Clerks 2

Resistenze insane
di Emanuele Boccianti

 
  id., Usa, 2006
di Kevin Smith, con Brian O’Halloran, Rosario Dawson, Jeff Anderson, Jason Mewes, Kevin Smith
(insane)

Forse Kevin Smith non si è mai tolto quell’informe pastrano nero, né il berretto da baseball piantato in testa al l’indietro, forse non si è mai tagliato i capelli, da allora, da quell’ormai lontanissimo 1994. O almeno deve averci provato a restare quello che era al tempo del primo Clerks. La sensazione predominante dopo la visione del divertente sequel non è neppure quella di déjà vu, ma più semplicemente, nostalgia, amara, quasi dolorosa. La nostalgia con cui ha voluto giocare di complicità con noi spettatori, che passavano gli anni e, comunque, ci chiedevamo: che fine ha fatto Kevin Smith? Eccolo lì: appoggiato sul muretto a tirar tardi con l’aria silente e svagata; non sembra si sia mai mosso. Anche se sappiamo bene non essere così, sappiamo quanto si sia perso avventurandosi nelle insidiose infrastrutture del successo, testimone eloquente di tanto disadattamento ne sia l’imbarazzante Jersey girl, e allora eccolo tornare, magari a dirci cosa gli stava succedendo, che fine avesse fatto davvero, forse perfino a chiederci scusa. Scusa di non essere riuscito a crescere, come succede ancora e sempre al suo alter ego Dante, scusa perché lui di diventare adulto e fare pace col tempo che passa (e come le fiamme eraclitee che avvolgono il Quick Stop tutto muta e tutto distrugge) proprio non riesce a farsene una ragione, e come Dante continuava negli anni a puntare i piedi e si chiedeva perché tutto non poteva davvero restare così com’era. E ci sembra un po’ solo, il signor Smith, perché tutto intorno a lui cambia, e gli amici hanno successo e quando lo vedono lo sfottono, di stare sempre lì a disquisire “su chi abbia aperto per primo il fuoco, tra Jan Solo e Greedo”, e lui niente, a ribadire stolidamente che di trilogia ce n’è una sola, altro che hobbit e anelli. Che per lui questa cosa del crescere proprio non funziona. Che tutto dovrebbe restare come prima, che se solo potesse, le fiamme del cambiamento le spegnerebbe e riaprirebbe il Quick Stop, se solo qualcuno gli desse credito (ma solo nel mondo incantato degli adolescenti simili gesti d’amicizia avrebbero cittadinanza) e così annullerebbe il technicolor in favore di un bianco e nero che non delude mai perché non cambia mai. Allora si potrebbe giocare quanto si vuole, a discorrere di culo in bocca, sperma asinino e erotismo interspecie. A ricreare le vecchie situazioni che funzionano sempre perché sono sempre quelle, e lasciamo stare le storie romantiche, che sono poco più di un pretesto, di un lubrificante - ovviamente vaselina - per far scorrere meglio le scene da una gag all’altra.
E forse è anche a questo che serve il cinema, a illuderci che c’è ancora e sempre un posto in cui abbiamo il diritto di fare certe insane e giustissime resistenze. Perché in fondo da un film come Clerks 2 non è giusto né sensato aspettarsi altro che un viaggio back in 1994 e nient’altro, tantomeno la minima notizia riguardo al futuro prossimo venturo di uno scapestrato indipendente che riusciva ad essere così divertente e cool anche perché assolutamente privo di retorica quando parlava d’amicizia. Un caso più unico che raro.
La videoteca è bruciata, non riaprirà più né per te né per chi scrive, ma riandarci con la memoria è stato bello. Grazie, Kevin, ti vogliamo bene.