le Conseguenze dell'amore

…e venne un cineasta!
di Adriano Ercolani

 
  Italia, 2004
di Paolo Sorrentino, con Toni Servillo, Olivia Magnani, Adriano Giannini, Raffaele Pisu


Finalmente anche in Italia un film in cui si fa cinema!
Finalmente un regista che usa il mezzo/arte in maniera espressiva, precisa e coerente, e non soltanto come veicolo per raccontare qualche altra cosa: storie, personaggi, emozioni, atmosfere, ecc. O meglio, Paolo Sorrentino racconta anche tutto questo, riuscendo però a farlo proprio attraverso il suo stile di regia, che crea un universo circoscritto e retto principalmente dall’estetica/immagine creata dall’autore. Le conseguenze dell’amore si impone prima di tutto per la linearità, l’omogeneità e la preziosità della messa in scena, che stabiliscono a loro volta l’atmosfera e le sfumature necessarie per caratterizzare al meglio i personaggi inventati dallo stesso Sorrentino. Nella prima ora il film è praticamente perfetto, chiuso nel microcosmo di un albergo che diventa prigione ed insieme oasi, molto simile a nostro avviso al celeberrimo hotel di Barton Fink dei fratelli Coen, in cui si muovono eteree e dolorose figure sfumate da accenni di storie, eppure assolutamente “piene” ed emozionanti. Il “Titta” Di Girolamo, interpretato da un Toni Servillo all’apice delle sue (notevoli) capacità attoriali, si impone immediatamente come uno dei personaggi più affascinanti e coinvolgenti che il cinema italiano ha saputo regalarci negli ultimi anni: la bravura dell’attore e del regista è stata appunto quella di “raccontare” la sua storia ma non il suo mondo interiore, e lasciare invece che lo spettatore arrivi a scoprirlo ed a capirlo grazie a suggerimenti accennati e precisi, taglienti e mai banali. Accanto a lui, una serie di altre persone di muovono desolate e confuse per i corridoi e le stanze dell’albergo, costrette in un luogo ed in una vita che sentono non appartenergli. Tra queste spicca la bellissima Olivia Magnani, capace a dire la verità di rapire l’attenzione dello spettatore più per la presenza scenica che per le doti di attrice. Ma poco importa; la storia d’amore che inizia e si sviluppa, per quanto possibile, tra la dolce barista ed il solitario ospite dell’hotel è tratteggiata con una delicatezza ed una raffinatezza inusitate: basta un’occhiata sfuggente, una frase accennata, un piccolo scatto di emozioni trattenute ed è impossibile non commuoverci.
Inconsueto, prezioso, arrischiato nella realizzazione, Le conseguenze dell’amore è un film che finalmente riesce ad esprimere in pieno tutte le potenzialità e l’idea di cinema del proprio autore. Sorrentino, che già aveva provato la sua originalità con l’esordio de L’uomo in più, opera interessante ma ancora acerba, al suo secondo lungometraggio dimostra di avere più risorse e soprattutto maggior coerenza estetica di molti dei registi italiani di oggi, anche dei più affermati; a volte, tanta è la sua padronanza del mezzo ed il suo controllo sull’adesione alla storia, sembra addirittura che “esageri” nel voler dimostrare le sue capacità. Ma ben venga un po’ di sana e baldanzosa audacia stilistica: meglio seguire appassionati chi ha la voglia e la cognizione precisa del proprio operato che chi invece è troppo pavido per muovere la macchina da presa, o tanto peggio per tenerla ferma. Tanto per capirci: anche nei film di Muccino l’immagine non sta ferma un attimo, ma probabilmente ciò serve per nascondere buchi di sceneggiatura e mancanza di sicurezza e lucidità su quello che si sta facendo. Tutto il contrario per quanto riguarda Paolo Sorrentino, che costruisce pezzo per pezzo – aiutato anche dalla splendida fotografia di Luca Bigazzi e dalle musiche - un puzzle in movimento dove tutto quel che concerne sviluppo della storia e visione /cinema sta al posto giusto. Peccato che quando devono sciogliere la vicenda, nell’ultima mezz’ora, gli eventi perdono un po’ di mordente e si fanno più didascalici. Ma tutto quello che abbiamo visto, ammirato ed applaudito in precedenza ci fanno dimenticare anche questo piccolo ritorno alla “medietas” tanto deprecabile del solito cinema italiano.