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the Hitcher
id., Usa, 2007
di Dave Meyers, con Sean Bean, Sophia Bush, Zachari Knighton, Neal McDonough

Non fermarti, quell’autostoppista è noioso
recensione di Ferdinando Cotugno



La paura è spesso un fenomeno stradale, almeno negli horror americani. Da Duel a Jeepers Creepers, mettersi in macchina, soprattutto se si è giovani e in pieno vigore ormonale, comporta un crudele contrappasso di morte e paura. The Hichter appartiene a questo genere di film: una coppia di ragazzi è in vacanza per la pausa primaverile (lo spring break), si mette in macchina ascoltando rock radiofonico di dubbio gusto e incontra un losco autostoppista, che fotografia e stile non si premurano mai di nasconderci appartenere alla categoria "malvagità assoluta". Il terrore correrà sulla carreggiata, per 84 lunghi minuti. Lunghi soprattutto per lo spettatore. C’è un’avvertenza importante da fare, prima di proseguire: the Hitcher è un remake.

Con i tic produttivi di Hollywood funziona così: bisogna aspettare che finisca l’ondata, senza rabbia e senza speranza. Cercare di lucrare dollari con remake di film horror del passato assunti a oggetto di culto, affidandoli a registi giovani e dal taglio adrenalinico, è una di quelle mode che non accennano a esaurirsi. The Hitcher (col sottotitolo italiano "la lunga strada della paura") è del 1986: allora il feroce autostoppista era Rutger Hauer e faceva davvero paura. In questo upgrade realizzato ventidue anni dopo, il suo ruolo è stato affidato a Sean Bean, versatile quasi-star inglese, che nel Signore degli Anelli di Peter Jackson faceva Boromir e che in questo horror pre-estivo se la cava più che dignitosamente. Sarebbe ingeneroso attribuirgli parte della responsabilità di questo pauroso fallimento.

C’è una seconda avvertenza da fare, infatti. È un dettaglio, ma è decisivo, nel suo piccolo: per questo film è stato accreditato come sceneggiatore, fra i tre che figurano nei credits, anche Eric Red, che aveva firmato lo script dell’originale. I due lavori sono infatti praticamente identici, spesso anche scene e dialoghi sono gli stessi. C’è da chiedersi per quale motivo ne siano stati pagati altri due, visto che the Hichter 2008 è solo ed esclusivamente azione, sangue e (poca) paura. Il resto è solo mal riuscito raccordo, dilatazione e nessuna costruzione dei personaggi. La psicologia è un’opzione trascurabile, il diavolo appare dopo meno di dieci minuti, potrebbe far finire il film dopo altri dieci. L’unica sostanziale differenza tra il 1986 e il 2008 è che gli inseguiti sono in due invece che uno, con il risultato di depotenziare l’effetto terrore. Il regista di the Hitcher è Dave Meyers, attivo nel mondo del videoclip, dove si è distinto lavorando per Britney Spears, Offspring, Jennifer Lopez: la sua direzione prende in prestito dall’originale senza restituire o aggiungere nulla in cambio, affrontando con tocco rude e impersonale trama e psicologia, e con inutile concitazione tutto il resto, cioè la parte splatter. Il trucco usato a piene mani è quello di fingere che Ryder sia morto, effondere una pace alla quale non crede nessuno (se morisse dopo mezz’ora, cosa succederebbe nei restanti sessanta minuti?), e poi: boom! Farlo rinvenire più incazzato di prima. Paura, eh? La trovata dell’originale - e anche la sua forza - era che l’autostoppista non solo uccideva senza criterio e senza scrupolo, ma faceva anche ricadere la colpa su chi l’aveva caricato, che si trovava costretto a scappare sia dal killer che dalla polizia. Idea qui riproposta, ma pigramente: tutta l’atmosfera è, infatti, sacrificata in favore della più bassa effettistica volta a spaventare lo spettatore, con risultati scarsi, nulli o ridicoli. C'è solo da chiedersi perché, a fronte di film bellissimi che escono ogni mese, il livello medio delle produzioni sia calato così tanto. Cinema fatto di fretta, senza mestiere, senza amore.