Lemony Snicket
una serie di sfortunati eventi

Luna dark
di Adriano Ercolani

 
  Lemony Snicket’s a Series of Unfortunate Events, Usa, 2004
di Brad Silberling, con Jim Carrey, Meryl Streep, Emily Browning, Liam Eiken, Timothy Spall.


La vera forza produttiva di Hollywood a nostro avviso può essere svelata quando si vede come vengono messi in cantiere film dall’imponente sforzo economico, che sono allo stesso tempo anche produzioni rischiose, in quanto affidate a registi dalla poetica e dall’estetica non sempre commerciali, o meglio commerciabili. Pensiamo alle mega-produzioni gotiche e personalissime di Tim Burton, e più recentemente anche ai supereroi di Sam Raimi ed Ang Lee; anche uscendo dalla logica del blockbuster, negli ultimi anni ci siamo sorprendentemente trovati ad ammirare (più o meno…) i colossal diretti da Martin Scorsese, oppure l’intenso Master & Commander di Peter Weir, lungometraggio da 150 milioni di dollari di budget. Insomma, la potenza economica di Hollywood è ormai talmente salda da potersi permettere di investire anche sulla qualità del prodotto offerto, e non solo sul suo potenziale ritorno in termini di incasso.
Ultimo e prezioso esempio della nuova direzione (ma è poi così tanto una novità?) è senza dubbio questo lungometraggio tratto dalla serie di libri per bambini scritta dal misterioso Lemony Snicket, pseudonimo di enorme successo che negli ultimi anni ha attirato a sé un’enorme campagna pubblicitaria. La pellicola è stata affidata a Brad Silberling, regista che aveva già sfornato a metà anni ’90 il successo del fantastico Casper, bissato pochi anni dopo dal sottovalutato - secondo noi - City of Angels, remake in salsa new age de Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders. Ebbene, da questa produzione costata 140 milioni Silberling ha tirato fuori un film bellissimo, visivamente impressionante ed interpretato da attori tutti in stato di grazia: Jim Carrey, dopo aver dimostrato più e più volte di essere anche un interprete misurato, torna a deliziarci con una performance fisica e recitativa di grandioso impatto istrionico, aiutato dalle enormi potenzialità visive fornitegli da trucco e costumi; Meryl Streep si concede una parte secondaria - ma è più molto di un cameo - in cui dimostra ancora una volta di essere la più grande attrice della storia del cinema americano. Ma la vera sorpresa de Una serie di sfortunati eventi sono i fratellini Baudelaire, interpretati da due giovani attori - Emily Browning e Liam Eiken - che riescono a creare tra loro senso di familiarità e legame d’appartenenza.
Favola dark che di favolistico ha poco e niente, se non l’atmosfera sospesa, il film risulta invece un incubo cupo ed elegante: molto merito va senza dubbio attribuito al cast tecnico, che sembra direttamente scaturito dallo Sleepy Hollow burtoniano: Coleen Atwood ai costumi, Rick Heinricks alle scenografie, e soprattutto Emmanuel Lubezki alla fotografia. In effetti, per molti versi Una serie di sfortunati eventi sembra essere uscito dalla mente del genio di Burbank: oltre all’aspetto fantastico della storia, l‘attenzione precisa ai dettagli, l’atmosfera surreale e decadente degli ambienti, il gusto estetico e l’idea di messa in scena di Silberling rimandano esplicitamente ai film più personali di Burton. Una differenza sostanziale però divide questo film dai lavori dell’autore di Edward mani di forbice: il forte senso di malinconia, il pessimismo rassegnato che regna nell’opera non appartiene a nostro avviso all’idea di cinema di Burton, che adopera il grottesco in maniera certo più cupa, eppure in qualche modo anche più gioiosa; acida se vogliamo, ma pur sempre liberatoria - pensiamo a Beetlejuice, Batman, Mars Attacks! o allo stesso Il mistero di Sleepy Hollow . Silberling ha invece costruito una pellicola a tratti addirittura desolata, in cui la tristezza che pervade la scena non viene mai del tutto scacciata, tutt’altro: anche i personaggi che dovrebbero “muovere” e dare ritmo più disteso al film, come il ridicolo e pacchiano conte Olaf, posseggono un lato più profondo, tragico e funereo. Sotto questo punto di vista, la malinconia dell’interpretazione dei giovani Browning e Eiken - ma non dimentichiamo le gemelline Hofman, che interpretano la terzogenita/neonata orfana Baudelaire - risulta perfetta nell’esplicitare in ogni momento l’anima scura e non conciliatoria del lungometraggio.
Una serie di sfortunati eventi è probabilmente la favola più oscura e dark degli ultimi tempi, una sorta di risposta tetra alle avventure solari e conciliatorie di Harry Potter; suadente ed elegiaco, il film di Silberling si impone con dolcezza e melanconia all’attenzione, adoperando la via dello stile invece che della sorpresa: non effetti speciali e ritmo indiavolato ma compostezza dell’immagine, accuratezza nella costruzione, precisa e coerente impostazione estetica.
Originale, intenso, cupo e non accomodante. Cosa chiedere di più ad un film per bambini?