Cinema, film, recensioni, critica. Offscreen.it


Full metal jacket
id., Usa, 1987
di Stanley Kubrick, con Matthew Modine, Adam Baldwin, Vincent D'Onofrio, R. Lee Ermey

La canzone della metamorfosi
recensione di Stefano Finesi



Il soldato Joker ha appena ucciso per la prima volta. Si è avverata la profezia che lo aveva accompagnato minacciosa per tutto il film, scritta sul suo elmetto: "Born to kill", nato per uccidere. L'elmetto era stato calato sulle teste rasate nella terribile sequenza iniziale, teste svuotate per essere nuovamente riempite, rieducate, programmate (come Alex subisce la cura Ludovico, come David Bowman è rieducato dal monolito al suo destino di superuomo). L'educazione militare azzera ciò che l'ha preceduta e trasforma la persona in macchina bellica con lo scontato obiettivo di sopravvivere e uccidere. Joker fa resistenza; porta addosso la spilla con il simbolo della pace, a chi lo interroga sulla contraddizione con la scritta dell'elmetto risponde che l'opposizione esprime il dualismo dell'animo umano. Ma la nuova natura sovrapposta finisce per avere la meglio: l'uccisione del cecchino, la giovane ragazza vietnamita, segna la rinascita completa (per uccidere), il completamento della metamorfosi in soldato-macchina che realizza il fine ultimo della programmazione.
La "Marcia di Topolino" strillata sguaiatamente nella notte, mentre tutto intorno brucia, suona come l'inno macabro e demenziale dell'infanzia dei soldati-macchina, agghiacciante come la filastrocca che Hal 9000 canta prima di morire, anch'essa registrata meccanicamente nell'infanzia della sua programmazione. Nel finale di Orizzonti di gloria la canzone che i soldati francesi intonano insieme alla ragazza tedesca diventava simbolo della possibilità di oltrepassare le barriere in nome di una fratellanza universale; per i soldati americani c'è solo lo scomposto e grottesco canto di morte di chi in guerra, prima di tutti, ha ucciso se stesso.