la Ballata di Stroszeck
La musica della possibilità
di Alessandra Migani


Nuovo cinema tedesco
  Stroszeck, Germania, 1977
di Werner Herzog, con Bruno S., Eva Mattes, Clemens Scheitz


Prologo
Reparto prematuri. Un bambino si aggrappa alla vita: urla, piange, si dispera, non sa quello che accade, ma le sue braccia sono forti e restano aggrappate alle mani del dottore, seguendo quell’istinto primordiale che spinge ognuno di noi a sopravvivere.
Poi un abbraccio caldo e rassicurante fa sparire le lacrime, restituendo quel tepore che permette di scivolare nel sonno, sereni.
Il percorso di Bruno lo porta continuamente alla ricerca di quell’abbraccio rassicurante. Bruno è come quel bambino: ricomincia a vivere ogni volta che esce di prigione!

Capitolo I: “Oggi Bruno è tornato ad essere un uomo libero!
Cancelli di una prigione che si aprono, restituzione di abiti e oggetti, le ultime formalità, le raccomandazioni del direttore. Bruno ha commesso reato sempre sotto stato di ubriachezza ed è pregato vivamente di tenersi lontano dalle birrerie. Ma una volta in strada la prima sosta è come andare in cielo, “Bier Himmel”, dove incontra Eva, una giovane prostituta. Ha ancora una casa ed i suoi unici amici: un vicino di nome Scheitz, il pianoforte e un merlo parlante.

Capitolo II: Berlino
La vita nella città si svolge tra bar e cortili dove Bruno suona le sue canzoni accompagnato dalla fisarmonica, canta una canzone d’amore perché non è più solo, ora vive con Eva. Ma le angherie e la violenza lo seguono anche fuori della prigione. I protettori di Eva distruggono i suoi strumenti e lo umiliano, ma in carcere ha imparato a subire!
Bruno avverte l’urgenza di dare una svolta alla sua vita, le cose si ripropongono secondo una versione che conosce troppo bene...

Capitolo III: Il sogno americano
Forse in America si può ricominciare una nuova vita ed è inseguendo questo sogno che Bruno, Eva e Scheitz partono.
Automobile, tv, lavoro e una casa mobile sono le novità ma accompagnate da tasse e rate da pagare e una lingua altra. Le difficoltà arrivano puntuali e tutto si ripropone in America come a Berlino.
Bruno mostra ad Eva qualcosa che rappresenta la sua vita: “Tutti gli uomini mi hanno sempre chiuso la porta in faccia, senza pietà, ora sono in America, doveva essere tutto più facile, speravo di cominciare veramente a vivere. Niente! Da oggi Bruno non esiste, è come se non fosse mai nato!” In America ha perso anche l’amore di Eva, quello che lui era l’abbraccio rassicurante.

Epilogo
Eva fugge via insieme a due camionisti, Bruno e Scheitz dopo aver perso lavoro e casa e stanchi dei soprusi, rapinano un negozio. Il vecchio Scheitz viene catturato subito dai poliziotti, Bruno riesce a fuggire ma sa che la prigione è sempre aperta per lui e che lo aspetta. Lui non vuole tornarci, la decisione è presa rapidamente a bordo di una funivia all’interno di un parco giochi. L’eco di uno sparo di fucile echeggia in lontananza mentre tutto intorno continua a muoversi e girare.

Un viaggio, una terra lontana, idealizzata solo per il suo essere diversa e sconosciuta: questa è la soluzione che Bruno trova per cambiare la sua vita, per spezzare una circolarità di accadimenti. Sa benissimo che gli eventi lo portano sempre nella medesima direzione. Nella sua vita ha conosciuto la stessa cosa: un passato fra riformatorio, violenza, prigione e solitudine.
Il "film di viaggio" è solo lontanamente evocato: quello che interessa di più Herzog è seguire il suo uomo nella ricerca delle “possibilità”. Il film si trasforma continuamente, sfiora il documentario per poi risprofondare nella finzione. Non dimentichiamoci che il protagonista stesso vive realmente quello che rappresenta: nella vita è infatti un suonatore ambulante, già filmato nel 1970 da Lutz Eisholz in un film dal titolo Bruno der Schwarze. Per Bruno non si tratta tanto di interpretare un personaggio, quanto di mostrare il suo quotidiano: la casa che vediamo è la sua vera casa e i cortili gli stessi nei quali si reca a suonare. Bruno ci sorprende quasi per la sua ingenuità e purezza interiore che lo porta a guardare il mondo come fosse la prima volta, sperando sempre, fino alla fine.
La circolarità della vita di Bruno viene interrotta bruscamente dallo sparo del fucile, anche se il resto del mondo continua a girare al ritmo di una canzonetta country americana.

Un altro viaggio verso la morte, scelta come possibile strada, è quello di Ian Curtis, cantante e musicista dei Joy Division, gruppo meteora nel passaggio dagli anni ‘70 agli ’80. Ian Curtis - artista dalla sensibilità ai limiti del comprensibile, troppo accentuata, vicina alla malattia - si uccide nella notte del 18 maggio 1980, dopo aver visto in tv il suo film preferito di Werner Herzog, La ballata di Stroszek.
Nei dischi dei Joy Division ritroviamo molti riferimenti al film di Herzog: dalle copertine dei singoli alle frasi incise sul vinile in riferimento ai polli presenti nel film. Nella sequenza finale, prima di salire sulla funivia, Bruno aziona delle macchinette infernali dove polli e conigli sono al servizio del divertimento più bieco. Un pollo suona un mini-pianoforte oppure un altro danza su una pista. A quanto pare questa specie di danza è azionata da piccole scosse elettriche che provengono da un meccanismo nascosto nelle macchinette. La musica è carina ed allegra, per addolcire queste follie create dal genere umano.
La danza continua: quella dei polli, della funivia, lungo i solchi dei vinili dei Joy Division. La terra continua a girare, il gioco si arresta sempre per poi ricominciare. Sta a noi decidere se partecipare sollecitati o meno da scosse elettriche!

Articolo originariamente pubblicato su "Nonpermiopi" numero 6, autunno 2000.