la Maledizione della prima luna
Que viva el Capitan Jack Sparrow!
di Adriano e Veronica Ercolani

 
  Pirates of the Caribean: the curse of the black pearl, Usa, 2003
di Gore Verbinski, con Johnny Depp, Orlando Bloom, Keira Knightley, Geoffrey Rush, Jonathan Price


Dopo una lunga serie di blockbuster di forte impatto spettacolare, di grossi incassi al botteghino, ma troppo spesso di scarsa qualità artistica, finalmente il produttore più ‘fracassone’ di Hollywood, Jerry Bruckheimer, è riuscito ad indovinare la formula giusta per accontentare sia il grande pubblico che i palati più esigenti della critica.
La maledizione della prima luna è infatti una pellicola che basa la propria riuscita estetica su poche ma forti idee, prima tra tutte quella della semplicità; sfruttando tutti gli stilemi e le caratteristiche del cinema di genere ‘piratesco’, gli sceneggiatori Ted Elliott e Terry Rossio (gia autori dell’intelligente Shrek) hanno costruito uno script che mescola con disinvoltura la massima fluidità narrativa a dei dialoghi frizzanti, che contribuiscono a rendere l’opera un perfetto e prezioso giocattolo; la storia d’amore tra la bella Elisabeth e il giovane e valoroso Will Turner è quindi un’intelligente e solida cornice in cui inserire le vicende del vero protagonista, lo stralunato e pittoresco Jack Sparrow - …chiediamo scusa… Capitan Jack Sparrow… -, un pirata caraibico il cui unico interesse è quello di riappropriarsi della leggendaria Perla nera, il vascello che gli era stato precedentemente ‘requisito’ dai suoi stessi compagni sotto la guida di Capitan Barbosa; proprio la leggerezza di questo intreccio, la rapidità della narrazione, la stilizzazione funzionale dei personaggi, questa volta non possono essere attribuiti al film come difetti, tutt’altro: Gore Verbinski - cineasta che dimostra di sapersi muovere a proprio agio attraverso la macchina hollywoodiana ed i suoi generi - ha confezionato uno spettacolo popolare ma non superficiale, divertente ma non stupido.
L’altra grande idea che è capace di accrescere in maniera esponenziale le qualità del film è stata quella di creare un personaggio come il capitano/pirata/guascone Jack Sparrow, ed affidarlo ad un istrione come Johnny Depp. Dinoccolato, ammiccante, civettuolo come soltanto lui sa essere, l’interprete di Edward mani di forbice ci ha regalato una performance all’insegna dell’eccesso e dell’ironia, ma assolutamente coerente ed omogenea sia con il personaggio che con il tono del film. Ecco perciò che il protagonista del film diventa un valore aggiunto di importanza capitale, vero e proprio cuore pulsante, oltre che fulcro intorno al quale ruota tutta la vicenda.
Johnny Depp riesce a caratterizzare Jack Sparrow attraverso una gestualità raffinata e spettacolare, attribuendo così al suo personaggio una simpatia che predomina su una componente eroica che sarebbe risultata troppo banale e scontata. L’immagine che infatti risulta del protagonista è quella di un uomo fiero e dignitoso, che fa dell’astuzia la sua arma vincente svestendo i panni tradizionali del protagonista forte e coraggioso ad ogni costo. La sottile genialità del personaggio principale è evidenziata, ovviamente, anche dalle sue parole: ogni risposta è marcata da un’ironia ben celata, che cattura l’attenzione dello spettatore per tutta la durata del film. Lo spessore del protagonista è evidenziato soprattutto dai limiti del suo essere umano: Jack non ci è presentato come un superuomo che non cade mai nelle mani nemiche, al contrario, spesso ha bisogno di aiuto per essere salvato, e sa benissimo su chi ‘far leva’ per uscire dai guai. In base a queste premesse il personaggio di Will Turner, interpretato da un brillante Orlando Bloom, acquista un’importanza fondamentale nella successione degli eventi: egli è quello che più di tutti interagisce con Jack in un valzer continuo di alleanze e tradimenti; interessante è anche la figura di Elisabeth: una donna coraggiosa e determinata che ha potere decisionale in più di un’occasione; il suo personaggio è carismatico, frizzante e non risulta mai noioso.
Assecondato dalla spigliatezza di Geoffrey Rush e dalla presenza scenica di due ‘belli’ come Orlando Bloom e Keira Knightley, Depp riesce dunque a valorizzare le altrui interpretazioni, grazie ad una capacità attoriale (soprattutto mimica, gestuale) inusitata, in grado di impreziosire anche la compostezza dei suoi partners.
Zeppo di un’inventiva che si innesca in una tradizione ben consolidata, La maledizione della prima luna brilla dunque per la coerenza interna e l’omogeneità con cui il prodotto è stato prima ideato e poi confezionato; la notevole riuscita del film dipende dalla perfetta armonia in cui ogni personaggio gioca il proprio ruolo: lode dunque a tutti i componenti di questa baldoria visiva e sonora, e lode soprattutto alla grandezza di Johnny Depp, che ha definitivamente dimostrato di sapersi trovare in sintonia anche con le produzioni più fastose dell’establishment hollywoodiano.