ma tetra dimora progettata da Peter (Bjørn Floberg) nel rigoroso culto della razionalità, con il pensiero rivolto ai grandi dell'architettura scandinava stile Alvar Aalto.
L'ispezione di Peter alla casa, rimasta alla ex moglie Sara (Lena Endre) dopo la morte del loro bambino e la successiva separazione, rivela già aspetti importanti del loro carattere. Ma non ci sarà tempo per lo spettatore di approfondire la conoscenza: Peter ha in mente di suicidarsi. Il seminterrato, dove un incidente aveva causato la morte del figlio, sembra a Peter il luogo ideale per attuare il proposito, e i problemi discussi con Sara sono quasi un pretesto per quell'ultima visita.
Dietro le apparenze suggerite da un carattere rigido e calcolatore, l'uomo rivelerà un temperamento molto più irrequieto, specialmente grazie alle testimonianze fornite post mortem dalla seconda moglie e dall'amante, convenute nella casa della tragedia qualche giorno prima del funerale.
Curioso annotare come in Thranes metode il migliore amico, nonché confidente sentimentale del protagonista, fosse ugualmente un architetto, anche lui con dei risvolti caratteriali abbastanza complessi. Ma non è poi così strano, considerando come nel definire le psicologie dei suoi personaggi la Straume ami tornare su determinati condizionamenti e schemi mentali, e sul peso di perdite importanti a livello affettivo, destinate in certi soggetti a generare crisi profonde e durature.
Le armi utilizzate nei dialoghi per diluire questi ingredienti coincidono con l'ironia di fondo di molte situazioni, e con il frequente ricorso alla digressione e all'aneddoto.
Dopo la morte di Peter, ad esempio, vediamo Sara confrontarsi con personalità diverse, raccogliendo racconti confidenziali ed aneddoti spesso intrisi di macabro umorismo, e cercando confusamente qualche appiglio per affrontare una difficile situazione emotiva. Ma l'appiglio più solido si trova già in cantina, invecchiato al punto giusto.
Dimenticavamo di dire che il luogo del fattaccio, il seminterrato, è da tempo affittato a Bogdan, musicista slavo amante dell'alcool, delle feste, e della confusione in genere. Ad interpretare il musicista in questione è Goran Bregovic, con tanto di banda al seguito.
La regista norvegese, che nel 1996 aveva realizzato un corto con Renato Carpentieri, T 87, e precedentemente un documentario dal significativo titolo Roma con amore (1984), si è stabilita da alcuni anni in Italia: c'è quindi il Mediterraneo, la solarità del carattere latino, nei sogni dell'autrice. Sara, con quei suoi atteggiamenti misurati e introspettivi, è quasi il naturale alter ego della Straume, vicina a lei anche per il desiderio che qualcosa faccia irruzione nella sua vita, sconvolgendo abitudini e rimescolando dati acquisiti. Il musicista slavo, concentrato di energie e istinto, grazie alla sua balcanica esuberanza e imprevedibilità si presenta come candidato ideale per sollecitare nella donna un cambiamento.
Goran Bregovic, generoso con Sara ed anche con gli spettatori, non si presenta sullo schermo a mani vuote, ma con un repertorio di composizioni nuove donate alla colonna sonora del film.