Mr. & Mrs. Smith

L'identità di Doug
di Piero D'Ascanio

 
  id, Usa, 2005
di Doug Liman, con Brad Pitt, Angelina Jolie, Vince Vaughn, Adam Brody, Kerry Washington


Dunque, il discorso è il solito: mettete una sera che non siete in vena d’affrontare rarefatte atmosfere e dilemmi esistenziali, ma piuttosto avete voglia di gettarvi in qualcosa di spumoso, vivace, frizzante, un colpo al cinema di Hong Kong e un altro al gialletto rosa stile Out of sight; la vostra attenzione, quella sera, cadrebbe inevitabilmente su Mr. & Mrs. Smith, “action –comedy” sprizzante glamour e bollicine solo ad ammirarne la locandina; ebbene, sarà un gran peccato - trattandosi dell’opera ultima di uno dei più interessanti giovani registi americani - scoprire quanto il film si riduca davvero solo a quello, o meglio ad una superficiale patina di quegli elementi che si andavano cercando. Siamo sicuri che alla fine anche lo spettatore più smaliziato non uscirà dalla sala del tutto soddisfatto, a contatto con qualcosa che - evidentemente - avrebbe potuto avere ben altra sostanza.
Doug Liman aveva ben impressionato nel 1996 già col suo film d’esordio, Swingers, e confermato il suo talento tre anni dopo con l’ottimo Go – Una note da dimenticare, scoperta del Sundance Film Festival; il suo nome si lega tuttavia soprattutto all'opera di maggior successo, quel The Bourne Identity che nel 2002 faceva tirare un sospiro di sollievo a chi ormai temeva per le sorti del thrilling spionistico (alla Pollack, per intenderci): il giovane cineasta dimostrava una bella sintonia con la materia - uscita in quel caso dalla penna di Robert Ludlum – e girava un film potente, ben calibrato, dal ritmo inarrestabile e l’anima sottilmente amara.
La vicenda di questo ultimo Mr. & Mrs. Smith faceva sperare in una piacevole variazione di toni all’interno della medesima area. Nel film, vediamo due killer che più "glamour" non si potrebbe - hanno le scultoree sembianze di Brad Pitt ed Angelina Jolie - condurre una "normale" vita matrimoniale; in realtà nessuno dei due è a conoscenza della reale professione dell'altro, entrambe opportunamente coperte da occupazioni di comodo; tutto bene, almeno fintanto che ai due coniugi non viene commissionato il medesimo bersaglio...
Si sgombri subito il campo dal sospetto che a non funzionare siano i protagonisti: Mr. Pitt e Mrs. Jolie si dimostrano perfetti per i loro personaggi, non fosse altro per un invidiabile e indiscutibile "phisique du role"; in aggiunta a ciò, le parentesi private della coppia rimangono i momenti maggiormente gustosi del film, i più vicini - secondo noi - a quello che sarebbe stato lo sviluppo più consono dell'idea originale dello sceneggiatore Simon Kinberg; al contrario, Liman sceglie la maniera, ed è proprio ciò che da lui non ci saremmo mai aspettati. A remare contro la riuscita del suo quarto film sono soprattutto due elementi: una sceneggiatura povera e un montaggio confuso. Non proprio dei fatti marginali, evidentemente.
L'idea alla base del film, in verità, era piuttosto stuzzicante; non che non fosse mai stato fatto nulla di simile, ma comunque quanto bastava per mettere in moto una macchina narrativa potenzialmente valida; invece, lo script del giovane Kinberg si “pianta” quasi subito, e abbandona a se stessa tutta l'ora centrale del racconto, non curandosi di rilanciare lo stesso con nuove idee, o apporti di nuovi personaggi - a conti fatti, del tutto inutile quello del non accreditato Vince Vaughn - o un minimo di evoluzione degli stessi protagonisti. Di contro, Liman e i suoi "pompano" a dovere l'aspetto più "blockbuster" della vicenda, quello fatto di spericolate fughe a rotta di collo, interminabili inseguimenti, "last minute rescue" di prammatica; d'altronde sembra abbiano avuto ragione, vista la bruciante partenza del film al box - office USA. Intendiamoci: con questo non vogliamo certo condannare la facciata più smaccatamente "entertaining" di tanto cinema americano; tutt’altro. Ma tanto per andare al punto della questione, si ricordi l'effetto che aveva lo scatenato "car - chase" parigino di The Bourne Identity, opportunamente caricato da un credibilissimo motore narrativo. Fra l'altro, s'inserisce bene qui l'annotazione che si faceva sul montaggio, competenza nella quale avrebbe forse giovato una forbice più sapiente di quella di Michael Tronick; e non ci riferiamo solo all'editing delle sequenze d'azione, ma alla "scansione" del film “tout court”, pratica potenzialmente in grado di "salvare" un film tanto quanto - se non indovinata - di esaltarne tutte le deficienze; è il caso, quest’ultimo, dell'opera in questione. Purtroppo, Mr. & Mrs. Smith non si riprende nemmeno in dirittura finale, e anzi lascia addirittura basiti il modo in cui si chiude la storia, peraltro dopo un fastidioso e ormai inflazionato ammiccamento all'epica nichilista di Butch Cassidy.

Peccato. Continuiamo a confidare nel talento del regista, magari coadiuvato da collaboratori migliori, e soprattutto al servizio di un progetto che egli "senta" maggiormente: del cuore che c'era nella vicenda di Jason Bourne qui non v'è davvero traccia.