Matrimonio Tardivo
L’ordinaria amarezza della vita
di Luca Persiani

 
  Hatouna Mehuheret, Iran, 2002
di Dover Kosashvili, con Lior Ashkenazi, Ronit Elkabetz, Moni Moshonov, Lili Koshashvili


Matrimonio tardivo è una commedia: il protagonista è un universitario trentenne la cui famiglia - che lo mantiene - è ossessionata dalla necessità di trovare per lui il partito più conveniente, da fargli impalmare secondo le più viete regole del matrimonio combinato. Matrimonio tardivo è una storia d'amore: perché il protagonista è innamorato, ricambiato, di un splendida marocchina più grande di lui, divorziata e con figlia piccola. Matrimonio tardivo è una tragedia: perché il protagonista subisce quasi passivamente da parte della famiglia - che disapprova la sua relazione - lo straziante obbligo di abbandonare quello che è il suo autentico oggetto d'amore. La complessità di questo viaggio tra i generi, che mai si intrecciano ma si susseguono in tre blocchi distinti con un evolversi progressivo che gode di un originale fluidità ed equilibrio, è messa a fuoco da tre lunghe sequenze che corrispondono ad altrettanti incontri. La prima è la presentazione del protagonista all'ultima "pretendente" scovata dalla sua famiglia: un'adolescente splendida ma spiantata, smaliziata e disillusa, che tenta di concedersi al trentenne durante il tradizionale colloquio faccia a faccia tra i due che segue il surreale accordo-presentazione fra le famiglie dei futuri sposi. La cifra espressiva del regista Dover Kosashvili è un realismo semplice, che attraverso la lineare presentazione della situazione fa scaturire un'ironia grottesca ma credibile, che con pochi mezzi mette lo spettatore dalla parte del protagonista, benché questi sia essenzialmente un maturo e ricco mantenuto. La seconda sequenza è il lungo incontro sessuale tra i due amanti. Le armi di messa in scena del regista sono le stesse, ma qui ne scaturisce un'atmosfera intima, intensa, di un erotismo dolce e carico, sostenuto da una credibilità rara e preziosa. Un amore puntualizzato con precisione dall'onesta rappresentazione della sua parte più fisica. Ancora più vicini al protagonista, subiamo con assoluta fluidità il primo, radicale e repentino mutamento di genere. La terza sequenza è l'irruzione della famiglia furibonda nella casa della donna del protagonista: un grottesco coagulo deforme di mentalità ottuse precipitate in corpi umani, compatti contro i due teneri amanti, un gruppo costretto a recitare un dramma rituale in cui l'istinto e la ragione sono deformati dalla cappa oppressiva della tradizione, binario incomprensibile ma sacro che da' una direzione imprescindibile e immobile, evidentemente spietata ma ritenuta comunque sana. Kosashvili cambia genere per la terza volta, bruscamente, riuscendo ancora a non mutare stile e senza che lo spiazzamento provocato dalla virata proietti lo spettatore fuori dalla nave, che beccheggia e rulla, ma addirittura ci convince che proprio in questo sballottamento sia il senso e la riuscita della traversata. Scosse credibili perché incentrate sull'estrema delusione del sentimento che più di tutti alterna tempesta e pace: l'amore. Matrimonio tardivo è la cronaca di una ingiusta delusione d'amore a cui i personaggi non riescono ad opporre una - probabilmente - opportuna e difficile scelta radicale. E' il racconto di un tradimento dei sentimenti perpetrato quasi passivamente perché, nonostante il processo sia doloroso ed evidente, i protagonisti non riescono a comprendere e gestire il precipitare della leggerezza della passione nella sconcertante ordinarietà dell'amarezza della vita.