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il Caso Thomas Crawford
Fracture, Usa, 2007
di Gregory Hoblit, con Ryan Gosling, Anthony Hopkins, David Strathairm, Rosamunde Pike

Schegge di noia
recensione di Antonello Sammito



Dopo più di dieci anni da Schegge di paura, il regista Gregory Hoblit torna al dramma processuale e come in quella pellicola, il risultato finale si fa apprezzare più per le doti dei suoi interpreti che per la qualità della scrittura e della messa in scena.
Theodore Crawford (Anthony Hopkins) è un ingegnere di successo, capace di individuare la più piccola imperfezione in ogni cosa. Vive in una bellissima casa e ha come hobby quello di costruire complicati ed affascinanti marchingegni meccanici. Facile per lui quindi architettare il delitto perfetto, l’assassinio della moglie fedifraga, arrivando persino a confessarlo al di lei amante, il detective della polizia Rob Nunally. Il piano è così ben congeniato che nonostante la buona volontà del brillante giovane procuratore Willy Beachum (Ryan Gosling), Crawford rischia di farla franca senza scontare la pena per il suo crimine. E Beachum dovrà decidere se perseverare nella ricerca di una qualche prova, trascurando la prospettiva di un prestigioso impiego presso un grosso studio legale.
E’ difficile dire qualcosa di nuovo nel campo del legal thriller, dopo le decine di film e libri del genere (Grisham in testa). Anche il recente Michael Clayton brillava più per la buona scrittura dei personaggi che per l’originalità dell’intreccio. Spesso il protagonista è ad un bivio della vita professionale e il nuovo caso in tribunale sembra coinvolgerlo al punto da spingerlo a riconsiderare tutte le scelte passate e future.
Questa pellicola abbraccia completamente la facile formuletta e il tema aggiunto del delitto perfetto si basa su espedienti così fragili da risultare anch’esso poco coinvolgente.
Privo della base solida di una sceneggiatura, Hoblit mette in campo il suo provato mestiere e punta tutto sulla direzione degli attori. E come in Schegge di paura aveva dalla sua la scoperta di un giovane talentuoso e sconosciuto come Edward Norton, qui può affidarsi alle capacità di Ryan Gosling, uno dei golden boy di Hollywood, nominato all’Oscar come miglior attore protagonista per l’inedito da noi Half Nelson. Gosling cerca di regalare profondità, o almeno umanità, ad un personaggio banale e dà il suo meglio nei faccia a faccia con Hopkins, ormai a suo agio nei panni del freddo e sornione manipolatore. I pochi momenti tra i due, con un sottile gioco tra gatto e topo, sono gli unici a risvegliare da una narrazione soporifera, che dedica fin troppo tempo al blando dilemma morale di Beachum, incerto tra la “giusta” causa del lavoro di procuratore e le lusinghe del denaro e della bella figliola che potrebbe ritrovarsi come collega.
Poco possono i pur bravi attori di contorno e la cura della confezione a risollevare una pellicola priva dei necessari brividi per essere un vero “legal thriller”.