the Company

Altman va col lento
di Adriano Ercolani

 
  id., Usa, 2004
di Robert Altman, con Neve Campbell, Malcolm McDowell, James Franco


Dopo una serie di film a dir poco sorprendenti, a partire da quel piccolo gioiello di raffinata eleganza che era Gosford park, Robert Altman è definitivamente tornato ad essere uno dei cineasti più acclamati dalla critica internazionale. The company, la sua ultima fatica, racconta le peripezie ed i successi di una compagnia di ballo di Chicago, con in testa la bella protagonista Neve Campbell, autrice anche del soggetto, della sceneggiatura ed infine produttrice del lungometraggio. Girato in digitale con pochissimi mezzi, riprendendo dal vero gli esercizi e le esibizioni di veri ballerini (che recitano nel film insieme ad attori professionisti, come Malcolm McDowell), il lungometraggio si fa apprezzare soprattutto per i magnifici balletti e la bellezza di coreografie, scenografie e costumi. Detto questo, per il resto The company è il peggior film di Altman da almeno vent’anni a questa parte: inutilmente “sotto le righe”, il tono del racconto scivola presto nel documentarismo più insensato, e perciò nella noia. A forza di sottrarre drammaticità, la storia perde di vista il suo principale dovere, che è quello appunto di raccontare una vicenda. Altman, che in passato ha fatto del distacco impietoso la sua matrice estetica portante, in questo caso scivola nell’errore di non sottolineare nulla di quanto accade in scena, perdendo subito mordente anche nel delineare per immagini; in questo caso la sua regia sembra piuttosto un tentativo pudico e pietoso di osservare avvenimenti, luoghi e persone che non sembrano interessare nessuno, neppure loro stessi. L’uso del digitale poi non aiuta certo ad impreziosire la confezione del film, tutt’altro; la forma, come in tutti i film dell’autore, mantiene un livello estetico sempre alto, soprattutto per quanto riguarda la composizione dell’inquadratura; tale pregio però subito viene sprecato dalla totale mancanza di adesione (oppure di repulsione, come in molti grandi film del cineasta) verso personaggi e vicende narrate. Insomma, The company somiglia stranamente ad un’operazione volutamente costruita per essere un prodotto “altmaniano” (il che significa, stavolta nel senso peggiore, “autoriale”), ma che manca poi dell’elemento fondamentale per diventare tale operazione: Robert Altman. Il regista non trova mai il bandolo della matassa, invece di scoprire le identità dei personaggi che mette in scena li copre di una patina polverosa ed abulica. In questo modo Neve Campbell, Malcolm McDowell e James Franco si muovono inermi, raggrinziti, un po’ imbambolati: se il grande gigione di Arancia meccanica riesce sempre e comunque a conquistare lo schermo con il solo sguardo, i due giovani e promettenti attori si perdono nel vuoto che li circonda, del tutto spaesati. Gli unici momenti in cui non ci si annoia sono quelli in cui corpi, volti e gesti si rilasciano alla ricerca del movimento, della danza; ma questo non basta per fare un film: servono prima di tutto una storia, una struttura narrativa portante, ed in secondo luogo la precisa volontà di mettere in scena questa storia.