Basic
Saper raccontare una storia
di Luca Persiani

 
  id., USA, 2003
di John McTiernan, con John Travolta, Connie Nielsen, Samuel L. Jackson, Giovanni Ribisi.


John McTiernan si trova in un momento molto delicato della sua carriera: il regista di Predator, la serie di Die hard (e probabilmente dell'annunciato Die Hard 4: Die Hardest), Caccia ad Ottobre rosso, Last action hero e il 13° Guerriero deve dar prova di potersi accattivare nuovamente pubblico e critica dopo l'inspiegabile pasticcio di Rollerball e la sua forse casuale ma non comprensibile nomina ad "official remaker" dei film di Norman Jewison (Gioco a due - già il Caso Thomas Crown - e lo stesso Rollerball). Per farlo, sceglie un film che sulla carta è una specie di "Rashomon incontra i Soliti sospetti": dopo la misteriosa morte del comandante West (Jackson) e della sua squadra di ranger dell'esercito durante una dura esercitazione, l'ex ranger Travolta, nei guai per accuse di traffico di droga, viene chiamato ad interrogare i due superstiti sulla dinamica dei fatti. Insieme all'investigatrice dell'esercito (Nielsen), scopre una selva di verità differenti, un intreccio così elaborato che fino all'ultima scena non riusciremo a comprenderlo completamente.
Una situazione ormai consueta per un cinema la cui identità narrativa "post-moderna" si identifica con la scelta di frammentare la materia raccontata all'infinito, in cui il punto dell'intrattenimento è l'abilità e la quantità di colpi di scena con cui si porta avanti la storia. Lo script di James Vanderbilt (Al calar delle tenebre) per Basic, meglio di molti altri, mantiene fino in fondo la logica dell'intreccio, ma perde, nell'esplosione dei colpi di scena, di credibilità. Se i Soliti sospetti, con l'eleganza e la forza del racconto classico, diceva che la verità dietro il vortice di invenzioni è tanto più semplice, lineare e affascinante quanto complessa o epica è la messa in scena delle bugie, Basic è una foresta di invenzioni a coprire una verità complessa, che esiste solo quando riesce a gestire questa foresta a prezzo di uno sforzo intellettivo pianificatorio e di un'abilità istintiva improvvisativa troppo vasti. In pratica, il gioco che scatena le bugie raccontate dai personaggi di Basic forse non vale la candela dell'effettiva possibilità di riuscita dell'inganno. Questo "forse" è la parola che inficia molto del fascino del racconto, più inutilmente intricato che sorprendentemente vario, più artatamente costruito che diabolicamente architettato. E, sempre forse, il groviglio narrativo corrisponde poco anche all'istinto action di McTiernan, che ama sicuramente di più un altro groviglio: quello della giungla. Basic da infatti il meglio di se proprio nei valori che il regista mantiene intatti anche nelle opere meno riuscite: il ritmo e l'uso della mdp, le cui qualità qui vengono fuori nel modo più evidente proprio nelle sequenze della giungla. Sempre lucido, vibrante, istintivamente presente nel posto giusto e al momento giusto anche nel caos della battaglia, della pioggia o dell'alta tensione fra personaggi, l'occhio di McTiernan imprime al film tutta la credibilità che lo script perde, tutta la necessità narrativa che al concept, man mano che esso si svela, manca.
Basic è la prova di come "basti raccontare bene una storia" (come dice più di un personaggio nel film), con mente lucida e convinzione, per risultare credibili. Il lavoro di McTiernan (e la sua "prova di riammissione" tra i realizzatori "affidabili") è la dimostrazione di come queste qualità narrative possano, a volte, essere sostenute in gran parte dalla messa in scena, anche quando il gioco un po' inutile e puntellato da un script non sempre convincente, rischia di generare qualcosa di difficilmente godibile.